Phillip Hammond e John Kerry in conferenza stampa a Washington (foto AP)

Kerry: "Kobane non è un obiettivo strategico per gli Usa"

Redazione

Il segretario di stato ammette che le immagini che arrivano dalla città curda sono "drammatiche", ma chiarisce che l'obiettivo è colpire lo Stato islamico su scala più ampia.

Impedire che Kobane, la città curda siriana da oltre 3 settimane assediata dallo Stato islamico e dove nelle ultime ore si combatte furiosamente, cada nelle mani degli jihadisti sunniti non rappresenta per gli Stati Uniti una priorità strategica. E' quanto ha lasciato intendere il segretario di Stato americano John Kerry intervenendo in conferenza stampa con il ministro degli Esteri britannico Phillip Hammond da Washington.

 

"Le immagini che ci giungono da Kobane sono orribili....(ma) dovete fare un passo indietro e capire quale è l'obiettivo strategico" degli Usa, ha detto Kerry rispondendo alle domande dei giornalisti sul perché Washington finora abbia fatto poco per aiutare i curdi siriani asserragliati a Kobane. "Malgrado la crisi in corso nella città curda, gli obiettivi originali del nostro impegno (militare in Siria) sono i centri di comando e controllo e le infrastrutture", dello Stato islamico, "e noi stiamo cercando di privare i jihadisti della loro capacità globale, ostacolandoli non solo a Kobane ma in tutta la Siria e l'Iraq".

 

Il Pentagono inoltre ha chiarito che la richiesta turca di creare una "zona cuscinetto" in Siria "non è tra le opzioni militari prese in considerazione" ma ha riconosciuto che è argomento di "confronto" con Ankara. Lo ha chiarito il portavoce della Difesa, il contrammiraglio, John Kirby, aggiungendo che a Washington sono consapevoli che i raid aerei da soli "non salveranno" Kobane dallo Stato islamico.

 

Inatnto, i raid della coalizione internazionale hanno spinto i guerriglieri dello Stato islamico a indietreggiare dalla periferia di Kobane dopo che nei combattimenti delle ultime tre settimane i jihadisti avevano conquistato parti della città. Dopo che i combattenti curdi avevano lamentato la leggerezza dei bombardamenti della coalizione internazionale, gli Stati Uniti, secondo quanto riportato da Reuters, hanno raddoppiato i raid. I combattimenti sono tuttora in corso e dalla cittadina turca di Soruc, situata a pochi chilometri dal confine, si vedono nubi di fumo e si sentono spari provenienti da Kobane. Finora, 180 mila abitanti curdi sono stati costretti ad abbandonare la cittadina per trovare rifugio in Turchia attraversando il confine.

 

[**Video_box_2**]"I raid americani sono stati efficaci stavolta", ha detto a Reuters Idris Nassan, viceministro degli Esteri del distretto curdo di Kobane. Fino a ieri, però, i curdi lamentavano l'inutilità dei raid per riuscire realmente a invertire il rapporto di forza sul campo. "L'unica soluzione sono truppe di terra", aveva ribadito lo stesso presidente turco Recep Tayyp Erdogan, il quale, nonostante il via libera del Parlamento, deve anche prestare ascolto a quella parte dell'elettorato che vede l'intervento di terra un rischio da evitare. Per questo motivo, Erdogan ha detto che sarebbe disposto a un intervento di fanteria solo se sostenuto dalla coalizione internazionale e se inquadrato in un piano che preveda anche il sostegno e l'addestramento dei ribelli siriani contro il regime di Bashar el Assad. La coalizione internazionale, nonostante le buone notizie che arrivano da Kobane, dovrà comunque prendere in considerazione l'ipotesi di un intervento terrestre a supporto delle operazioni aeree dati gli scarsi risultati fin qui ottenuti in Iraq e Siria.

 

Ieri, intanto, sono morte 18 persone in Turchia in seguito alle manifestazioni dei sostenitori del Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk), scese in piazza per protestare contro l'esitazione di Ankara nel difendere Kobane, terza città curda del Siria.