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Padri bergogliani per la relazione sinodale

Matteo Matzuzzi

Al Sinodo l’altra sera i padri hanno avuto un appassionato scambio di opinioni perfino su Pio X, il Papa santo della Pascendi. Oggetto del contendere, ancora una volta, la comunione ai divorziati risposati.

Roma. Si discute talmente tanto, nell’aula nuova del Sinodo, che l’altra sera i padri hanno avuto un appassionato scambio di opinioni perfino su Pio X, il Papa santo della Pascendi. Oggetto del contendere, ancora una volta, la comunione ai divorziati risposati. Dinanzi a una contrapposizione tra due schieramenti ben organizzati – merita sottolineatura  che nell’ora di discussione libera di giovedì siano intervenuti, l’uno dopo l’altro i cardinali Erdö, Ouellet, Schönborn, Forte, Vingt-Trois e Rodriguez Maradiaga –, c’è chi ha infatti ricordato che anche Pio X fu definito un “rivoluzionario” quando decise di ammettere all’eucaristia i bambini, cento e più anni fa: “Ci sono quindi degli esempi di coraggio da parte di un Papa nel riflettere o introdurre delle novità per quanto può riguardare la prassi d’accesso all’eucaristia”, ha commentato padre Lombardi. Oltre alla posizione del prefetto della Segnatura apostolica, il cardinale Raymond Leo Burke, anche il cardinale George Pell ha ribadito la sua contrarietà a ogni mutamento dell’insegnamento cattolico così come è ora configurato.

 

Quasi tutti i padri hanno fatto sentire la propria opinione (quasi duecentosessanta interventi complessivi in questi primi giorni di Sinodo), con il cardinale Gerhard Ludwig Müller che si è detto contrariato dalla decisione di non diffondere i testi dei padri: “I fedeli hanno il diritto di conoscere le posizioni dei loro vescovi”. La strada che pare riscuotere i consensi maggiori – in un confronto comunque a tratti acceso, con un padre che ha definito “un rimedio peggiore della malattia” la proposta di Kasper – è quella delineata dal cardinale canonista Francesco Coccopalmerio e che è appoggiata anche da Francesco, mai intervenuto fino a ora nel dibattito: salvaguardia assoluta della dottrina ma valutazione dei singoli casi demandata ai vescovi diocesani, con i divorziati risposati che potrebbero essere ammessi al sacramento dopo un cammino penitenziale i cui contorni iniziano già a intravedersi. In più d’un intervento, infatti, si sono ipotizzate “forme e atti ecclesiali” da mettere in pratica, proponendo delle celebrazioni comunitarie, come ad esempio “un Giubileo della grazia”. L’arcivescovo di Vienna, il cardinale Christoph Schönborn, che in aula ha nuovamente raccontato la sua esperienza di figlio di divorziati, ha auspicato un percorso penitenziale serio per i divorziati risposati che chiedono l’ammissione alla comunione.

 

[**Video_box_2**]Di Humanae Vitae, invece, s’è parlato ben poco, almeno tra i padri sinodali, eccezion fatta per quanto detto mercoledì sera dall’arcivescovo di Parigi, il cardinale André Vingt-Trois. Qualche accenno en passant e poco altro. A rimediare c’hanno pensato gli uditori laici, che hanno ricordato in aula il contributo decisivo dell’enciclica di Paolo VI promulgata nel 1969. Intanto, terminata la discussione generale, i padri si sono divisi nei circoli minori, dove il confronto proseguirà. E sarà lì che la Relatio Synodi prenderà forma. Un’indicazione sull’orientamento prevalente, però, si avrà già lunedì, con la Relatio post disceptationem, la cui stesura è già a buon punto.

 

  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.