Il frame iniziale del video diffuso dallo Stato islamico che riprende l'esecuzione di Sotloff

La falla di sicurezza nel Califfato

Daniele Raineri

Lo Stato islamico uccide un altro reporter: Steven Sotloff. L’esecutore e il messaggio contro l’America sono come quelli per James Foley, ma il video è stato intercettato (è la seconda volta che succede). Il prossimo della lista.

Roma. Lo Stato islamico ha ucciso davanti a una telecamera anche il giornalista americano Steven Sotloff, due settimane dopo la morte di James Foley. Stessa scena, stesso esecutore, stesso messaggio per l’America che è intervenuta militarmente in Iraq contro il gruppo comandato da Abu Bakr al Baghdadi. Alla fine dei quasi tre minuti appare anche l’ostaggio inglese David Cawthorne Haines, il prossimo sulla lista delle uccisioni, come nel messaggio precedente era apparso Sotloff.

 

Il sistema di distribuzione dei video del Califfato ha una falla nella sicurezza, perché ieri il filmato è stato intercettato da specialisti americani del settore – il gruppo privato Site intelligence che fornisce anche consulenze al governo – prima ancora che fosse distribuito sui canali internet usati dai jihadisti. Era già successa una cosa simile all’inizio di luglio con la prima apparizione in pubblico del capo del gruppo, Abu Bakr al Baghdadi. Era uscita su internet prima ancora che il gruppo avesse il tempo di annunciarla. La necessità di diffondere materiale di propaganda quasi in tempo reale dalla Siria e dall’Iraq si scontra con la sorveglianza dall’esterno sempre più stretta e se un gruppo privato ha avuto il video in anticipo può essere che i servizi segreti che da due settimane danno una caccia spasmodica all’uccisore di Foley abbiano visto di più. Ieri secondo testimoni una ventina di elicotteri ha superato il confine fra Turchia e Siria (il raid americano per liberare Foley a luglio era partito dalla Turchia). Questo nuovo video si intitola: “Un secondo messaggio all’America”. Una fonte del Foglio sostiene che con il video di Foley le cose erano andate diversamente: “Sono passate due ore da quando lo Stato islamico ha messo su internet il video a quando i primi media se ne sono accorti”.

 

Nelle ultime due settimane l’America non ha cambiato linea e ha continuato con i raid aerei sulle posizioni dello Stato islamico in Iraq (circa 120 da quando sono cominciati l’8 agosto). Il presidente Barack Obama ha però frenato sulle voci che definivano imminente un’espansione della campagna aerea anche in Siria. “We don’t have a strategy yet”, ha detto durante una conferenza stampa, non abbiamo ancora una strategia: una frase che è stata criticata, perché tradisce un approccio controvoglia, minimalista e decisamente ritardatario alla guerra dichiarata da al Baghdadi.

 

Una settimana fa Shirley Sotloff, la madre del reporter, aveva chiesto al capo del lo Stato islamico la grazia per l’ostaggio. Nel video, trasmesso dalla tv al Arabiya e sottotitolato in arabo, l’americana si rivolge ad al Baghdadi con il titolo di califfo, ricorda gli esempi di clemenza tratti dalla vita del profeta Maometto e il lavoro di Steve, che nei suoi reportage racconta le sofferenze inflitte dai tiranni ai musulmani.

 

Ora la pressione passa sul governo del primo ministro britannico, David Cameron, perché il prossimo ostaggio è un operatore umanitario inglese. Londra si sente già coinvolta in pieno, perché il jihadista nel video parla con accento di Londra, ma probabilmente non cambierà linea politica.

  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)