Matteo Renzi con Josè Manuel Barroso (foto LaPresse)

In Europa con il trapano

Renzi trasforma la guerra sugli zero virgola in uno scontro di civiltà

Claudio Cerasa

Battaglia sui numeri con la Commissione. Yes di Cameron, e di Nap. L’accordo, la tattica. E ora un festival alla Leopolda. L’importanza del nemico

Roma. Trasformare un piccolo caso in un grande caso, enfatizzarlo, renderlo emblematico, far salire il calore della battaglia, dare in pasto all’opinione pubblica un atto simbolico, e infine ottenere in qualche modo lo scalpo del proprio nemico. Nella narrazione politica del presidente del Consiglio, l’immagine di un nemico da combattere – nemico possibilmente non troppo forte, senza troppi muscoli, con la pelle flaccida, un piede sul viale del tramonto, ma la cui ombra costituisce ancora un elemento di grande terrore – è un ingrediente fondamentale del metodo Renzi. Oggi, esaurito il casellario dei nemici italiani, la contrapposizione feroce, ruvida e barbarica con l’Europa dei burocrati e dei commissari per Renzi è la prosecuzione con altri mezzi della stessa battaglia contro la conservazione combattuta in passato contro i Massimo D’Alema, i Pier Luigi Bersani, le Rosy Bindi, i Corradino Mineo, l’establishment imprenditoriale.

 

Ma la vera novità politica di queste ore è che, nella sfida lanciata da Renzi a una Commissione europea che fa molti capricci contabili, il presidente del Consiglio è riuscito a portare dalla sua parte un fronte che, direttamente o indirettamente, va dal presidente della Repubblica, passa dal ministro dell’Economia, sfiora il mondo di Bankitalia e arriva dritto fino a Francoforte, fino alla Banca centrale europea. La scelta quasi sfacciata di dare in pasto all’opinione pubblica la lettera segreta con cui il tosto commissario Jyrki Katainen metteva in discussione la decisione del governo di non rispettare gli impegni presi in materia di riduzione del deficit è stata una mossa azzeccata che ha messo il presidente del Consiglio nella condizione di intestarsi, insieme con Gran Bretagna e Olanda, una battaglia importante contro la rigidità economica dell’Europa. Ieri anche David Cameron (Gran Bretagna) e Mark Rutte (Olanda) hanno usato parole poco diplomatiche contro quei tecnocrati europei che hanno chiesto ad alcuni paesi di versare nelle casse continentali un extra gettito rispetto a quello precedentemente previsto (“è inaccettabile, la somma non sarà pagata”, ha detto Cameron) e le due posizioni hanno portato, anche dal punto di vista mediatico, acqua al mulino del Renzi rottamatore dell’Europa rigorista. Il tema dell’Europa brutta e cattiva e da cambiare in fretta sarà ovviamente al centro anche della Leopolda, e mai come in questo momento in cui Renzi è clamorosamente a corto di nemici un avversario da usare come bersaglio serviva eccome al segretario del Pd.

 

[**Video_box_2**]Per stare ai numeri e al risultato concreto del match si può dire che alla fine la battaglia sul deficit è qualcosa che Palazzo Chigi aveva messo nel conto già due giorni prima di presentare la manovra. Renzi sapeva che l’Europa avrebbe voluto concedere un aumento del deficit pari allo 0,1 per cento del pil (1,5 miliardi). E la strategia, concordata con Padoan e comunicata il 13 ottobre al neo commissario economico Pierre Moscovici, era semplice: chiedere di aumentare il proprio deficit dello 0,5 per cento (7 miliardi), portare a casa il triplo di quello che avrebbe voluto concedere la Commissione (4,5 miliardi) e utilizzare una parte dei 3,4 miliardi di euro accantonati nel fondo di riserva della manovra (2,5 miliardi) per chiudere i conti con la Commissione. Metodo trapano, dunque, non cacciavite. Il tutto con Giorgio Napolitano che, con malizia, sceglie di appoggiare Renzi firmando la manovra senza aprire bocca e lanciando anche lui un messaggio di sfida ai poteri conservatori. Con la Banca d’Italia che, con tempismo, definisce “motivate” le scelte del governo sul deficit. Con Mario Draghi che, seppure in silenzio, dà il suo benestare per l’utilizzo del metodo del trapano nei confronti delle ultime scelte della squadra Barroso. Insomma: un concerto. In cui nelle prossime ore Renzi proverà ad aggiungere un nuovo tassello, cercando di capire (complicato) che tipo di disponibilità vi sarà da parte della Germania di Merkel ad assecondare anche dal punto di vista mediatico il tentativo di Inghilterra, Olanda e Italia di dare un colpo definitivo alla rigida Europa dei burocrati (previsto tra martedì e mercoledì un incontro tra Yoram Gutgeld, consigliere di Renzi, e Steffen Kampeter, sottosegretario alla Finanze, numero due di Wolfgang Schäuble). Ieri sera Renzi, durante un vertice con i capi di stato a Bruxelles, ha ammesso che un accordo con la Commissione è vicino. Accordo che all’Italia era stato già anticipato e promesso all’inizio della scorsa settimana, e dunque scontato. Ma accordo che, grazie al metodo Renzi, oggi dà al rottamatore la possibilità di presentarsi di fronte al governo Leopolda con qualche soldino in più e soprattutto con un avversario in più intorno al quale costruire la propria macchina del consenso e della crescita economica.

 

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.