Alcuni sostenitori di Ennahda a Tunisi. Il partito islamista è stato sconfitto dai laici di Nidaa Tounes (foto AP)

In Tunisia vince il partito secolare di Nidaa. Battuti gli islamisti

Luca Gambardella

I primi risultati lasciano intendere che non ci sarà nemmeno bisogno di una grande coalizione. Ma nel partito vincitore ecco alcuni ex membri del regime di Ben Alì.

Le elezioni parlamentari tunisine concluse ieri hanno portato alla vittoria del partito di Nidaa Tounes e hanno posto fine al governo islamista di Ennahda. Secondo i primi dati (per quelli definitivi occorrerà aspettare altre 48 ore), il partito secolare di Nidaa ha ottenuto 83 seggi contro i 68 degli islamisti. I 217 nuovi parlamentari saranno ora chiamati a eleggere il nuovo primo ministro che si troverà di fronte una situazione economica compromessa.

 

Ennahda e Nidaa erano gli unici due partiti davvero in corsa per ottenere la maggioranza e l'esito è stato accolto come la vittoria definitiva dei laici sull'islam politico. Il dipartimento di Stato americano è stato tra i primi a congratularsi con Tunisi per la correttezza delle operazioni di voto. "Le elezioni in Tunisia sono motivo di speranza per l'intera regione", recita il messaggio di John Kerry. Se la vittoria di uno dei due partiti era attesa, i numeri lasciano tuttavia aperti scenari non previsti alla vigilia del voto. La prospettiva di una larga coalizione tra Nidaa e Ennahda è tutta da verificare e, anzi, resta improbabile. Alcuni esponenti politici tunisini hanno già fatto appello al buon senso del partito vincitore affinché garantisca l'alternanza di colore tra le principali cariche istituzionali. Il presidente della Repubblica, secondo questo principio, potrebbe quindi appartenere al partito islamista per garantire un equilibrio di potere che, a questo punto, garantirebbe alla Tunisia di confermarsi "grande speranza" democratica del medio oriente.

 

[**Video_box_2**]La vittoria di Nidaa Tounes lascia alcuni aspetti irrisolti. Si tratta di un partito laico ma che include anche ex membri del governo del dittatore Ben Alì, esiliato in Arabia Saudita. In un interessante reportage di Middle East Eye, scritto prima delle elezioni da Sidi Bouzid, culla della "rivoluzione dei gelsomini", si testimoniava come il  nuovo partito dell'Iniziativa, composto interamente da ex membri del regime, stazionasse stabilmente fuori dai seggi per fare propaganda. Il loro movimento ha ottenuto solo quattro posti in Parlamento ma manifesta anche una tendenza preoccupante. Nidaa Tounes si è presentato come partito di tecnocrati, in grado di risolvere la grave crisi economica del paese (si prospetta una crescita del 2,5 per cento nel 2014 ma il turismo, principale settore economico, resta in crisi e la disoccupazione giovanile ha superato il 30 per cento). Nidaa rappresenta allora la scelta più rassicurante per i tunisini, soprattutto in una campagna elettorale non più dominata dal confronto islamisti/secolari (come fu nel 2011) bensì incentrata sulla proposta di idee efficaci per risolvere la crisi economica.

 

Ma Nidaa è anche considerato l'argine all'estremismo islamico. Si ritiene che circa 3 mila giovani tunisini, finora, si siano uniti ad al Qaeda e allo Stato islamico in Iraq e Siria. La tendenza tunisina, quindi, si accosta di molto a quella egiziana di Abdel Fattah el Sisi, simbolo della lotta all'estremismo (e anche ai rivoluzionari della prima ora), della governabilità e del mantra "prima la sicurezza, poi la rivoluzione" che diventa sempre più simile a un sistema repressivo. Gli Stati Uniti però apprezzano. All'incontro delle Nazioni unite dello scorso settembre, Barack Obama trovò il tempo per un incontro bilaterale con al Sisi; non con Rashid Ghannouchi, leader di Ennahda. Rimasto alla porta.

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  • Luca Gambardella
  • Sono nato a Latina nel 1985. Sangue siciliano. Per dimenticare Littoria sono fuggito a Venezia per giocare a fare il marinaio alla scuola militare "Morosini". Laurea in Scienze internazionali e diplomatiche a Gorizia. Ho vissuto a Damasco per studiare arabo. Nel 2012 sono andato in Egitto e ho iniziato a scrivere di Medio Oriente e immigrazione come freelance. Dal 2014 lavoro al Foglio.