Un momento delle manifestazioni di ieri a Hong Kong (foto LaPresse)

Occupy Hong Kong sfida la polizia. La Cina: "Nessuna intromissione esterna"

Redazione

Gli studenti continuano a scendere in piazza per chiedere la fine del sistema elettorale restrittivo. La polizia usa gas lacrimogeni, pallottole di gomma e spray al peperoncino. La Gran Bretagna chiede il rispetto dei diritti civili.

Decine di migliaia di manifestanti hanno continuato a bloccare stamane le principali strade di Hong Kong, in una crescente protesta contro il sistema elettorale restrittivo imposto da Pechino che limita i candidati che possono presentarsi alle elezioni a un collegio ristretto i cui membri sono in gran parte scelti dal governo cinese. La polizia è intervenuta nella notte con gas lacrimogeni, spray al peperoncino e manganelli, ma non è riuscita a disperdere la folla. Oggi molti pendolari non sono riusciti a recarsi al lavoro a causa delle strade bloccate e più di 200 linee di autobus sono state cancellate o deviate. Ieri, gli studenti della Federation of Students che hanno organizzato quella che è diventata la più grande manifestazione di protesta contro Pechino ad Hong Kong dal 2005, hanno annunciato di essere stati costretti ad abbandonare il centro della città dopo le minacce della polizia di usare nuovamente pallottole di gomma, gas lacrimogeni e spray al peperoncino, già utilizzati nei giorni scorsi.

 

La protesta, partita la settimana scorsa dagli studenti, si è allargata ieri con l'adesione del gruppo pro democrazia Occupy Central, che oggi ha detto di voler sostenere "il movimento spontaneo della gente di Hong Kong". Secondo le stime del movimento, sono scese in strada almeno 100 mila persone. "Eravamo qualche centinaio, poi abbiamo visto migliaia di persone che bloccavano il traffico su Harcourt Road per unirsi alla protesta. Questo va al di là di quanto speravamo", ha detto all'agenzia stampa Dopa Eddie Chung, uno degli organizzatori della protesta. "Occupy Central è diventato Occupy Hong Kong", ha aggiunto un manifestante. Le proteste di Hong Kong stanno paralizzando ancora il quartiere finanziario. Chiuse le scuole, i negozi, fermi i servizi pubblici e bloccata l'attività delle principali banche. La Borsa di Hong Kong, che ha perso l'1,18 per cento in apertura, sta perdendo ora l'1,9 per cento.

 

Intanto la Cina ha intimato gli Stati Uniti e le altre nazioni stranieri, a non interferire negli affari interni di Hong Kong, perché si tratta di una questione interna cinese. In un estremo tentativo di sedare gli animi, il capo dell'esecutivo, Leung Chun-ying,  ha annunciato il ritiro degli agenti in assetto anti-sommossa dalle strade e ha anche smentito le voci circolanti sui social media, di chiedere aiuto all'Esercito di Liberazione del Popolo, che staziona in una guarnigione in città. Ma la leadership del movimento protestatario non sembra intenzionata a recedere: "Chiunque abbia una coscienza dovrebbe vergognarsi di essere associato a un governo che è così indifferente all'opinione pubblica", recitava il comunicato diffuso oggi da Occupy. I manifestanti chiedono a Leung di dimettersi e che Pechino modifichi la decisione, presa il mese scorso, di voler mantenere il controllo sulle elezioni del 2017, tramite un comitato di 'fedelissimi' che supervisioni le candidature.

 

[**Video_box_2**]Pechino è durissima: "Hong Kong è cinese. E' una regione cinese ad amministrazione speciale e gli affari di Hong Kong sono esclusivamente affari interni cinesi", ha dichiarato il portavoce del ministero degli Esteri, a Pechino. Una reazione forse al monito arrivato poco prima dal Foreign Office londinese: Londra, potenza coloniale ma liberale fino al 1997, è preoccupata dell'escalation. "E' una posizione di lunga data britannica, come cofirmatari della dichiarazione congiunta sino-britannica, che la prosperità e la sicurezza di Hong Kong siano sostenute (dal rispetto) dei suoi diritti fondamentali e dalle libertà, incluso il diritto a dimostrare", si legge in una nota del governo londinese, che ribadisce come "sia importante per Hong Kong preservare questi diritti e che la gente di Hong Kong li esercito nel rispetto della legge".

 

Intanto, due dissidenti cinesi in esilio, Wang Dan e Wuer Kaixi, che erano stati tra i leader del movimento filodemocratico studentesco di Tiananmen nel 1989, hanno espresso appoggio alle proteste di Hong Kong per chiedere l'elezione democratica del capo dell'esecutivo della città. "Anche se abbiamo storie diverse, ci unisce con i nostri amici di Hong Kong la difesa della libertà e della democrazia", ha dichiarato Wuer Kaixi, dinanzi a un gruppo di manifestanti che si è raccolto nella notte a Piazza della Libertà, a Taipei.

 

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