Qais al Khazali (Foto AP)

Estreme alleanze

Daniele Raineri

Washington in Iraq dà appoggio aereo alle stesse milizie che hanno ucciso centinaia di americani.

Roma. Domenica un misto di peshmerga curdi, di soldati iracheni e di miliziani sciiti ha rotto l’assedio durato undici settimane della città di Amerli – a metà strada circa tra Mosul e Baghdad – e ha spinto verso nord i combattenti dello Stato islamico. Gli aerei americani hanno aperto la strada agli iracheni con quattro bombardamenti – che rappresentano una percentuale minima sul totale (ci sono stati 120 raid aerei a partire dall’8 agosto). L’inviato speciale di Obama in Iraq, Brett McGurk, ha definito l’operazione “heartening”, rincuorante. E’ il primo, limitato successo militare ascrivibile anche al governo iracheno, e non soltanto ai curdi, contro il gruppo sunnita di Abu Bakr al Baghdadi.

 

Sul campo sventolano le bandiere delle milizie fanatiche sciite che durante l’ultima guerra (tra il 2005 e il 2011) sono state finanziate e armate dall’Iran per combattere gli americani. Si tratta di gruppi che ora appoggiano l’esercito regolare e hanno un’ideologia fortemente anti sunnita: la Brigata Badr, le brigate Hezbollah (da non confondere con quelle libanesi, anche se il modello è lo stesso), la Lega dei giusti (Asaib al Haq) e la brigata del Giorno promesso (Liwa al Youm al Mawud, con riferimento all’Apocalisse). Negli anni della guerriglia erano chiamate tutte con lo stesso nome, per comodità: “Gruppi speciali”.

 

Molti degli uomini di queste brigate sciite sono appena tornati dalla Siria dove combattevano a fianco dei soldati del presidente Bashar el Assad, scrive il Guardian che ha mandato un inviato tra loro. Quando esattamente un anno fa l’Amministrazione Obama minacciò di bombardare la Siria dopo il massacro chimico compiuto dall’esercito alla periferia di Damasco, i gruppi speciali iracheni annunciarono attentati contro l’America per rappresaglia.

 

Ieri il primo ministro uscente Nouri al Maliki è arrivato ad Amerli a festeggiare la vittoria tra queste milizie. Maliki è stato costretto ad abbandonare l’incarico il mese scorso perché è considerato troppo divisivo e troppo sbilanciato a favore degli sciiti e contro i sunniti, ma non ha rinunciato ai toni incendiari davanti alla telecamera di Iraqia tv.

 

Il primo ministro (quasi ex) ha detto che  Amerli è stata una “seconda Karbala”, che è un riferimento esplicito alla battaglia fondante del culto sciita nel Settimo secolo, quando Hussein affrontò in combattimento un esercito più numeroso del suo. Poi ha aggiunto: “L’Iraq sarà tutto un cimitero per lo Stato islamico”. Attorno a lui la folla cantava: “Sacrificheremo tutto per te, o Hussein!”.

 

L’Amministrazione Obama aveva accettato di intervenire in aiuto del governo di Baghdad a condizione che Maliki fosse rimosso, proprio per evitare questo genere controproducente di retorica anti sunnita – già pronta per finire nel prossimo video di reclutamento dello Stato islamico. Il caso di Amerli era però disperato e richiedeva appoggio aereo urgente, non era possibile aspettare la scadenza ufficiale del 9 settembre, giorno entro cui sarà annunciata la nuova squadra di governo a Baghdad. I raid americani su Amerli, inoltre, sono ormai ingiustificabili soltanto con la spiegazione ufficiale del governo americano, che autorizza le operazioni in Iraq per la necessità di proteggere la vita del personale americano (Amerli è lontana e isolata nella provincia di Salaheddin).

 

A luglio, durante una conferenza a Londra, l’ex generale David H. Petraeus – il più rispettato comandante militare americano quando si parla di Iraq – aveva ammonito: “Non possiamo diventare l’aviazione delle milizie sciite”. “Se l’America interverrà in Iraq, dovrà essere per appoggiare un governo che lotta contro gli estremisti, non una delle due parti in una guerra civile fra sciiti e sunniti”. Petraeus a luglio non negava del tutto la possibilità di raid aerei americani, ma diceva che il governo di Maliki non soddisfaceva le condizioni necessarie per intervenire.

 

Il capo di una delle milizie più pericolose – la Lega dei giusti – è Qais al Khazali. Una volta disse nella prima intervista a un media non iracheno (il giornale al Akhbar) che il suo gruppo, assieme ad altre fazioni della “resistenza”, ha “sconfitto gli americani, ne ha ucciso centinaia e li ha distrutti dal punto di vista del morale, costringendoli a una ritirata graduale per salvare la faccia”. “Abbiamo fatto 6.035 operazioni durante gli anni dell’occupazione americana. Persino il comandante delle loro forze, il generale Ray Odierno, ha detto che il 73 per cento delle sue perdite è stato causato da milizie sciite” (vero, ma soltanto a un certo punto della guerra: il resto delle perdite fu inflitto dai gruppi sunniti precursori dello Stato islamico). Altre risposte nell’intervista erano dedicate a distruggere l’illusione di una indipendenza curda o di una maggiore libertà per i sunniti. Khazali parlava così nel gennaio 2012.

  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)