Angela Merkel (foto Ap)

Giocare in pressing

Salvatore Merlo

Merkel e rigoristi non ci imbrigliano perché abbiamo piani e idee. Parla Gozi, l’uomo degli Affari europei

Roma. “Abbiamo un asse fortissimo con la Francia e non è vero che la Merkel ci ha imbrigliato con il nuovo organigramma della Commissione europea. Non esiste più l’asse franco-tedesco, non è più quello il motore dell’Europa. L’Italia sta imponendo una svolta nella politica economica dell’Unione. E infatti siamo vissuti con fastidio in alcune cancellerie”, dice al Foglio Sandro Gozi, sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega agli Affari europei. Gozi è l’uomo di Matteo Renzi a Bruxelles. Si muove da anni nelle stanze e nei corridoi dell’europotere. “Stiamo imponendo una svolta”, dice. Obiezione: il Corriere della Sera scrive che siete “irruenti” nei modi e “inconcludenti” nei fatti. Risposta: “Non si può continuare a ubbidire con delicatezza ai diktat altrui. Non possiamo accettare che coloro i quali hanno sbagliato negli anni scorsi continuino a proporre le stesse perniciose soluzioni. Dunque sosteniamo le nostre posizioni. E lo facciamo a modo nostro, con il nostro stile, che può anche apparire sgarbato, spiccio, indelicato. Ma il guaio dell’Europa finora è stato l’eccesso di delicatezza, la palude diplomatica, il minuetto, la mancanza di idee. La tragedia europea dipende dal vischio della conservazione dell’uguale. Invece a noi le idee non mancano. E questa dovrebbe essere una buona notizia. Se oggi c’è un dibattito sulla crescita, sulle clausole di flessibilità, è merito nostro. Ed è un fatto che alcune cancellerie, affezionate al rigore, ora ci vivano con fastidio”.

 

In che senso con fastidio? “La nostra azione, la nostra volontà di aprire il dibattito sulla politica economica rompe la quiete e l’equilibrio che si erano imposti. Così a Bruxelles, o a Helsinki, che è il paese di provenienza di Jyrki Katainen, del commissario agli Affari economici e futuro vicepresidente della Commissione, qualcuno ci soffre. Ma il nostro metodo, anche il nostro linguaggio, sono l’unico modo per scuotere un’ Europa che ricade nella tentazione suicida del rigorismo”. Siete meno timidi, ma il vincolo del 3 per cento lo rispetterete. “Il deficit non è il nostro problema. Noi siamo gravati dal macigno del debito pubblico. E’ questo il nostro guaio. Abbiamo bisogno di crescita”.

 

[**Video_box_2**]Prosegue Gozi: “Il debito pubblico è un macigno che non possiamo lasciare sulle spalle dei nostri figli, come hanno fatto i nostri padri con noi. La nostra malattia si chiama scarsa crescita. E per questo, in Italia, stiamo mettendo in campo le riforme strutturali e lottiamo contro chi le ostacola. L’Europa oggi deve prendere atto che certe soluzioni, certi tentativi di arginare la crisi hanno fallito. Senza crescita non c’è via d’uscita alla crisi. Qualcosa siamo già riusciti a ottenerla. Mi riferisco alla clausola sulle riforme strutturali, alla clausola sulla flessibilità legata alla politica di coesione, allo scorporo dei cofinanziamenti regionali e nazionali dal computo del debito pubblico. Altro che ‘inconcludenti’. Questi sono tutti temi che vanno imposti con forza nella politica europea, senza badare troppo al garbo. Se avessimo seguito i consigli diplomatici e garbati che nei mesi scorsi ci arrivavano da certi ambienti romani e da Bruxelles, oggi non avremmo Federica Mogherini commissario per la Politica estera. Ci si riempie la bocca con le parole ‘ricambio’ e ‘merito’, ma poi si storce il naso se l’Italia manda in Europa una donna, giovane e preparata”.

 

A Bruxelles dicono che la Germania vi ha circondato di rigoristi dentro la Commissione di Juncker. “Siamo stati noi a suggerire il principio che ha regolato la nuova organizzazione all’interno della Commissione. Avevamo chiesto che ci fosse più coordinamento e che la Commissione riflettesse le strategie dei capi di governo. E’ un fatto genericamente positivo, che ha un riscontro immediato nelle mosse e nella filosofia della commissione. Pierre Moscovici lo abbiamo voluto fortemente, per esempio. Certo, poi ci sono anche i Katainen e i Valdis Dombrovskis, ma è ovvio, inevitabile”. I ragazzi della signora Merkel. “Non tutta l’Europa è fatta da governi sviluppisti, riformisti e di sinistra come il nostro. In Europa ci sono anche tanti governi di destra, sostenitori del rigore più accanito. Ma non è un problema. Abbiamo alleati”. La Francia. Ma è davvero un alleato? “Abbiamo molta fiducia nel governo Valls. E in questi mesi abbiamo potuto notare un’azione leale e coerente di Hollande. Ma dobbiamo allargare l’asse tra Roma e Parigi. La logica del motore franco-tedesco dell’Europa è finita da un pezzo. E’ finita da quando Merkel decideva e Sarkozy si limitava a comunicare all’esterno le decisioni della cancelliera. Il loro non era un rapporto paritario. Adesso ci vogliono nuove triangolazioni. Penso alla Spagna, che dovrebbe cullarsi un po’ meno dei suoi buoni risultati. E penso al Portogallo e alla Grecia, che hanno subìto pesantemente gli effetti negativi della Troika. E poi anche al Belgio e alla Polonia. La Polonia, che entrerà nell’euro, ha diritto di parola, deve poter esprimere le proprie idee su come va ridisegnata la politica economica e la governance della moneta unica”.

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  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.