Jean-Claude Juncker con David Cameron (foto Ap)

I socialisti europei hanno un problema di poltrone e di caratura

David Carretta

La Commissione Juncker è pronta, c’è l’equilibrio di genere e di poteri, ma i popolari hanno accaparrato le cariche più importanti.

Bruxelles. Al termine di un faticoso processo di selezione, il presidente designato della prossima Commissione, Jean-Claude Juncker, ieri ha inviato ai governi dell’Unione europea la lista dei “convocati” per la sua squadra. L’approvazione da parte del Consiglio è scontata, visto il lungo negoziato con alcune capitali per strappare almeno nove commissarie. Obiettivo raggiunto: la nomina all’ultimo minuto della polacca Elzbieta Bienkowska, della rumena Corina Cretu e della belga Marianne Thyssen ha consentito a Juncker di raggiungere lo stesso “equilibrio di genere” della Commissione Barroso. Cade così la minaccia di un veto preventivo del Parlamento europeo, che voterà la fiducia a fine ottobre. Juncker annuncerà la distribuzione dei portafogli entro mercoledì. Il più ambito è quello agli Affari economici e monetari, che dovrebbe finire al socialista francese Pierre Moscovici. Con quattro ex premier – l’estone Andrus Ansip, la slovena Alenka Bratusek, il lettone Valdis Dombrovskis e il finlandese Jyrki Katainen – Juncker dovrebbe anche procedere a una ristrutturazione dell’organizzazione del collegio per affidare loro una vicepresidenza e un ruolo politico più forte. Risolto l’equilibrio di genere e di potere, Juncker non è riuscito a trovare un terzo equilibrio: quello tra famiglie politiche. I Socialisti & Democratici europei (S&D), nonostante alle elezioni abbiano recuperato sui Popolari (Ppe), escono nettamente sconfitti dalla corsa per gli “Eu Top Jobs”.

 

[**Video_box_2**]Sotto la guida ferma e discreta della cancelliera Angela Merkel, il Ppe ha strappato tre presidenti per dirigere le massime istituzioni comunitarie e intergovernative: il lussemburghese Juncker alla Commissione, il polacco Donald Tusk al Consiglio europeo e lo spagnolo Luis de Guindos all’Eurogruppo (la sua nomina deve essere ancora formalizzata). I S&D, che inizialmente rivendicavano il Consiglio europeo e l’Alto rappresentante per la politica estera, alla fine si sono accontentati del secondo incarico per Federica Mogherini. E’ stato un modo per riconoscere il peso politico di Matteo Renzi, ma anche il risultato di errori tattici negoziali e della mancanza di candidati di peso. Anche la squadra di Juncker ha una forte impronta conservatrice: 14 candidati commissari sono del Ppe, otto dei S&D, quattro dei Liberali e un Tory britannico. Due vicepresidenti saranno socialisti (Mogherini di diritto e, con ogni probabilità, il ministro degli Esteri olandese, Frans Timmermans). Ma il caso Moscovici mostra che, anche quando ottengono portafogli di peso, i socialisti subiscono la “rule” popolare: l’ex ministro delle Finanze francese, sospettato di troppa flessibilità di bilancio, dovrebbe essere messo sotto la tutela di un vicepresidente rigorista (il liberale Ansip o il popolare Katainen) con diritto di veto.

 

La scusa usata in passato dai socialisti per giustificare la sottorappresentazione non regge più. Con dodici capi di stato e di governo S&D contro undici del Ppe, il Consiglio europeo è molto più a sinistra di cinque anni fa. All’Europarlamento lo scarto di seggi si è ridotto a 30 (221 Ppe contro 191 per S&D). L’insistenza di Renzi per Mogherini ha impedito ai socialisti di ottenere il Consiglio europeo, per il quale erano stati proposti Enrico Letta e la premier danese Helle Thorning-Schmidt. In parte la responsabilità ricade su Martin Schulz, che ha guidato i socialisti alle elezioni e nei meandri dei palazzi brussellesi con la speranza di conquistare la presidenza della Commissione salvo uscire sconfitto. Ma il problema è più profondo: a corto di idee nuove, i socialisti accusano il Ppe per le politiche di austerità, chiedono all’Ue politiche più sociali e flessibilità contro la crisi, ma governano l’Europa in grande coalizione. Dopo la generazione della “Europa rosa” di Blair-Schröder, i socialisti non riescono più a esprimere una classe dirigente di statura internazionale duratura.

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