Il presidente francese Hollande e il generale Pierre de Villiers (foto LaPresse)

Parigi alla seconda guerra di Libia

Daniele Raineri

La Francia prepara un intervento internazionale contro i jihadisti.

Roma. Tre anni dopo l’operazione “Harmattan” assieme ai britannici contro il colonnello Gheddafi, la Francia prepara un nuovo intervento militare in Libia, questa volta contro i gruppi del jihad (non si tratta però di un punto d’arrivo inevitabile) e per farlo sta tentando di mobilitare una coalizione internazionale di alleati. Lo scenario è quello della missione a guida francese in Mali, cominciata nel gennaio 2013 e dichiarata finita lo scorso luglio. In quel caso la diplomazia di Parigi si era mossa in anticipo, prendendo contatto con i partner potenziali nelle altre capitali europee a partire dal settembre 2012. Una fonte del Foglio dice che la Legione straniera si starebbe già preparando a un intervento nel paese africano.

 

Ieri l’agenzia di stato turca, la Anadolu, ha detto che l’Algeria sta studiando una richiesta arrivata da Stati Uniti e Francia di “facilitare” le loro operazioni militari contro i gruppi jihadisti in Libia. Una fonte anonima algerina dice ai giornalisti turchi che Washington e Parigi “hanno entrambe chiesto di aprire lo spazio aereo a missioni di sorveglianza e ad altri aeroplani che trasporteranno unità di commando impegnate in ricognizione in alcune parti della Libia”. Il giornale algerino El Watan ieri spiegava che, secondo una fonte dei servizi di sicurezza nazionali, Washington ha presentato una “lista nera” di bersagli in Libia – tutti “capi di formazioni terroristiche” – basata su informazioni molto precise, un lavoro d’intelligence definito “impressionante”.

 

Algeri è la visita diplomatica necessaria per i paesi che vogliono intervenire in Libia. Sabato ad Algeri arriva il capo di stato maggiore francese, il generale Pierre de Villiers, secondo il sito Tout sur l’Algérie. In questi giorni c’è Hakim Belhadj, ex capo del Consiglio delle milizie che garantiva la sicurezza nella capitale libica Tripoli (con un passato di militanza in gruppi jihadisti).

 

[**Video_box_2**]Due giorni fa il ministro della Difesa francese, Jean-Yves Le Drian, ha preparato il terreno all’intervento con una intervista lunga in prima pagina sul quotidiano Figaro intitolata “Noi dobbiamo agire in Libia”, in cui spiega che il sud del paese africano è il nuovo “scalo dei terroristi”, che è necessario “dare l’allarme”, che è una zona di traffici che ospita “forze del male”. Il ministro ha menzionato anche la possibilità di spostare nel sud della Libia il cosiddetto dispositivo di sicurezza Berkhane, 3.000 soldati francesi rimasti nel Sahel dopo la fine dell’operazione in Mali a sorvegliare gli spostamenti dei jihadisti. A pagina tre del Figaro – a fronte dell’intervista con Le Drian – si cita esplicitamente lo scenario “à la malienne”, considerato necessario per un paese come la Libia “in via di frammentazione e sull’orlo dell’implosione”. A nord c’è la guerra civile fra le milizie islamiste e un generale free lance, Khalifa Haftar, che tenta con poco successo di ristabilire l’autorità (la sua, nel caso specifico) con l’aiuto degli Emirati arabi uniti e dell’Egitto. A sud c’è un’area di quasi totale impunità dove i gruppi jihadisti vengono a riorganizzarsi e a comprare armi. “Capi come l’emiro Drougdal o Mokhtar Belmokhtar transitano di lì regolarmente”, dice il ministro francese.

 

Ieri Le Drian era a Milano per partecipare a una riunione dei ministri della Difesa europei e anche per persuadere gli italiani a diventare partner nella futura coalizione militare. Il sito libico Libya Herald dice che gli è andata male, gli italiani hanno risposto che daranno aiuti e soldi e nient’altro.

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  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)