Alma Tadema, “Le rose di Eliogabalo”, 1888, Particolare. Messico, Collezione Pérez Simón

Andiamo al dunque

Cogli la sua rosa d'amore

Camillo Langone

L'ultima puntata della rubrica "Andiamo al dunque". Guida ragionata all’offerta floreale (dal modello Lindsay Lohan a D’Annunzio) e ad altre follie meno caduche, per esempio dove portarla in una fuga erotica.

Di cosa vivono i fiorai ora che il culto dei morti sta svanendo con la cremazione di massa e il corteggiamento romantico è diventato più raro della foca monaca? Non credo di addobbi per matrimoni in chiesa, o di omaggi alle puerpere… I fiorai incorniciavano la morte e la vita, ora la morte viene nascosta e la vita è liquefatta, mobile, in un flusso di giorni tutti uguali e di incontri non decisivi diventa difficile fissare un momento sul quale investire. Sarà un atavismo, sarà un passatismo, ma alle donne ricevere fiori in regalo piace. Però nessuno glieli regala. (Ovviamente non considero un regalo degno di questo nome la rosa sporca acquistata dall’ambulante molesto pur di toglierselo di torno. Il cui prezzo, per giunta, è stato contrattato e pagato davanti alla dama). Il Dottor Amore, sempre alla ricerca di rimedi all’asessualità contemporanea, suggerisce pertanto la piccola follia di un mazzo di fiori. La spesa è abbordabile, l’esito non garantito ma nemmeno improbabile. E poi, come diceva il Professor Boccaccio, “meglio fare e pentirsi che non fare e pentirsi comunque”. Regalare fiori non è così facile, le variabili sono numerose, innanzitutto bisogna fare i conti con la disponibilità di fiori del fioraio e con la personalità dell’amata. Trenta rose rosse fanno colpo più o meno su tutte ma dopo il primo impatto potrebbero far sospettare una doviziosa serialità. E ci sono poche cose più anti erotogene della sostituibilità. Sono pertanto da preferire i mazzi personalizzati, che dimostrino attenzione alla specifica persona. La donna estetizzante, baudelairiana nel senso di lusso, calma, voluttà, insomma una donna capace di congiungersi tenendo addosso i gioielli per il piacere di sentirli tintinnare, apprezzerà fiori esotici e bizzarri: ai recisi potrebbe addirittura preferire un’orchidea viva. Sempre che abbia il tempo di accudirla (quaranta o più ore settimanali di lavoro extradomestico sono nemiche dell’amore fisico così come delle orchidee, temo). Parlando di bulbose, più resistente all’incuria è senza dubbio il giacinto, fiore però troppo ingenuo. Molto lunga è la strada fra un giacinto e il dunque, un poco più corta quella fra il dunque e l’amaryllis. La donna hollywoodiana, nel senso di Hollywood Babilonia, applaudirà mazzi monumentali di rose bianche o rosa capaci di farla sentire Lindsay Lohan fotografata da Terry Richardson allo Chateau Marmont. La donna a cui piace definirsi solare, e che a volte perfino lo è, gradirà girasoli, gerbere variopinte, margheritoni. La donna colta e melanconica amerà la gardenia il cui bianco abbagliante si corrompe prestissimo ma che proprio all’apice della corruzione emana il profumo più intenso. Camelie e peonie sono per donne carnali, viceversa le calle si situano fra perversione (Robert Mapplethorpe insegna) e disincarnazione minimal: da non osare se non si è sicurissimi del fatto proprio. Alla battistiana si regalino fiori di pesco. Alla dannunziana fiori di mirto (trovandoli). Alla languida ranuncoli. Alla ragazza fuorisede i fiori e il vaso per i fiori, siccome è difficile che ne possieda uno. Alla iper romantica fiori colti lungo la strada e deposti sulla sua soglia con un biglietto. Alla fiorentina si regalino gigli: se non afferra il nesso spiegarglielo, se continua a non capire cambiare destinataria. A nessuna, mai, nemmeno a marzo, mimose. Puzzano, sporcano, e l’uomo che si piega a compiere un simile omaggio dimostra il cieco conformismo di chi a Natale regala stelle di Natale, oltre che un avanzato stato di femminilizzazione. E cosa se ne fa una femmina di un femministo?

 

Piccola follia, follia di un’ora, quella dei fiori. Adesso verrei a follie un poco più lunghe, follie da due, tre, quattro giorni. Continuo a usare la parola follia perché sono consapevole di quanto ragione e amore fisico abbiano poco a che fare. “Nessuno è mai riuscito a fare un figlio ragionevolmente” scrive il Professor Céline. “La procreazione, che lo si voglia o no, si basa su una certa follia pulsionale che produce la vita” dice Padre Zanotti-Sorkine. Non vi interessa la paternità, anzi la sfuggite accuratamente? Cambia poco: l’amplesso è prodotto dalla medesima follia pulsionale, che va cercata e sfruttata. Necessaria follia è andare via, uscire da se stessi, dalle proprie abitudini, dalla propria casa. E fare uscire anche lei da tutto ciò. In teoria si può andare dappertutto, in pratica è meglio non andare a Spoleto, specie durante il festival. Perché “nelle strade e nelle piazze tutte storte c’è una tale congerie di persone omosessuali e anche no”, scrive Giuseppe Berto nel “Male oscuro”, e negli ultimi cinquant’anni le cose senz’altro non sono migliorate. Il Professor Girard, il sommo antropologo, ha descritto i rischi del gregarismo, il Professor Rizzolatti, lo scopritore dei neuroni specchio, la potenza dell’imitazione: è quindi saggio sfuggire rassegne liriche, sfilate di moda, fiere di alto antiquariato e altre concentrazioni di nervi mal protesi. Però almeno con la dama un poco empatici bisogna esserlo, e prenotare di conseguenza. Le mie ricerche mi hanno portato a suddividere la popolazione femminile in criofile ed eliofile. Per le prime (“Vorrei essere portata al freddo, è più bello spogliarsi”) la fuga d’amore non può che avere come meta il nord, e quindi Scozia, Irlanda, San Pietroburgo, Alpi, laghi, brughiere, castelli, baite fra i boschi, rifugi sperduti, slitte trainate da cavalli, caminetti accesi… Per le seconde destinazione indispensabile è il sud e quindi barche (potendo), cabrio, biciclette in pineta, Cinque Terre, isole o penisole, Capri o Costiera, ristoranti sulla spiaggia… Solo Venezia, in virtù della sua natura ambigua, riesce a mettere d’accordo eliofile e criofile: meglio se in bassa stagione e a patto di spostarsi in motoscafo anziché in vaporetto. Ho constatato, e francamente non me lo aspettavo (ma un ricercatore deve sempre preferire la realtà alle proprie idee), che poco favorevoli all’amore fisico sono le spa, giudicate troppo funzionali, quasi ospedaliere, e del tutto sfavorevoli sono i design hotel, per la loro sconsolante freddezza. Prenotate quindi un albergo di charme, con i migliori auguri del Dottor Amore.

 

Fine. Le sette precedenti puntate della serie estiva “Andiamo al dunque” di Camillo Langone sono disponibili su www.ilfoglio.it

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  • Camillo Langone
  • Vive tra Parma e Trani. Scrive sui giornali e pubblica libri: l'ultimo è "La ragazza immortale" (La nave di Teseo).