Matteo Renzi (foto LaPresse)

Il bazooka di Renzi

Redazione

Tfr, Irap, tagli e asse con Squinzi  che isola la Cgil. Che cosa c’è da aspettarsi dalla legge di stabilità.

Roma. Stretto fra l’urgenza di riportare l’Italia alla crescita e quella di non scontrarsi con l’Europa, Matteo Renzi ha scelto il massimo di riduzione possibile della pressione fiscale per lavoratori e imprese, il massimo di tagli possibile alla spesa pubblica, e il massimo possibile di flessibilità nel deficit di bilancio. Ne viene fuori la legge di stabilità da 30 miliardi che oggi il consiglio dei ministri manderà in Parlamento e a Bruxelles: la più sviluppista delle manovre attuabili in questo momento. Quei tre massimi – meno tasse, meno spese, flessibilità – vanno riferiti a una situazione a sua volta sotto il segno dell’incertezza mondiale e dell’Europa in particolare. La Germania, già pesantemente criticata da Stati Uniti, Fondo monetario internazionale e altri organismi per il suo marmoreo rigorismo, vede crollare ancora l’indice Zew, il principale termometro della fiducia degli investitori, dal più 6,9 di settembre a meno 3,6. Decima flessione consecutiva, e dopo due anni ritorno in negativo.

 

Ancora più dura l’analisi del presidente dell’istituto Zew, Clement Fuest: “Poiché la recessione non è più esclusa, l’obiettivo del governo tedesco di pareggio di bilancio non è il migliore possibile”. Tutto ciò mentre il presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, definisce Francia e Italia “bambini problematici”. Renzi, però, non si è lasciato tentare  da un liberi tutti stile François Hollande. Su 30 miliardi, 18 dovrebbero garantire tagli strutturali di tasse sulla produzione – il che è assieme alla riforma del mercato del lavoro ciò che ha chiesto in questi anni la Banca centrale europea: 10 miliardi finanzieranno il bonus da 80 euro; 6,5 taglieranno l’Irap per la componente relativa alla manodopera (“Si realizza un nostro sogno”, ha detto ieri il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi); un miliardo andrà alla cancellazione triennale dei contributi per chi assume a tempo indeterminato, mezzo miliardo ad aumentare le detrazioni alle famiglie a basso reddito. Più di questo il bazooka renziano non consente. A quota 30 si arriva tra “spese indifferibili” (5 per mille, missioni militari, emergenze varie), sussidio di disoccupazione collegato al superamento dell’articolo 18, ripristino degli scatti alle forze dell’ordine e così via. L’altra novità, rispetto al passato più o meno recente, è che i tagli di tasse si finanziano in parte con una sforbiciata alla spesa pubblica di 16 miliardi, quasi pari a quella suggerita dal commissario uscente Carlo Cottarelli. Le coperture verranno dalle spese intermedie per la sanità regionale, dalle aziende municipalizzate, dai ministeri, dal taglio del 3 per cento delle retribuzioni degli alti dirigenti.

 

[**Video_box_2**]Non ci saranno dunque (soltanto) spostamenti di tasse da una parte all’altra, com’era nella tradizione dei precedenti governi di sinistra, e come fece Enrico Letta per coprire la momentanea soppressione dell’Imu sulla prima casa. Ma oltre un terzo sarà finanziato dallo spostamento del deficit pubblico dal 2,1 al 2,9 per cento: il massimo di flessibilità europea che Renzi si è auto-attribuito. L’ok di Bruxelles non è certo – il commissario economico pro tempore Jyrki Katainen parla di applicazione “matematica” dei parametri – benché Renzi e il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan vogliano evitare lo scontro. Un piano B da 2-3 miliardi fisserebbe il deficit al 2,7 per cento: il cuscinetto verrebbe dal minor costo degli interessi sul debito pubblico, però la voce non è strutturale. Dunque non resta che investire sulla crescita: il solo taglio dell’Irap è stimato a regime in quasi mezzo punto di pil. Se l’anno prossimo l’Italia tornerà in positivo, Renzi prenderà abbrivio. Di certo un anno fa di questi tempi il cacciavite di Letta girava a vuoto, su una mini-manovra poi clamorosamente bocciata.

 

In attesa del passaggio parlamentare, già non mancano gli effetti politici del bazooka annunciato. Renzi ieri ha negato contrasti con il Tesoro: l’ultimo annuncio sull’Irap conferma al massimo l’effetto “trascinamento” del presidente del Consiglio. Ieri poi, di fronte all’entusiasmo di Squinzi (Confindustria) per la riduzione dell’Irap, la Cgil è andata all’attacco, confermando la momentanea frattura dello schema concertativo: “Renzi realizza i nostri sogni, dice il presidente di Confindustria. Una conferma delle ragioni per manifestare il 25 ottobre”. Oggi infine si conosceranno le sorti del tfr in busta paga, dopo le apparenti contraddizioni (smentite già in serata) tra i ministri Poletti e Delrio. Prendere più tempo per studiarne la fattibilità non equivarrebbe a un passo indietro.

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