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S'anima la danza attorno ai debiti sovrani che scricchiolano

Domenico Lombardi

Non solo gli “avvoltoi” argentini. Operatori di mercato e paesi emergenti chiedono regole per le ristrutturazioni.

L’International Capital Market Association (Icma), organizzazione che rappresenta 460 operatori di mercato nel mondo, ha appena pubblicato nuovi standard per alcune clausole contrattuali che gli stati potranno includere nelle loro emissioni obbligazionarie sovrane, segnalando una novità nella gestione delle crisi debitorie in termini di fatti, strategie e interlocutori. Ma prima i fatti.

 

Le nuove clausole standard che l’Icma raccomanda di includere nelle emissioni sovrane dovrebbero facilitare, per i governi colpiti da crisi finanziarie, la ristrutturazione del proprio debito emesso sotto una giurisdizione straniera, per esempio, sulla piazza di Londra o New York. Come nella (miglior) pratica attuale, i cui termini risalgono a circa un decennio fa con l’introduzione delle cosiddette collective action clauses (Cacs), il debitore sovrano potrà continuare a ristrutturare il proprio debito se una maggioranza qualificata dei detentori di tale debito ne accetta i termini. Tale pratica, tuttavia, consente solo di ristrutturare i termini emissione per emissione. Pertanto, è più facile per i fondi “avvoltoio” acquistare a scopo speculativo minoranze di blocco in emissioni obbligazionarie di piccolo taglio così da evitare che una maggioranza qualificata si formi su una proposta di ristrutturazione che include anche quella emissione. Nei casi in cui, al contrario, dovessero emergere maggioranze qualificate tra i detentori di altre emissioni a favore di una eventuale ristrutturazione, inevitabilmente questi ultimi finirebbero per sovvenzionare impropriamente fondi “avvoltoio” accettando nuovi termini meno remunerativi. Ne consegue che l’incentivo ad assumere un atteggiamento costruttivo nella risoluzione della crisi si riduce. Per limitare questa forma di arbitraggio degli speculatori, l’Icma raccomanda di introdurre delle clausole che consentano, a maggioranza qualificata di tre quarti, di ristrutturare i termini per il complesso delle emissioni, così da evitare, o almeno significativamente ridimensionare, il problema delle minoranze di blocco nelle singole emissioni.

 

[**Video_box_2**]In tal senso, tale raccomandazione è analoga a quella già adottata dai governi dell’Eurozona nel trattato costitutivo del Meccanismo europeo di stabilità per i titoli con scadenza superiore all’anno per i quali è possibile procedere, a maggioranza qualificata, alla ristrutturazione simultanea dell’intero stock anziché emissione per emissione. Se ne differenzia, tuttavia, per un aspetto importante: i governi dell’Eurozona emettono titoli di stato prevalentemente nella loro giurisdizione nazionale e, pertanto, hanno a disposizione la facoltà di intervenire anche legislativamente, ove lo ritenessero necessario, come il caso della Grecia mostra. Nel secondo programma di assistenza nel marzo 2012, la Troika concordò che Atene procedesse a una ristrutturazione del proprio debito che, nel frattempo, era cresciuto, in rapporto al pil, oltre ogni previsione. Tuttavia, non riuscendo a compattare l’universo dei creditori sui termini offerti per la ristrutturazione, Atene introdusse unilateralmente e retroattivamente le Cacs sulle emissioni domestiche di titoli del debito così da poter vincolare l’intero gruppo di creditori grazie al sostegno di una maggioranza qualificata. Si autoescluse dall’accordo il 22,9 per cento dei creditori di emissioni di diritto straniero, pari a 6,4 miliardi di euro di titoli (o il 3,1 per cento dell’allora debito pubblico greco). Tali creditori beneficiano tuttora dei termini pre ristrutturazione poiché su di loro il Parlamento greco non ha potuto legiferare. L’intervento dell’Icma, invece, tende a colmare questa zona grigia data dalle emissioni sovrane in giurisdizioni straniere rendendo più difficile il costituirsi di minoranze di blocco, consentendo al debitore sovrano di procedere alla ristrutturazione simultanea.

 

Infine, l’Icma raccomanda una clausola standard tesa a prevenire nuove sentenze che impongano a creditori recalcitranti che abbiano tatticamente rifiutato qualsiasi intesa compromissoria con il debitore sovrano in difficoltà un trattamento privilegiato rispetto a quello concordato con il consenso della stragrande maggioranza dei creditori. Tale raccomandazione va letta alla luce della recente decisione dell’ottantaquattrenne giudice Thomas Griesa del distretto federale meridionale di New York, decisione che ha imposto al Tesoro argentino di provvedere in pieno al pagamento dei creditori “avvoltoio” che avevano acquistato titoli argentini a prezzi stracciati, ignorando, in tal modo, i termini accettati dal rimanente 93 per cento dei creditori che negli anni scorsi avevano aderito a nuovi termini dopo estenuanti negoziati.

 

La lettera dei Nobel a Ban Ki-Moon
Sullo sfondo, è chiaro il disagio dell’Amministrazione Obama per una sentenza che minaccia New York come piazza finanziaria per le emissioni sovrane. E’ singolare che le raccomandazioni dell’Icma siano state “ispirate” da un gruppo informale di lavoro che il Tesoro americano a Pennsylvania Avenue ha formato nei mesi scorsi. Sotto la guida dell’alto funzionario Mark Sobel, che la Casa Bianca sta per inviare come proprio rappresentante al Fondo monetario internazionale, tale gruppo ha riunito esponenti di varie amministrazioni nazionali (ma non l’Italia), rappresentanti del settore privato e accademici, fornendo un inedito esperimento di efficace collaborazione pubblico-privato su queste controverse tematiche. Proprio con l’arrivo del nuovo direttore esecutivo americano al Fmi, l’altra organizzazione di Pennsylvania Avenue guidata da Christine Lagarde potrebbe decidere di elevare il profilo del lavoro che il suo staff ha recentemente avviato in questo campo per marcare la leadership intellettuale e istituzionale in un’area che si sta rapidamente affollando di attori e di iniziative.

 

Martedì prossimo, infatti, 133 paesi emergenti e in via di sviluppo membri del Gruppo dei 77 chiederanno all’Assemblea generale delle Nazioni Unite di votare a favore di una proposta di regolamentare la materia. La richiesta segue di pochi giorni una lettera inviata al Segretario generale da parte di due premi Nobel per l’Economia (Joseph Stiglitz e Robert Solow), dell’ex primo ministro canadese e padre fondatore del G20 (Paul Martin), e di due ex sottosegretari generali delle stesse Nazioni Unite (Kemal Dervis e José Antonio Ocampo). Nella lettera, gli autorevoli firmatari chiedono a Ban Ki-moon che l’Onu si faccia promotore di una conferenza intergovernativa per concordare “una convenzione fra i paesi sulla ristrutturazione del debito sovrano” e offrono la propria disponibilità a “curare la parte scientifica di tale conferenza”. Rimane, infatti, un interrogativo fondamentale circa le proposte dell’Icma: poiché la loro adozione è volontaria e, nel migliore dei casi, occorreranno svariati anni affinché le emissioni sovrane esibiranno queste nuove clausole, chi dovrebbe assumere un ruolo guida nelle crisi debitorie sovrane e sulla base di quali princìpi internazionali?

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