Mauro Moretti (foto LaPresse)

Finmeccanica fuori dai binari

Redazione

Anche Moretti, come Pansa, vuole liberarsi di Ansaldo Breda. Bene.

Il proverbiale “meglio tardi che mai” s’addice particolarmente alla Finmeccanica di Mauro Moretti. L’ad, nominato a maggio, ha impiegato quasi un semestre per raggiungere la piena consapevolezza di cosa significa per la conglomerata della difesa e dell’aerospazio conservare in pancia due società dei trasporti come Ansaldo Sts e soprattutto Ansaldo Breda, che costruisce e ripara carrozze dei treni, nel contesto di un settore ferroviario europeo dove “stanno per saltare imprese importanti”. “Non c’è nessuna azienda che può vivere come è Finmeccanica con 500 linee di business. Rispetto ai miei concorrenti che fanno utili devo aggiungere alle perdite il 5 per cento di interessi, così ci si scava la fossa. Io non faccio il becchino! E se non c’è una svolta Finmeccanica muore”, ha detto. Moretti è uno tosto, abituato a resuscitare cadaveri – ha fatto correre le Ferrovie dello stato usando il pugno di ferro che l’ha reso celebre – ma con Finmeccanica pare una fatica di Sisifo, per come l’ha messa giù lui stesso parlando in commissione Attività produttive della Camera martedì scorso. Il fardello si chiama Breda che ha perso 2 miliardi in dieci anni e pregiudica altri progetti importanti del gruppo – indebitato per 4,8 miliardi di euro – perché “brucia liquidità” (disse Moody’s assegnando il rating “spazzatura” BB+).

 

“Breda non è stata in grado di sviluppare una piattaforma, è una specie di subfornitore. I pochi treni che ha progettato li ha sbagliati”, dice Moretti impegnato a trattare la vendita con la giapponese Hitachi e la cinese Cnr – la scadenza per presentare offerte vincolanti è stata posticipata a novembre – e a metà dicembre presenterà un nuovo piano industriale. Per Moretti è una retromarcia. Un anno fa – Hitachi s’era già fatta avanti per rilevare in parte Breda – diceva che l’azienda con i suoi 2.400 addetti è “un gioiello che ci invidiano tutti a livello internazionale, un bravo manager deve essere in grado di farla funzionare bene”. Perciò molti, dopo la sua nomina in sostituzione di Alessandro Pansa – che sapeva di non avere alternativa alla cessione del comparto –, confidavano che l’ex capo di Fs avrebbe realizzato il famoso “polo nazionale dei trasporti” con Breda e Sts; cosa gradita sia al Pd bersaniano sia al governo Renzi, preoccupato di conservare i posti di lavoro. Era utopia, ora è chiaro.

 

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