Luciano Violante (foto LaPresse)

Consulta incrociata

Salvatore Merlo

Conversioni asimmetriche di Violante e Donato Bruno, che ogni avversario vorrebbe far giudici. ntrambi uomini di diritto

E sono entrambi uomini di diritto, soltanto che l’uno buttava dentro mentre l’altro metteva fuori, avvocato e magistrato, uno frequentava Cesare Previti e l’altro Gian Carlo Caselli, l’uno giurava che la legge Cirami “è buona e serve a tutti”, mentre per l’altro quella legge sul legittimo sospetto era legittimamente sospettata d’essere “una sporcizia di natura personale e particolare, utile al solo Berlusconi”. Uno ha un po’ fatto la storia d’Italia, mentre l’altro ha vissuto dall’interno il potere berlusconiano, e adesso, tra asimmetrie e somiglianze, vivono entrambi la pena d’essere candidati ancora non eletti alla Corte costituzionale. E per anni Luciano Violante è stato il comunista che ha trasformato la lotta tra le classi nella lotta tra la norma e il delitto, ha personificato il bagno penale della politica, mentre Donato Bruno era l’avvocato che nel 1978 curava gli interessi d’un amico del Cavaliere “per una certa operazione immobiliare a Roma”, era il duro che alla fine degli anni Novanta accusava la sinistra d’essere “comunista” e i magistrati di “delirio d’onnipotenza”. Poi entrambi sono un po’ cambiati, col tempo e con l’età, ciascuno nella sua dimensione e caratura.

 

E così Violante si è opposto alla decadenza di Berlusconi dal seggio in Senato, negli anni ha scompigliato ogni cosa a cominciare da se stesso, e ha buttato via tutto quel che di amaro era stato detto del personaggio che portava il suo nome: niente più Vishinsky di Botteghe Oscure, basta con il partito dei giudici (che in un suo libro sono diventati “leoni sotto il trono”). Mentre Bruno, un tempo falco del Cavaliere, è diventato il morbido uomo di relazioni e trasversali che è oggi, architetto di piccole intese parlamentari con la sinistra e ambasciatore di trame condivise sulla riforma elettorale. E insomma Bruno si è allontanato da Previti come Violante si è allontanato da Caselli. E se Violante si è spinto a dire che Berlusconi “ha il diritto di difendersi”, Bruno è diventato amico di Anna Finocchiaro e di Maurizio Migliavacca, vecchia e onorata ditta diessina. Oggi sia l’uno sia l’altro hanno una tale capacità di persuasione, di mediazione e di compromessi, dall’essersi imposti, con zampate di velluto, come candidati per la Corte costituzionale. Ciascuno a modo suo, ciascuno con i suoi sponsor nel campo nemico, ciascuno attraverso il suo sistema e le sue simpatie. Sia l’uno sia l’altro, pur su piani diversi, sbrogliano infatti matasse e gomitoli, baruffe, rivalità, gelosie, beghe, ingorghi, e ammiccano sempre, senza mai stancarsi, all’avversario.

 

[**Video_box_2**]Dicono infatti che Violante sia rimasto in gara soprattutto grazie ai voti del Cavaliere, che adora la sua “conversione”, mentre raccontano che Bruno abbia stracciato nell’ombra del voto segreto la candidatura di Antonio Catricalà, e che dunque abbia dispiaciuto Gianni Letta, avventurandosi con pienezza d’abbandono nei dedali sottomarini che collegano Forza Italia al Pd. “Più della metà dei suoi voti vengono dalla sinistra”, mormorano i peones berlusconiani. Una pieghevole navigazione nei corridoi, tra i gorghi di correnti e sottocorrenti, commissioni parlamentari e commissioni quirinalizie, lobby e fazioni, diplomazie e acrobazie. E sia Violante sia Bruno piacciono a Denis Verdini, stanno benone a Giorgio Napolitano, confortano Berlusconi, non indispongono Renzi. Ma il voto segreto in quella prodigiosa logomacchina chiamata Parlamento, tra mille trabocchetti, languori e svogliatezze, è un gioco d’ambiguità suggestive. E’ una terra di incrollabili sofferenze e sterminate sepolture politiche. Dunque imprevedibile. Così adesso, dopo un’altra malinconica votazione, ieri, che li conferma candidati ma non li veste della toga, sia l’uno sia l’altro, sia il magistrato che fu interprete del pensiero morale torinese sia l’ex avvocato del giro Previti, entrambi questi uomini così diversi, hanno nello sguardo la stessa attesa inesprimibile di chi vede la meta a un passo eppure ancora non riesce a raggiungerla. L’avvocato provò a farsi eleggere alla Consulta già una volta, nel 2008, e tutti dicono che il magistrato non pensi ormai ad altro da anni, ché la Consulta sarebbe per Violante il perfetto coronamento d’una carriera politica e istituzionale che ha avuto, con la presidenza della Camera, la sua fierissima grandeur. Si rivota oggi. E forse il Parlamento avrà finalmente anche questa strana coppia di giudici costituzionali da esibire.

 

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  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi erasmiana a Nottingham. Un tirocinio in epoca universitaria al Corriere del Mezzogiorno (redazione di Bari), ho collaborato con Radiotre, Panorama e Raiuno. Lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.