Mezzi blindati turchi al confine con la Siria. Sullo sfondo, le bandiere dello Stato islamico (foto AP)

Erdogan dice che "Kobane sta per cadere" e chiede un intervento contro Assad

Redazione

Il presidente turco vuole un piano strategico più ampio da parte della coalizione contro lo Stato islamico che includa anche un'azione militare contro Assad.

Il presidente della Turchia, Recep Tayyip Erdogan, ha ammesso che Kobane "sta per cadere" nelle mani dello Stato islamico dopo l'assedio delle ultime tre settimane. Ieri, delle bandiere nere, i vessilli dei jihadisti, sono state fatte sventolare dalle colline che circondano la cittadina posta al confine tra Turchia e Siria. I curdi asserragliati nel centro cittadino hanno ripetuto più volte la loro ferma volontà di continuare a resistere, difendendo fino all'ultimo la città ma, allo stesso tempo, hanno chiesto un intervento più deciso da parte della coalizione internazionale. Nonostante il Parlamento turco abbia dato il via libera all'intervento militare in Siria e Iraq contro lo Stato islamico, Ankara non ha ancora dato l'ordine di intervenire in difesa di Kobane, lasciando la responsabilità della protezione della città ai soli curdi. Il piano della Turchia è, piuttosto, quello di intervenire con truppe di terra in Siria in un'operazione su scala più ampia, "con un piano strategico preciso" (come ha affermato ieri alla Cnn il premier Ahmet Davutoğlu) e finalizzato, una volta sconfitti i jihadisti, a sconfiggere anche il dittatore siriano Bashar el Assad. "Il problema dello Stato islamico non può essere risolto con i bombardamenti aerei", ha ripetuto oggi Erdogan, che ha rinnovato la richiesta all'Occidente di stabilire "una no fly zone, un'area di sicurezza parallela e l'addestramento dei ribelli siriani".

 

Nel frattempo i curdi difendono la città armati di kalashnikov  e armi leggere. Nelle tre settimane di combattimenti, circa 400 persone sono morte e migliaia sono state ferite e trasportate per le prime cure a Suruç, la prima cittadina turca oltre il confine. Dall'inizio dell'offensiva dei jihadisti verso la regione di Kobane, circa 180 mila persone sono state costrette ad abbandonare le proprie abitazioni e a trovare rifugio in Turchia.

 

Gli Stati Uniti intanto hanno messo a disposizione della coalizione internazionale anche gli elicotteri Apache per la prima volta dall'inizio della controffensiva iniziata ad agosto in Iraq e a settembre in Siria. Per il momento, gli Apache dovrebbero essere impiegati solamente in Iraq, nella provincia di Falluja, dove il governo di Baghdad ne ha esplicitamente richiesto l'impiego. Il vantaggio dato dal loro utilizzo è dato dalla possibilità di volare a bassa quota e di individuare con maggiore precisione i bersagli sul terreno.