Nicolas Sarkozy (foto LaPresse)

Ecco il piano di Sarkozy per le presidenziali francesi del 2017

Jean-Pierre Darnis

“Sono cambiato”, dice. L’ex presidente è lento e invecchiato, ma è incapace di stare lontano dal calice del potere.

Roma. Nicolas Sarkozy è tornato, dando l’inizio alla campagna per le presidenziali del 2017. Dopo la disfatta del 2012, ha provato a inventarsi altri mestieri, ma il virus politico era troppo forte. Un Sarkozy invecchiato e un po’ lento si è presentato di fronte alle telecamere di France 2 il 21 settembre scorso “non ho altra scelta possibile, devo tornare”. Soprattutto non riesce a fare altro e vuole ancora bere il calice del potere, convinto che sia anche un elisir di giovinezza.  Lui conosce quella droga e ha saputo, come pochi nella sua generazione, addomesticarne gli effetti, trascinando con se uno stuolo di devoti seguaci. Oggi però la situazione è complessa. Il campo, quello del suo partito, l’Ump, è devastato da guerre intestine ma anche minacciato da fuori. La battaglia che ha visto opporsi Copé e Fillon per il controllo del partito ha lasciato ferite aperte: né l’uno né l’altro hanno rinunciato alle loro ambizioni. Il vero erede di Chirac, Alain Juppé, è lentamente riemerso dopo la sua condanna del 2004, consolidando la sua posizione a Bordeaux. Dopo tanti appuntamenti mancati, l’uomo sembra determinato a cogliere l’ultima opportunità di presentarsi alla presidenziali. Jacques Chirac lo sostiene mentre Bernardette, la moglie, non manca un’occasione di criticarlo, acidissima forma di vendetta all’interno della coppia. A destra il “Front National-rassemblement bleu marine” è diventato dopo le europee la prima forza politica francese, una crescita confermata nelle senatoriali della settimana scorsa. Al centro l’Udi e il Modem hanno fatto lista comune alle europee e sembrano in grado, con il probabile ritorno di Borloo, di trovare una strategia comune per le prossime presidenziali, magari intorno a Bayrou, che non ha mai smesso di credere nella sua buona stella e si è rafforzato con la conquista del comune di Pau.

 

La strategia di Sarkozy è chiara: vuole vincere la presidenza dell’Ump nel 2015 per rivoltare il partito come un calzino, cambiarne il nome e trasformarlo in una gioiosa macchina da guerra per le presidenziali. La riconquista dell’Ump non dovrebbe essere un problema, Sarkozy è rimasto popolare fra i militanti che hanno patito il conflitto Copé-Fillon e il popolo di destra non vede l’ora di dare battaglia ai socialisti. Il ritorno di Sarkozy provoca già un’impennata di nuove adesioni al partito, mentre negli ultimi anni molti moderati, critici nei confronti della gestione Sarko, hanno raggiunto le file del centro. Ma il seguito è più problematico. Dall’Aprile scorso la direzione dell’Ump con il tandem Copé-Juppé ha sancito il principio dell’organizzazione di primarie aperte a destra nel 2016. Questa posizione è condivisa da Hervé Mariton, altro candidato alla presidenza del partito.

 

[**Video_box_2**]Alain Juppé ne ha fatto un punto imprescindibile. Sarkozy sembrava tentato di seguire una posizione estrema del tipo “io o morte”, bypassando le primarie. Ma l’altro ieri sera a Troyes ha tagliato l’erba sotto i piedi di tutti dichiarando che si impegna a svolgere le primarie, una posizione ribadita ieri nella sua intervista al Figaro. Aveva subìto un’avvisaglia negativa, pochi giorni fa, quando il suo candidato alla presidenza del Senato, l’ex primo ministro Jean-Pierre Raffarin, era stato battuto da Gérard Larcher, un fedele di François Fillon con un profilo di serietà e discrezione. Ha subito capito il messaggio sterzando in fretta: se si andava allo scontro senza primarie, la destra rischiava grosso con il moltiplicarsi di candidature a lui avverse al primo turno delle presidenziali nel 2017. In questo caso di fronte a un Fn molto alto e probabilmente in grado di essere presente al secondo turno (Marine Le Pen arrivando o prima o seconda al primo turno delle presidenziali), i socialisti potrebbero piazzarsi anche loro per il secondo turno, con un probabile duello Le Pen- Hollande. Di conseguenza una parte importante della destra rifiuterebbe di votare Hollande al secondo turno il ché assicurerebbe una vittoria della Le Pen. Sarkozy ha capito in fretta che una volta conquistato l’Ump nel 2015, deve costruire il consenso a destra vincendo le primarie nel 2016. Corre il rischio di perdere di fronte a un Juppé oggi popolare (Juppé sarebbe un ottimo candidato per una destra unita al centro contro la sinistra e il Fn) ma ha già alzato il ritmo della campagna e spera di sfiancare gli altri candidati.  Potrebbe riuscire così ad aggregare in modo democratico l’insieme delle anime della destra di governo, presentando una candidatura presidenziale con il riconoscimento dei vinti ma anche la necessaria apertura in termini programmatici. Le sue dichiarazioni al Figaro vanno nel senso di un programma di ampio spettro. Sulla scia di una vittoria alle primarie, potrebbe farcela a superare i socialisti al primo turno delle presidenziali, il che, se riteniamo sempre l’ipotesi di in Fn presente al secondo turno, gli assicurerebbe un’elezione poi quasi automatica con una forte mobilitazione nazionale anti Le Pen, un cosiddetto “fronte repubblicano”. E ovvio poi che per il momento il campo socialista rappresenta un parametro passivo dello scenario, dato il bassissimo livello di popolarità di Hollande. Un rimescolamento delle carte da questo lato, ad esempio con Valls candidato oppure delle primarie a sinistra, potrebbe cambiare l’equazione.

 

La Francia attraversa una grave crisi politica e sociale. Il “sistema” rappresentato da destra e sinistra di governo viene bollato come inefficiente e moralmente sospetto da parte di una fetta sostanziale dell’elettorato che vede in Marine Le Pen l’unica via di scampo. La successione ininterrotta di scandali fra Sarkozy e Hollande, l’affaire Trierweiler per ultimo, pesa nell’opinione pubblica. Se Sarkozy pensa di farcela seguendo il puro istinto del politico di razza, allora lo scenario può riverlarsi un procrastinare delle problematiche odierne con un effettivo rischio di accessione al potere da parte del Front national. La politica però, anche nella sua versione machiavelliana, è una questione di compromessi. Se Sarkozy, come gli altri, scende a patti con suo ego e integra una piattaforma riformista, può riuscire ad aggregare di nuovo il consenso fino alla vittoria. Di fronte all’ipotesi estremista una tale vittoria non è una pura questione tattica, e implica che l’uomo Sarkozy cambi. Per il momento si tratta di una mera dichiarazioni di intenti: “sono cambiato” ha detto Nicolas, senza precisare in che modo. Intanto accelera.

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