Simone Zaza si allena con la Nazionale italiana (foto LaPresse)

Nuovi tipi italiani cercansi, fenomenologia di Zaza

Giuliano Ferrara

Si tratta di Zaza, Simone Zaza. Ovviamente mi piace un frego, e capite subito il perché. Invece che al timone di una Cayenne gira in monopattino con un compagno di gioco (calcio), che si chiama come certi eroi cavallereschi “il Terranova”. Non guida l’automobile. A cena preferisce andare con la mamma, invece che con un’attrice glamour.

Si tratta di Zaza, Simone Zaza. Ovviamente mi piace un frego, e capite subito il perché. Invece che al timone di una Cayenne gira in monopattino con un compagno di gioco (calcio), che si chiama come certi eroi cavallereschi “il Terranova”. Non guida l’automobile. A cena preferisce andare con la mamma, invece che con un’attrice glamour. E’ addirittura single, e odia i pettegolezzi, così pare. Ha 23 anni, è di Policoro (Matera), ha la erre arrotata di un contino. Sembra, pelato e con quella barba, un boia islamista in atto di eseguire la condanna. Look letteralmente da brivido. Poi lo vedi parlare un suo buon italiano, con gli occhioni imbarazzati del bravo ragazzo del Sassuolo chiamato a compiti più grandi della sua circostanza professionale e di vita, a faticare e molto, a dimostrare che ha fame, come dice il Mister (ma perché da noi si dice il Mister, questa volgarità delle volgarità, e non “il capo”, che è di tanto più bello?). Gioca benino, dimenticavo.

C’è bisogno di tipi così. Ci prendemmo una cotta per lo Special One, quando il filosofo di Setùbal, come lo chiama Crippa, rompeva con stile e cattiveria (“zero tituli”) le convenzioni del calcisticamente corretto. Mai avremmo pensato di essere raggiunti da un orco angelicato, da un ragazzone non carino, ma simpatico e amabile, capace di superarci da sinistra e da destra in monopattino, noi e le nostre Ford Focus. Speriamo bene. Speriamo che non si rovini maturando. Che si mantenga non tanto umile, che in quel senso dell’umiltà non ce ne facciamo alcunché, ma modesto, proporzionato a sé stesso, leggero nella parola come nell’accelerazione, e preciso nel dire come nel gol.

 

Nuovi tipi italiani cercansi. Con urgenza. E’ quasi più importante delle riforme e del rapporto tra il deficit e il prodotto interno lordo. Dal punto di vista tipologico, siamo in debito d’ossigeno con la nostra stessa storia, con la nostra letteratura, con la nostra fantastica lingua, con i nostri caratteri, anche quelli più ripugnanti. Reinventarsi e ritrovarsi, un po’ come accadde con Berlusconi, con le sue bausciate generose, il suo egotismo mai ipocrita e mai vanitoso, semmai vanaglorioso. Che palle tutti questi che si “lambiccano il cervello” (espressione del mio vecchio e compianto amico Saverio Vertone) prima di dar tiepido fuocherello alle loro lingue. Che palle tutti questi così consapevoli del loro status, e così poco consapevoli di sé e della verità possibile che li accoglierebbe a braccia aperte, se solo avessero il coraggio di parlare e di apparire e di essere in un modo diverso da come hanno disgraziatamente scelto. Tipini tutti uguali, preoccupati tutti delle stesse cose, nello stesso modo. Ma via, non è per questo che l’Italia è vissuta e vive nei secoli, non è per questo che ha fatto di sé e di Roma il centro della cattolicità, e chissenefrega se lo stato è un rimasuglio di una piccola storia, i tipi, i tipi ci vogliono, i Gran Caratteri della Commedia, e non necessariamente e solo della commedia all’italiana.

 

[**Video_box_2**]Sono polemico con le fiction seriali, e mal me ne incoglie perché mi sento circondato dall’incomprensione e dall’odio, e con i comici facili, da Benigni a Zalone. Sono polemico perché come diceva De Sanctis “ci è il poeta, ma non ci è l’uomo”, insomma manca il contatto tra psicologie individualizzate interessanti e una storia nazionale non riproducibile tecnicamente e serialmente. Se Zaza desse un’intervista in cui dichiara che gli piace Giamburrasca e il libro Cuore, come a Fania Oz nella bellissima intervista sulla Stampa di venerdì della Loewenthal, e non ha tempo di vedere House of cards o Sex and the city, preferisce una passeggiata in monopattino con il Terranova, una proposta di matrimonio gay gliela farei senza indugio, e mi dispiace per Selma.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.