Edward Snowden (foto LaPresse)

Snowden chi?

Redazione

Le minacce globali spengono la voglia di trasparenza dell’occidente

Un anno fa, all’Assemblea generale dell’Onu la presidentessa del Brasile, Dilma Rousseff, tuonava indignata contro i sistemi di sorveglianza e lo spionaggio a strascico dell’intelligence americana. Quest’anno Dilma non ha dedicato nemmeno una riga alla faccenda. Le intrusioni del governo nella vita dei cittadini, il problema del controllo dell’intelligence americana nelle carte dei governi alleati, insomma la saga di Edward Snowden, Glenn Greenwald, Bradley (Chelsea) Manning e degli altri attivisti dei diritti civili (?) imbufaliti dalle malefatte della National Security Agency è uscita dalla lista delle priorità anche delle cancellerie più agguerrite, in qualche modo oscurata dalla rapida crescita di minacce globali impellenti. Il passaggio in cavalleria  del dossier spionistico non ha turbato troppo l’opinione pubblica, se non si considerano i gruppi sottoculturali di hacker e attivisti tedeschi che hanno fatto di Snowden un vitello d’oro.

 

L’ascesa dello Stato islamico ha fatto tornare la sicurezza al primo posto nella lista delle priorità, scalzando quello che per una stagione è stata venduto – e celebrato con  premi Pulitzer – come il nuovo e definitivo valore guida dell’occidente: la trasparenza. Anche il Senato americano, a maggioranza democratica, traccheggia sull’approvazione della riforma delle regole della sorveglianza. A chiudere Snowden nel dimenticatoio non è stata la Nsa, è stata la realtà.

 

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