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Perché abolire l'art. 18 vale una medaglia nell'Europa dei Kommissari

Francesco Forte

Gli ultimi dati sull’occupazione in Italia danno una crescita del 3,1 per cento dei nuovi rapporti di lavoro avviati nel trimestre aprile-giugno, cioè 80.590 in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Sono in gran parte ad assunzioni con contratti a termine e di apprendistato a dimostrazione che le riforme basate su una maggiore flessibilità del lavoro creano occupazione.

Gli ultimi dati sull’occupazione in Italia danno una crescita del 3,1 per cento dei nuovi rapporti di lavoro avviati nel trimestre aprile-giugno, cioè 80.590 in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Ciò si deve in gran parte ad assunzioni con contratti a termine e di apprendistato a dimostrazione che le riforme basate su una maggiore flessibilità del lavoro creano occupazione. D’altra parte la manovra di politica monetaria della Banca centrale europea sta generando una riduzione del tasso di cambio dell’euro col dollaro di quasi dieci punti in pochi mesi, da 1,39 a 1,29. E secondo gli analisti è in vista il livello di 1,27. Il ritorno a un cambio normale è destinato a generare una maggiore competitività e quindi una crescita dell’export che sarà tanto maggiore quanto più sarà accompagnata dalla flessibilità del mercato del lavoro, riguardante il contratto principale nel settore industriale, cioè quello a tempo indeterminato. Anche le nuove misure di credito a favore delle imprese, che verranno messe in opera dalla Bce da inizio ottobre, saranno tanto più appetibili per nuovi investimenti produttivi quanto più essi saranno accompagnati da contratti di lavoro flessibili.

 

Chi ha più filo, fa più tela. Che la flessibilità in questione sia essenziale per avere più filo per la tela dell’investimento è dimostrato dal caso di Etihad: è apparso chiaro che essa avrebbe partecipato ad Alitalia, rilanciandola, solo con la “novazione” dei rapporti di lavoro tramite l’inedito contratto di ricollocazione. E’ dunque, questo, il momento giusto per abolire il tabù dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, nella sua attuale interpretazione iper garantista che rende impossibili i licenziamenti individuali. Chi sostiene che questo è un problema secondario o addirittura un falso problema sbaglia di grosso perché i simboli contano. Inoltre la flessibilità del contratto a tempo indeterminato con la possibilità di fare licenziamenti individuali, superando gli ostacoli frapposti dall’articolo 18, ci è stata chiesta ripetutamente dalla Bce. E da ciò consegue che se non adempiamo a questo compito, sarà molto difficile per Draghi sprigionare tutta la potenza di fuoco della politica monetaria che aveva messo in programma e che molti a Berlino, a partire dal ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble contestano. Ciò tanto più ora che a Bruxelles a capo della politica fiscale c’è il Kommissario (con la “K”) finlandese Jyrki Katainen, vigile del rigore per conto di Berlino. Inoltre, come ha osservato il giuslavorista e senatore Pietro Ichino questa strada è ormai obbligata perché nel Jobs Act esiste l’articolo 4 che introduce il nuovo contratto di lavoro generale a tutele crescenti, in cui l’applicazione dell’articolo 18 diventa efficace solo dopo molti anni di lavoro.

 

[**Video_box_2**]Questo articolo per ora è stato accantonato nella discussione della commissione Lavoro del Senato sul Jobs Act. Se esso fosse abbandonato del tutto l’Italia dimostrerebbe di avere fatto un passo indietro, mentre si chiede un passo avanti. E ciò darebbe fondamento alle tesi tedesche secondo cui le politiche espansive della Bce sono pericolose perché inducono i paesi come l’Italia a non fare le riforme. La Spagna – citata come esempio virtuoso da Draghi nel suo intervento alla cena di gala dell’Eurofi ieri a Milano – ha introdotto la norma per cui i contratti aziendali prevalgono su quelli nazionali e quella per cui i licenziamenti individuali possono essere effettuati dalle imprese anche senza autorizzazioni. A noi basta meno. Ci possiamo limitare a varare l’articolo 4 del Jobs Act e a stabilire che i contratti aziendali approvati a maggioranza dai lavoratori possono derogare a quelli nazionali per l’articolo 18, secondo modalità concordate. Diversamente non potremo godere appieno delle misure espansive della Bce, che possono essere dosate in modi diversi e ci sfuggirà un momento favorevole per fare riforme pro crescita, momento non destinato a durare a lungo. Renzi, dunque, avrebbe i mezzi adeguati per indurre il Pd a inghiottire questa pillola. Che, in ogni caso, serve a creare occupazione. Se non ora, quando?