La nazionale spagnola dopo la sconfitta con il Cile agli ultimi Mondiali (foto LaPresse)

Lo sport in Spagna e i soldi che sembrano essere finiti

Francesco Caremani

La crisi economica ha colpito squadre e federazioni spagnole. Il calcio inizia a faticare nonostante Real e Barcellona, il tennis è sprofondato in serie B, il basket non vince. Resta solo il motociclismo, ma è disciplina a sè, che non risente delle congiunture economiche.

“A me piace il calcio, ci vende illusioni, ma questo non significa che debbano finanziarlo tutti gli spagnoli”, ha detto il ministro delle Finanze iberico Cristobal Montoro, richiamando i club a saldare il debito di 500 milioni di euro che hanno con l’Agenzia Tributaria. Inusuale, come l’Italia in testa al ranking Uefa, grazie alle performance delle sei squadre impegnate nelle coppe europee, nonostante l'ultimo turno abbia visto le sconfitte di Roma, Juventus e Napoli. La Spagna è terza, dietro alla Croazia; colpa della Real Sociedad, fuori agli spareggi di Europa League, dell’Athletic Bilbao, ultimo nel girone di Champions, e del Barcellona che fatica - ma vince - nella manifestazione regina. Stiamo parlando di numeri dietro la virgola, capaci di essere recuperati nel prossimo turno, ma in un’inquadratura panoramica anche il calcio pare segnare il passo nel quadro di un movimento sportivo che dopo anni di vittorie si sta avvitando su se stesso, colpa soprattutto della crisi economica.

 

Quattro mesi fa celebravamo tre squadre spagnole in finale, vincitrici di entrambe le coppe, poi i Mondiali hanno certificato la fine del tiqui-taca e della dittatura spagnola. In questo caso, però, si è trattato della fine naturale di un ciclo, di giocatori logori e non più affamati, ma in questi ultimi anni in Spagna si è consumato uno stillicidio di fallimenti che hanno coinvolto sodalizi storici, di futebol e non solo. Dal Salamanca, che è ripartito con un nuovo nome, al Guadalajara, dal Puertollano al Ceuta, dal Denia al Palencia; a parte il primo stiamo parlando di club conosciuti solo dagli appassionati, ma la lista è lunga. Il Ros Casares Valencia, squadra di basket femminile, nel 2012 ha vinto l’EuroLeague dopo di che è sceso di categoria ed è stato accorpato al Valencia BC, l’Atletico Madrid di pallamano è scomparso dopo aver vinto la Coppa del Re, l’Euskaltel-Euskadi (ciclismo) ha chiuso nell’agosto del 2013; tutti per problemi economici.

 

[**Video_box_2**]Sono sessantasei le federazioni affiliate al Comitato olimpico spagnolo, molte di queste hanno subìto tagli del 30%, altre rischiano di rinunciare a partecipare alle gare internazionali e, se chi meno vince meno guadagna, le performance saranno sempre peggiori. Ai Campionati del mondo di ginnastica ritmica di Kiev (2013), Eugenia Onopko, Natalia Garcia e Andrea Pozo si sono dovute far pagare la trasferta dalle famiglie. A questo si deve aggiungere che la presenza degli altri sport sui media spagnoli è del 2%, dato che non aiuta ad avere visibilità e di conseguenza sponsor, il resto è solo calcio, indebitato ma calcio. Più di un terzo delle federazioni sportive sono a rischio fallimento e Alejandro Blanco Bravo, presidente del Comitato olimpico, è stato chiaro: “I risultati stanno calando vertiginosamente e l’unico modo per risalire la china è l’iniezione di denaro privato, visto che abbiamo perso circa il 70% dei finanziamenti”. Nelle ultime tre Olimpiadi il medagliere della Spagna è rimasto quasi invariato con 19 medaglie e 3 ori ad Atene, 18 e 5 a Pechino, 17 e 3 a Londra, ma Alejandro Blanco Bravo è preoccupato per il futuro, anche perché la partecipazione ai Giochi olimpici è basata sul ranking per il quale c’è bisogno di partecipare a molti tornei, con vista su Rio de Janeiro.

 

Il tennis iberico è finito nella serie B della Coppa Davis e il basket maschile dopo i Mondiali del 2006 e la doppia affermazione continentale (2009, 2011) non vince più. Resiste il motociclismo, che però non risente direttamente della crisi economica spagnola. Grande speranza era stata riversata nell’assegnazione a Madrid dei Giochi olimpici del 2020, andati per la seconda volta nella storia a Tokyo, un po’ come gli italiani che speravano di organizzare gli Europei del 2016 per rifare gli stadi. Saltate pure le borse di studio sportive c’è chi s’ingegna: l’Hockey Club Igualada ha posato per un calendario con le giocatrici seminude; la squadra di ciclismo femminile Bizkaia Durango ha organizzato delle lotterie; il Basket Manresa invece s’è dato al crowdfunding, offrendo la possibilità di viaggiare insieme con i giocatori e di allenarli. La crisi economica ha colpito i movimenti sportivi di Australia, Cina e Russia, mentre in Francia il Comitato olimpico continua a investire (nonostante il richiamo della locale Corte dei Conti) e in Gran Bretagna vivono di rendita grazie a Londra 2012. Perché lo sport va saputo anche gestire e organizzare.

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