Kim Jung Un (foto Ap)

Se l'intelligence si perde anche Kim Jong-un siamo nei guai

Giulia Pompili

Il leader nordcoreano non si vede in pubblico da più di un mese. Un colpo di stato? Un malattia? I servizi vanno alla cieca.

Roma. Il quotidiano satirico The Onion ha ormai una rubrica fissa: “Dov’è Kim Jong-un?”. Sta seguendo un corso d’aggiornamento per Supremi leader? Sta facendo l’amore con sua moglie da cinque settimane consecutive? E’ ancora in posa per il suo gigantesco ritratto da dittatore? “Se anche mia madre, sessantanovenne che vive in una zona rurale dell’Indiana, mi chiede dove sia finito Kim Jong-un, allora c’è qualcosa che non va”, scriveva ieri Karl Friedhoff del think tank sudcoreano Asan Institute. Su Twitter si ride molto dell’ultimo mistero esotico che viene dalla Corea del nord: il trentenne paffuto tiranno non si fa vedere in giro dal 3 settembre scorso, e ieri non ha partecipato a una celebrazione importante – l’anniversario della fondazione del Partito dei lavoratori di Corea. Ma la Kcna, l’agenzia di stampa ufficiale di Pyongyang, aveva annunciato che a presenziare ci sarebbero state le alte cariche dello stato, senza menzionare il Supremo leader (una festa alla quale il padre, Kim Jong-il, era andato solo due volte quando era in carica). Vero è che per un regime socialista come quello nordcoreano, dove il culto del leader è fondamentale per tenere insieme il popolo, “sparire dai radar” – per usare le parole del quotidiano conservatore sudcoreano Chosun Ilbo – non è una cosa da poco, anche perché per Kim Jong-un è il periodo di assenza più lungo dalla sua salita al potere.

 

Nella gara dei media per tirare a indovinare una spiegazione abbiamo letto di tutto: ha la gotta, si è rotto le caviglie, si è rotto le anche, ha il diabete per via della sua passione per i formaggi svizzeri – attenzione: quando si tratta di bufale sulla Corea del nord è importante il dettaglio, che rende credibile anche le panzane più inverosimili. Un problema di salute è molto probabile, come spiega Curtis Melvin, ricercatore del U.S.-Korea Institute alla Johns Hopkins, il fatto è che più resta fuori dalla scena pubblica più i media occidentali speculano. Per esempio su un presunto colpo di stato per opera dei suoi più vicini collaboratori, o addirittura di sua sorella minore Kim Yo-jong (una figura misteriosa e per questo molto affascinante). Quella di un colpo di stato è un’eventualità smentita da più fonti e anche dalla delegazione che a sorpresa, domenica scorsa, è andata a Seul a parlare con il governo dei cugini: “Kim Jong-un sta benissimo”, dicono. Oltretutto sul Rodong Sinmun, quotidiano del partito, il nome di Kim Jong-un è citato continuamente, a dimostrazione del fatto che il giovane leader è ancora nel pieno del suo potere. A essere inquietante è piuttosto il fatto che a distanza di un mese l’intelligence, né quella americana né quella sudcoreana, sia riuscita a capire chi tiene in mano il bottone del nucleare a Pyongyang. Se davvero dovesse esserci un collasso del regime nordcoreano – una crisi di proporzioni inimmaginabili per l’area del Pacifico – Washington, Seul e Pechino verranno a saperlo da Twitter?

Di più su questi argomenti:
  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.