La sede di Confindustria (Foto Lapresse)

Quando il silenzio è d'oro

Redazione

C’è un capitalismo che parla e chiede poco ma guadagna di più

A parlare poco e senza agitarsi troppo  si guadagna di più. E’ quasi un rapporto di causa-effetto a guardare i risultati delle multinazionali di casa nostra o almeno quelle che si sono tenute a debita distanza dalla politica. C’è un capitalismo che non pretende aiuti perché opera fuori da settori protetti, compete sul mercato globale, acquista marchi, studia e lancia nuovi prodotti. Un nocciolo di aziende, già definite su questo giornale “lepri coraggiose”, che ha tenuto a galla il paese in questi ultimi vent’anni, si è tenuto lontano dalla crisi e certo non si è fatto portatore di querimonie incessanti all’indirizzo del governo. Gli esempi spesso citati sono la riservatissima famiglia Ferrero che è diventata la più ricca d’Italia (20 miliardi di euro) vendendo dolciumi su scala globale.

 

Oppure Leonardo Del Vecchio, fondatore della multinazionale Luxottica, che da due anni guida la classifica degli imprenditori più liquidi di Piazza affari (15 miliardi) e se si dimentica lo scivolone su “Grillo premier? Perché no” ha cercato di non farsi coinvolgere troppo dal Palazzo, al punto da entrare in conflitto con un suo top manager, Andrea Guerra, anche perché corteggiato dal premier Renzi, si dice. Il coinvolgimento nella vita politica attraverso la Confindustria, congiuntura difficile a parte, non ha giovato al business famigliare di dinastie imprenditoriali che hanno guidato con loro esponenti l’associazione degli imprenditori: dai siderurgici Lucchini e Marcegaglia fino ai Merloni, leader degli elettrodomestici in Europa, che lo scorso luglio hanno ceduto all’estero il controllo della Indesit.

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