Leoluca Bagarella e Totò Riina

Bordin Line

Il flop della trattativa

Massimo Bordin

C’è un giudice pure a Palermo, e i mafiosi stanno fuori dall’Aula. Ieri la giornata si è aperta con Travaglio che, sobriamente come nel suo stile, definiva l’ipotesi di un rigetto della richiesta da parte di Riina e Bagarella di presenziare alla testimonianza del presidente della Repubblica come una violazione del diritto ancora peggiore di Guantanamo.

Ieri la giornata si è aperta con Travaglio che, sobriamente come nel suo stile, definiva l’ipotesi di un rigetto della richiesta da parte di Riina e Bagarella di presenziare alla testimonianza del presidente della Repubblica come una violazione del diritto ancora peggiore di Guantanamo. Dopo che l’ordinanza della Corte d’assise ha, appunto, respinto la richiesta, non si è fatto attendere un tweet di solidarietà ai due capi mafia scritto da Sabina Guzzanti. Definire tutto ciò non precisamente ragionevole sarebbe da virtuosi della litote. Si tratta di follie. Ma spiegabili. Il più sembrava fatto. L’informazione, amplificando il parere favorevole dei pubblici ministeri alla pretesa dei mafiosi, aveva fatto intendere come una mera formalità la decisione della corte. La stampa amica della procura aveva garantito al lettore che il diritto di presenza per i capi corleonesi – e finanche la possibilità per loro di porre direttamente domande al presidente della Repubblica – era considerarsi un diritto inviolabile. Solo da queste pagine si è cercato di fare presente che così non era, che anzi c’era più di un precedente che mostrava l’infondatezza di una tesi del genere. Addirittura c’è chi, ancora oggi, prospetta l’ipotesi che la decisione della corte causerà l’annullamento del processo. Fino a che a dirlo sono gli avvocati degli imputati, dopo aver presentato eccezioni di nullità, non c’è da stupirsi.

 

E’ il loro compito. Ma se si vuole informare, allora bisogna dire, come si diceva qui ieri, che, se fosse così, avrebbe dovuto essere annullato anche il maxi processo di Falcone. L’ordinanza della corte, fin troppo analitica, spiega come l’assenza degli imputati in una attività processuale fuori dall’aula di udienza non leda minimamente i loro diritti, non solo secondo la nostra legge ma anche per quella europea, invocata dai pubblici ministeri. Naturalmente il tentativo di tirare dentro a tutti i costi il presidente Napolitano non si fermerà e ci saranno mosse successive che potranno chiamare in causa altre cariche istituzionali ma il colpo teatrale del presidente della Repubblica chiamato a rispondere del suo operato di fronte a Riina è naufragato. Rimane il comunicato di solidarietà ai mafiosi di Sabina Guzzanti che ancora una volta, con disarmante ingenuità, svela la trama. Utilizzare i mafiosi per condizionare la politica. Praticamente una Portella della Ginestra senza armi.