Silvio Berlusconi e Matteo Renzi (Foto LaPresse)

Abbracciati in segreto

Giuliano Ferrara

I nazareni, Renzi e Berlusconi, chiusi in un nuovo abbraccio. Cosa significa? Qual è la fenomenologia politica del presente? Qui si tenta una spiegazione piena di sospiri e di lacrime (dei nemici del patto).

Si incontrarono giusto ieri e si abbracciarono in segreto, come fanno gli amanti nelle loro lacrime e deliri (Cerasa mi ricorda, e forse è una notizia buona, che non esiste una fotografia dei due insieme). Renzi e Berlusconi (Matteo e Silvio li lasciamo al Cronista Collettivo) vivono la loro storia d’amore, scritta nel patto cosiddetto del Nazareno, ormai da molti e molti mesi. Mi è capitato di dirlo già, ma ripeterlo oggi per i miei amici del Foglio dà una certa soddisfazione. Tutti quelli che ovunque e sempre, tutti i giorni in tutte le tribune mediatiche, si interrogano sul patto: durerà? non durerà?, sono un po’ ingenui o disinformati, e si trastullano con il tempo.

 

Lasciamo perdere per un momento il ragionamento sulla storia degli ultimi due o tre decenni, la questione dell’anomalia nella Seconda Repubblica e dell’eredità. Ci vengo dopo. Ora mi preme ristabilire per l’ennesima volta il fatto politico. Non è che c’è il patto del Nazareno e, parallelo, il governo Renzi: c’è il governo Renzi, e c’è il Renzi reale e personale che vediamo felicemente all’opera, perché c’è stato il patto del Nazareno. Se lo spiegassero anche a Brunetta e a Capezzone, e addirittura a Minzolini, si farebbe qualche passo avanti. Infatti. Perché a Palazzo Chigi c’è Renzi e non il nulla? Perché aveva vinto le primarie? Ma andiamo. Lo sanno tutti che quella è la premessa minore del sillogismo, indispensabile ma minore. Renzi sloggia il nulla incartato di serietà dalla presidenza del Consiglio perché (premessa maggiore) ha un patto con Berlusconi, negoziato in segreto ma alla luce del sole (no foto, solo comunicati). E può proporsi, nella legislatura in cui i Nulla volevano farsi una squadretta lenta e mendace, corteggiati dai giornalisti frou frou e dall’establishment piccolo e avido, come colui il quale ha i voti per cambiare le grandi istituzioni della Repubblica: ultima spiaggia per il Senato e la legge elettorale, ultima speranza contro gli orchi del populismo, ultima chance per la sinistra di tornare a vincere qualcosina. Con il conforto di un presidente rieletto per la bisogna, saggio, vecchio, esperto: Napolitano.

 

Berlusconi, obbligato a una penitenza che non merita dal giudice Esposito (dico: dal giudice Esposito), indebolito ma reso maestoso e politicamente raffinatissimo dalla sua stessa vita in senso biologico (“Ha la metà dei miei anni”, disse l’Amor nostro del suo nuovo partner), aveva dal patto il bene di una tregua, di una operazione di alta politica riformatrice, di una trasformazione della sinistra con la sconfitta definitiva di tutti i marrazzoni che gliela avevano giurata e che lo avevano combattuto a furia di colpi bassi, insignorendo il royal baby che voleva sostituirlo invece che mandarlo in galera (unico a sinistra), che diventava così il suo erede (salvando egli mobilia e patrimonio per l’intanto), con scorno delle sinistre populiste e d’apparato d’antan; il ricambio generazionale, e una generosa immissione di fanciulle nel potere (suo vecchio sogno solo in parte appagato) erano il coronamento del tutto.

 

Dunque. Non è che dura o non dura il patto del Nazareno. Dura o non dura, insieme con il patto (simul stabunt, simul cadent) il fenomeno Renzi. Non è che Renzi sia risolvibile solo nel patto. Ha personalità. Ha imparato molte lezioni in poco tempo. Ha l’energia di un trentenne di talento. E’ spericolato e avido di gloria. Ha una formazione di politico professionale che al berlusconismo, forse per fortuna, era mancata del tutto. Ha la sua squadra. La sua sensibilità di sinistra e cattolica e machiavellica (la scuola, il lapirismo d’assalto, gli ottanta euro in tasca alla sua constituency, e molto altro). Ha tutte le carte in regola per procedere anche oltre il patto sulla via dell’eredità storica di questi anni straordinari che il Cav. ci ha consentito di vivere a disdetta dei moralisti e degli sciacalli manettari, tutti riuniti, con qualche soave eccezione, nell’opposizione al Nazareno. Ma questo per il futuro remoto. Per il futuro prossimo, non c’è trippa per gatti (ed Ezio Mauro, che è come me un comunista furbo, l’ha capita molto bene).

 

Ve lo immaginate voi un governo Renzi che adesso svolta e fa maggioranza con Gribbels o con Vendola o con Civati o con Fassina e riconsegna la chiave della politica italiana ai vecchi barbogi e ai giovani di scuola classista e manettara, ai sindacati, alle burocrazie sfidate, ai capitalisti dei miei stivali? Un Renzi senza e magari contro il Nazareno? Invece della fine del bicameralismo, tre camere; invece della riforma del mercato del lavoro, nuovi diritti contro l’impresa; invece della riforma elettorale possibile, una controriforma blindata; invece della posizione dominante in Europa, astiose rivendicazioni da paese minore; invece della politica estera a tutto campo, piccole giostre subalterne. Ve lo immaginate un processo politico di quella stazza messo in discussione da una banale legge di stabilità? Da un Cottarelli? Da un editoriale di Galli della Loggia o di Polito (amici cari, che con la politica litigarono fin da piccoli)? Via. E’ surreale.

 

[**Video_box_2**]Tutti sanno, e Renzi l’ha ricordato tra le righe nel suo mirabile discorso politico alle Camere, che oltre questo Renzi ci può essere, a patto del Nazareno rotto, solo un Renzi elettorale. Ha conquistato molto consenso, il ragazzo, l’enfant terrible; e il suo avversario in senso istituzionale (e amante segreto) lotta con le due braccia legate dietro la schiena, a Cesano Boscone. E con questa legge elettorale è da vedere. Il risultato probabile, anzi sicuro, è un Parlamento in cui si ripropone la stessa faccenda: fuori i piccoli per gli sbarramenti, una grossa sinistra-centro di matrice renziana, un inutile e vociante populazzo gribbelsiano, un centrodestra in cui Berlusconi domina, e una leghetta scozzese. Insomma, di nuovo il bivio di oggi: patto del Nazareno per una larga coalizione, ma stavolta con le ragazze anche del Cav. al governo, oppure un governo “de sinistra” e grillino che per prima cosa chiederebbe la testa di Renzi come capo.

 

E allora l’unico che avrebbe una lontana e ipotetica convenienza a replicare l’operazione fatta con Monti (governo con te e vengo a pranzo da te finché mi conviene, poi vado a spolverare lo sgabello a Santoro e mando tutto all’aria) sarebbe il Cavaliere. Ma stavolta il guadagno tattico di ieri sul tecnocrate fallimentare in politica diventerebbe un rischio strategico intollerabile con l’erede di età verde e fascino anche centrista. E Berlusconi è uno che ama il rischio, che ha il coraggio di chi abbia mangiato bistecche di leone (come diceva il compianto ministro Filippo Mancuso). Ma gli piacciono di più “le lacrime, i sospiri degli amanti, l’inutil tempo che si perde al gioco”. Ama vivere, e vivrà in eterno, come profetava il compianto Baget Bozzo. Si rassegnino Scalfari e gli altri. Prendano opportuni provvedimenti personali e di gruppo. Salgano sul carro dei vincitori e avviino una severa autocritica per quante botte hanno dato, prendendone altrettante, a Craxi e a Berlusconi (con l’aiuto dei mozzorecchi). I Nazareni botte ne prenderanno, ma mai abbastanza.

  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.