Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan (foto Ap)

Turchia alla guerra

Redazione

Ankara approva la missione militare contro lo Stato islamico. La minaccia all’enclave in Siria. Davutoglu disse che un attacco alla tomba di Suleyman Shah sarebbe stata un’“opportunità”.

Roma. Il Parlamento della Turchia ha votato oggi una mozione che consente di attaccare militarmente lo Stato islamico in Siria e Iraq e che prepara il terreno a un intervento dell’esercito di Ankara contro il gruppo terroristico. La mozione, presentata martedì dal governo di Ahmet Davutoglu, l’ex ministro degli Esteri nominato premier a fine agosto dopo l’elezione di Recep Tayyip Erdogan a presidente, permette al governo di ordinare un’azione militare per “sconfiggere gli attacchi diretti contro il nostro paese da tutti i gruppi terroristici in Iraq e Siria”. L’approvazione della mozione, passata al Parlamento senza intoppi (il governo ha una maggioranza ampia, e il partito nazionalista Mhp aveva annunciato che avrebbe votato a favore), consentirà alle forze della coalizione a guida americana di usare le basi turche, tra cui quella di Incirlik, per far partire le incursioni aeree che colpiscono postazioni e mezzi dello Stato islamico da luglio in Iraq e dalla settimana scorsa in Siria. La Turchia finora ha negato la sua partecipazione alla coalizione. Ankara teme che gli strike in Siria possano aiutare il regime del presidente siriano Bashar el Assad – la sua deposizione è ancora una condizione chiave per l’intervento. Ma a frenare la Turchia fino allo scorso 20 settembre erano soprattutto i 46 cittadini turchi catturati nel consolato di Mosul e prigionieri dello Stato islamico da giugno.

 

Dopo la loro liberazione, Erdogan ha rilasciato un’intervista al giornale Hürriyet per fare intendere che non c’erano più ostacoli a un’azione militare della Turchia contro il gruppo terroristico.

 

C’è anche un’altra ragione per cui la Turchia sta affrettando un’azione militare contro lo Stato islamico. I miliziani sono a pochi chilometri dal confine turco. Da lunedì l’esercito ha disposto decine di carri armati sulle colline che sovrastano la città siriana a popolazione curda di Kobane, assediata da due settimane, e ha allertato due brigate di soldati da circa 10 mila uomini. Il vicepremier Bülent Arinc, inoltre, ha detto che i miliziani islamisti stanno avanzando sul mausoleo di Suleyman Shah, enclave turca posta 30 chilometri dentro al territorio siriano.

 

[**Video_box_2**]Il mausoleo di Suleyman Shah è un fazzoletto di poche centinaia di metri quadrati che custodisce la tomba del nonno di Osman I, il fondatore dell’Impero ottomano, e che un accordo del 1921 tra la Turchia e la Francia (la Siria allora era protettorato francese) ha stabilito come territorio turco. A difesa della tomba ci sono 36 soldati, e Ankara ha detto che qualunque minaccia alla piccola enclave sarà considerata come un attacco diretto al territorio turco. Lunedì il giornale filogovernativo Yeni Safak ha scritto che sul mausoleo di Suleyman Shah avanzano circa 1.100 miliziani islamisti, e che il sito è quasi circondato. Da giorni su internet gira la notizia, finora sempre smentita, che lo Stato islamico è entrato nel mausoleo e ha preso in ostaggio i soldati turchi. Su Twitter il giornalista Aaron Stein ha pubblicato una foto di uno dei cancelli di accesso al monumento imbrattato con un graffito che raffigura la bandiera dello Stato islamico. La caduta della tomba di Suleyman Shah potrebbe aprire in Turchia una nuova crisi degli ostaggi e danneggiare gravemente il presidente Erdogan e il suo premier, quel Davutoglu che da ministro degli Esteri è stato l’architetto di tutte le strategie della Turchia all’estero: a differenza di Mosul, questa volta l’attacco dei miliziani è “annunciato” da settimane.

 

Ma il governo turco potrebbe vedere la minaccia alla tomba di Suleyman Shah anche come un’opportunità. Sei mesi fa sono apparse su internet delle intercettazioni fatte dentro al ministero degli Esteri in cui l’allora ministro Davutoglu e il capo dei servizi segreti Hakan Fidan progettavano un finto attacco alla tomba per costruire un pretesto per un intervento turco contro lo Stato islamico. Allora Davutoglu disse che un eventuale attacco avrebbe potuto essere visto come “un’opportunità per noi”. Ora la minaccia è reale, e la risposta turca imminente. Secondo gli analisti una missione via terra dell’esercito turco in Siria per ora è improbabile, ma ieri, parlando al Parlamento, il presidente Erdogan ha detto che lanciare sui terroristi “tonnellate di bombe” via aria “rimanderà soltanto il pericolo”. Un’altra soluzione è necessaria.

 

I carri armati turchi sono disposti da lunedì sulle colline sopra Kobane, cittadina siriana a maggioranza curda posta a pochi chilometri dal confine. Lo Stato islamico assedia Kobane su tre lati da oltre due settimane, secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani 325 villaggi su 354 che sono intorno a Kobane sono già stati conquistati. Le milizie curde del Pyg, gruppo affiliato al movimento indipendentista curdo Pkk, difendono Kobane e stanno ottenendo alcuni successi, ma il fronte è fluido. Sabato le Forze armate americane hanno iniziato a bombardare con strike mirati le postazioni islamiste intorno alla città.

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