Proteste anti ogm negli Stati Uniti (foto AP)

Il "no" agli ogm e il modello culturale dell'ignoranza

Giordano Masini

Risposta a Carlin Petrini che elogia Vandana Shiva perché, dice, "contribuisce a mettere in discussione il metodo scientifico".

Al direttore - Ha ragione Carlin Petrini a sostenere, dalle pagine di Repubblica di ieri, che la questione ogm, con tutto quel che le gira attorno, non si fonda “sul ritornello fa male/non fa male”, ma riguarda piuttosto “un modello di agricoltura, alimentazione, ecologia, solidarietà, sviluppo, cultura ed economia”. Avrebbe, anzi, ragione, se la prima parte del suo intervento non fosse dedicato alle solite baggianate sul mondo scientifico “diviso” sulla sicurezza delle biotecnologie applicate all’agricoltura e sulla Spagna che con l’adozione del mais resistente ai parassiti avrebbe perso una “significativa quota di biodiversità” (ma quando mai?). Ma l’onestà intellettuale, come il coraggio di Don Abbondio, se uno non ce l’ha non se la può dare. Prendiamo atto, passiamo oltre, e diciamo che sì, fa bene Petrini a ricordarci il suo modello culturale, quello su cui si fonda la sua resistenza gastrofighetta all’innovazione in agricoltura.

 

Parla di “sovranità alimentare”, Petrini. “Una bellissima espressione, coniata quasi vent'anni fa da La Via Campesina, per indicare il diritto di ogni paese (e dunque dei suoi cittadini, del suo popolo) ad avere il controllo politico su quel che si coltiva e si mangia sul proprio territorio”. Controllo politico, signori, di quel che si coltiva e si mangia. Olé. La via campesina alla fame. E non sarebbe nemmeno una questione, come potrebbe sembrare, di destra o di sinistra. Lo ricordava al Foglio Antonio Pascale: una volta erano i professori progressisti a spingere sull’acceleratore di ricerca e innovazione in agricoltura, avendo a cuore la sorte di chi non aveva abbastanza da mangiare. Erano i bigotti e i reazionari a menarla con le tradizioni. Bigotti e reazionari come Coldiretti, che strilla contro gli ogm mentre vende mangimi ogm. Incoerenza? No, è la via campesina al protezionismo commerciale e all’autarchia (“sovranità alimentare”, in soldoni, significa questo: autarchia), che passa per l’ipocrita esaltazione del Made in Italy all’estero mentre si fanno le barricate al Brennero contro il Made in Qualcunaltro. Non è cambiata, in fondo, Coldiretti. Il suo “modello di agricoltura” è quello di sempre. Ma che tristezza oggi vedere il fondatore di Arcigola a braccetto con gli autarchici.

 

Certo che il problema è il modello culturale. Lo stesso modello culturale decrescista e pauperista da cui viene ispirato il Piano di Indirizzo Territoriale Toscano (controllo politico su quel che si coltiva, oltre che su quel che si mangia, come scandisce il campesino Petrini), e che tratta gli agricoltori, la gente, noi, come animali allo zoo – le cosiddette “comunità locali”, la cui “identità” e povertà, tra una degustazione di vini delle Langhe e un assaggio di salame di Cinta Senese, va tutelata dal progresso che tutto corrompe: il modello culturale del paternalismo.

 

C’è un passo illuminante nell’intervista che Vandana Shiva, “amica e compagna di tante riflessioni e battaglie” - ricorda Petrini - ha concesso a un cronista di Repubblica alcuni giorni fa: “Ho tanta stima degli intellettuali non-scienziati che contribuiscono a mettere in discussione il pensiero scientifico”. Eccolo, in soldoni, il modello culturale. Se una cosa è troppo complicata, che sia il miglioramento genetico delle piante o il metodo di calcolo del pil, negala. Mettiamo in discussione il pensiero scientifico, torme di analfabeti ce ne saranno grati, a cominciare dai nostri figli quando non hanno voglia di perdere tempo sui libri. Guai ad ascoltare chi ha le competenze per aiutarci a compiere scelte migliori. Il modello culturale dell’ignoranza.

 

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