Militanti di Hamas (foto Ap)

Israele sta eliminando i capi militari di Hamas, ma non i razzi

Daniele Raineri

Secondo il giornalista Ehud Yaari della rete Channel 2, Hamas sta però sparando l’ultimo 25 per cento della sua riserva di razzi e si tratta per questo motivo di una guerra che va verso un esaurimento tecnico.

La guerra tra Israele e Hamas è forse finita fuori dall’attenzione dei media, ma sul campo è arrivata al quarantacinquesimo giorno se non si contano le tregue effimere mediate dagli egiziani. Ieri il gruppo palestinese ha sparato un numero record di razzi, 168 in un giorno solo, dalla mezzanotte al momento in cui questo giornale è andato in stampa. Hamas ha battuto il precedente record di 155 ottenuto nelle settimane scorse e ha dimostrato che la capacità di lanciare verso Israele è ancora intatta come nei giorni iniziali del conflitto. Dall’altra parte, anche grazie alle batterie del sistema Iron Dome, non ci sono state vittime. Secondo il giornalista Ehud Yaari della rete Channel 2, Hamas sta però sparando l’ultimo 25 per cento della sua riserva di razzi e si tratta per questo motivo di una guerra che va verso un esaurimento tecnico, se non si troverà prima un’improbabile soluzione politica.

 

Prima dell’alba di ieri i missili israeliani hanno distrutto un edificio di 4 piani a Rafah, nel sud della Striscia, e hanno ucciso tre importanti comandanti militari di Hamas, assieme ad altre tre persone. Il giorno prima otto bombe avevano centrato una casa dove si pensa fosse presente il capo militare più alto in grado di Hamas, Mohamed Deif, che tra le altre cose è il pianificatore della strategia dei tunnel per lanciare assalti dentro il territorio israeliano. La guerra attraverso i tunnel è un escamotage su cui Hamas ha investito molte risorse e dovrebbe sostituire i razzi sempre meno efficaci perché superati dalla tecnologia. La moglie e una figlioletta di Deif sono morte, ma non è ancora chiaro se lui è sopravvissuto o se il suo corpo deve essere ancora recuperato dalle macerie.

 

L’uccisione di quattro leader militari di Hamas in due giorni apre una crisi senza precedenti al vertice del gruppo, dicono in televisione gli analisti israeliani, che aggiungono che non si è trattato di bombardamenti basati su informazioni Humint, quindi provenienti dal network clandestino di palestinesi che collabora con Israele da dentro Gaza. Questa è una precisazione difficile da smentire, ma in ogni caso è chiaro che lo Shin Bet ha informazioni accurate sugli spostamenti dei leader. Forse il meeting dei tre capi a Rafah è stato una conseguenza del bombardamento contro Deif del giorno precedente, e se questo fosse vero allora vorrebbe dire che l’intelligence israeliana ha trovato il modo di penetrare le misure di sicurezza rigorose del gruppo palestinese e di agire in tempo reale.

 

Tra i razzi di Hamas e i bombardamenti israeliani, la possibilità di un compromesso appare irreale: il gruppo palestinese chiede la fine del contenimento-assedio militare della Striscia di Gaza e il governo di Gerusalemme chiede il disarmo dei palestinesi. Sono due richieste che le parti considerano mutualmente inaccettabili.

 

Ieri una ong israeliana ha chiesto agli Stati Uniti di convincere la Turchia a estradare un leader di Hamas che vive in Turchia e che ha rivendicato la responsabilità del gruppo nell’uccisione a giugno di tre giovani (due israeliani e un americano) rapiti vicino a Hebron. L’uomo di Hamas, Saleh al Arouri, è apparso in un video mentre benedice il rapimento compiuto dalle brigate Qassam – l’ala militare del gruppo.

 

Ieri a Rafah migliaia di persone hanno partecipato ai funerali dei tre leader di Hamas uccisi, Mohammed Abu Shamala, Raed al Attar e Mohammed Barhoum. Raed al Attar appare brevemente nel video del rilascio del soldato israeliano Gilad Shalit. Shamala era il comandante di tutto il settore sud della Striscia e aveva partecipato ad almeno quattro grandi operazioni contro soldati israeliani a partire dagli anni Novanta.

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  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)