Lo scrittore tedesco Heinrich Böll

Dubbi di un clown, se tua moglie cattolica ti molla per sposarsi in chiesa

Maurizio Crippa

L’anno era il 1963, vibrante anno giovanneo e conciliare. Lui era tedesco, cresciuto cattolico e progressista, prima di mandarli tutti amaramente a quel paese. Nel senso della chiesa istituzione. L’avevano chiamato pure a collaborare a Concilium, era amico di Karl Rahner. Lui era Heinrich Böll.

L’anno era il 1963, vibrante anno giovanneo e conciliare. Lui era tedesco, cresciuto cattolico e progressista, prima di mandarli tutti amaramente a quel paese. Nel senso della chiesa istituzione. L’avevano chiamato pure a collaborare a Concilium, era amico di Karl Rahner. Lui era Heinrich Böll, il suo alter ego Hans il Clown, bottiglia vuota e autodistruzione sempre a portata di mano. Hans che ha “due grandi problemi, uno è di certo la monogamia, l’altro la malinconia”. Il terzo, figlio del primo, è capire che c’entrino l’amore umano e l’amore divino, se quest’altro è solo una formula dogmatica vuota, una forma borghese. O peggio, semplicemente un’ipocrisia morale e una pantomima religiosa. Il Clown ha per statuto il gusto del paradosso, la sua storia, riassunta nelle telefonate di una merdosa sera di Bonn, ribalta l’interrogativo sul matrimonio eterno. La vita del Clown è andata a pezzi, come le sue ginocchia e la sua anima, “da quando Maria mi ha lasciato per sposare Züpfner, quel cattolico”. Un po’ rigido capetto o caporione dell’associazionismo cattolico, “indubbiamente credibile, degno di rispetto”.

 

Che succede insomma se Maria, fervente cattolica, Maria “l’unica cattolica che abbia apprezzato”, la sua Maria, la vip di tutte le riunioni e le associazioni religiose cui lui non partecipa, ma la sveglia sempre perché arrivi a messa in tempo, decide di mollarlo? Mollare lui, il clown, lui anarchico e agnostico, lui libero pensatore filosoficamente indifferente alla religione. Lui che però è monogamo: “Maria, la sola donna con la quale posso fare tutto quello che gli uomini fanno con le donne”.

 

E adesso si sposa, lei, quella che ha rotto il patto ma si vanta di tornare all’ovile. “Sarei stato lì seduto, quando la mia coniux infidelis sarebbe arrivata col suo sposo cattolico”. Il gusto di farsi male del Clown, e di fare male all’istituzione senza morale e avara di misericordia, ha dei picchi sublimi. “La cerimonia delle nozze aveva richiesto studi molto penosi: Maria non era vedova, non era divorziata, ed era – questo, per caso, lo sapevo con esattezza – non più vergine”. E una cerimonia nuziale senza velo guastava il programma estetico. “Oppure avevano formule liturgiche per  ragazze cadute ed ex concubine di clown? Che cosa aveva pensato il vescovo che aveva celebrato il matrimonio. Perché al di sotto di un vescovo non c’era neppure da parlarne”.
Sarà valido il matrimonio? Potranno fare la comunione, ora che sono sposati giusti? E invece lui, l’unico con la coscienza pura e che potrebbe ricevere il conforto del Sacramento – e a che altro serve il Sacramento se non da viatico ai pellegrini di questa terra – lui sta fuori, sulla soglia. Fuori dal banchetto. Quello eucaristico e quello delle cose fatte in regola. “Mi venne in mente che ero stato io a offrire Papa Giovanni e Züpfner come conforto alle sue crisi religiose”. “A dire il vero lo dovevano a me se Maria era rimasta cattolica”. A che serve la morale del matrimonio cattolico, si chiedeva Böll con irridente malinconia di cattolico clown uscito dalla porta, nel 1963? “Mi ero chiesto se non avrei dovuto andare nella mia vecchia scuola, a chiedere consiglio a uno dei padri, ma quelli considerano l’uomo come una creatura poligama (per questa ragione difendono con tanta violenza l’indissolubilità del matrimonio)”.

 

“Per questa ragione difendono con tanta violenza l’indissolubilità del matrimonio”. Eccoci arrivati. E’ forse la più illuminante tra le Opinioni di un Clown, quella attorno cui ruotano tutti i prelati ancora adesso, se le regole girano attorno non alla coscienza del peccato, ma alla diffidenza della morale: “Quelli considerano l’uomo come una creatura poligama”. Ieri, a Santa Marta Francesco parlava di Maddalena, la sposa di tutti: “Il posto privilegiato dell’incontro con Gesù Cristo, sono i propri peccati”. E Maddalena non ne faceva di intellettuali, o di superbia. “Sembra una eresia”, dice Francesco, ma il fariseo che aveva invitato a cena Gesù, “una persona di un certo livello, di cultura, non riusciva a capire”. Come avvertiva il sublime clown peccatore Fassbinder, che però parlava d’altro: “Attenzione alla puttana santa”. Ah, questi tedeschi.

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  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"