Luigi Gubitosi e Massimo Giannini (foto LaPresse)

Tramonto della chiacchiera

Turbolenze in Rai per i risultati mediocri delle prime prove talk

Marianna Rizzini

Gubitosi sempre all’asciutto di Renzi. Giannini e Raitre in pensiero per la perdita ingente di spettatori.

Roma. Uno (Luigi Gubitosi, direttore generale Rai, “tecnico” di epoca Monti) dice al Fatto che se ne va entro Pasqua e che “c’entra poco” con le scelte sui talk show che fanno fiasco sulle sue reti (vabbè); l’altro (Michele Santoro, conduttore di “Servizio Pubblico”, da oggi di nuovo sugli schermi de La7) dice ai “cari amici” su Facebook che i talk sono troppi, che questa è l’ultima edizione del programma (comunque lanciato, così facendo, con tanto di grancassa). Non condivide “la scelta di riempire all’inverosimile la programmazione di trasmissioni d’approfondimento”, Santoro: il pubblico ha la “nausea”, dice, e bisogna far sparire a colpi di telecomando le “imitazioni senza identità”. Di chi parli Santoro non è così impossibile a dirsi, visto il tempismo: ieri era infatti il giorno in cui i dati sugli ascolti sulla seconda volta del “Ballarò” post-Floris (e con Massimo Giannini, ex vicedirettore di Rep.), su Rai3, davano un risultato un po’ così: 6,53 per cento, circa un milione di spettatori in meno rispetto alla settimana scorsa (per giunta il concorrente “diMartedì”, condotto su La7 dall’ex di “Ballarò” Giovanni Floris, di per sé attualmente non baciato dallo share, ieri superava di un punto la puntata della settimana precedente). Fatto sta che Andrea Vianello, il direttore di Rai3 su cui Gubitosi (sempre sul Fatto) aveva scaricato non del tutto cavallerescamente l’intera responsabilità della scelta di Giannini, ieri si affrettava a mostrarsi ottimista.

 

E però una certa tristezza restava nell’aria dalla sera prima, anche per via dell’effetto dèjà-vu prodotto dall’apparizione a “Ballarò” di Sergio Cofferati su sfondo di Circo Massimo vuoto, ma con vecchi filmati dal “suo” Circo Massimo pienissimo, nel lontano 2002. “Giannini entrerà nel cuore” del pubblico”, diceva Vianello, e “il bilancio degli ascolti si fa alla fine”. Eppure in Rai, da due settimane, si continua a borbottare sull’“opportunità” di “prendere un esterno a 900mila euro per due anni” quando “c’erano almeno due o tre interni all’altezza”. Guarda guarda che coincidenza: Santoro si sfila dal calderone affollato del “talk” proprio al momento di tornare in scena con un talk (ma con voglia di “frantumare il salotto televisivo”, dice) e attacca proprio la tv di stato, sua concorrente, al grido di “la tv italiana è quella che nel mondo più sviluppato produce più a basso costo un minuto di programmazione, vede più a basso costo un minuto di pubblicità e fa meno ricerca. A cominciare dalla Rai”. Si autoloda, Santoro (senza di noi, scrive, “non si sarebbe parlato di mafia, di Berlusconi, della trattativa…”) e allo spettatore., Massimo Ciancimino a parte, tornano alla mente –  “nausea” e “rigetto” – le numerosissime interviste chez Santoro alle varie e cosiddette “olgettine”.

 

Magari Gubitosi parlasse con Renzi

 

Ma magari per Gubitosi fosse Santoro il problema: il dg che l’inverno scorso aveva tentato, senza riuscirci, di avvicinare Matteo Renzi per parlare dell’azienda cui Renzi, in primavera, avrebbe tolto 150 milioni del canone (con Giovanni Floris sulle barricate), sta cercando non solo di avvicinarsi a Renzi indirettamente, attraverso piccoli innesti di piccolo mondo renziano (vedi Cristina Parodi, moglie di Giorgio Gori, renziano prima messo in ombra poi tornato in auge presso il premier), ma pure di mettere in luce l’altra faccia della luna: non il livello spinoso palinsesto-scelte editoriali, ma il livello che gli è più consono in quanto “tecnico” giunto con Monti: la mobilia. E cioè la struttura del pachiderma Rai, il costo del lavoro (ancora alto rispetto ai concorrenti), la pubblicità (Gubitosi dice: va meglio di prima, anche se c’è comunque il segno “meno”), gli accorpamenti nelle news (annunciati con gran proteste giornalistiche e con Mario Orfeo, direttore Tg1, che difende i suoi risultati e le sedi regionali nel mirino).
E chissà se Gubitosi, sotto esame in Vigilanza per il “piano industriale”, rimpiange l’esborso per il ricco battage pubblicitario su “Ballarò” (pagine e pagine di giornale con la faccia di Giannini e la scritta “diciamoci la verità”).                          

Di più su questi argomenti:
  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.