Il premier Matteo Renzi (Foto Lapresse)

Due sentinelle sul Colle

Renzi da Napolitano e l'euro-botta economica d'agosto da parare

Redazione

“Tutto bene, bisogna andare avanti”, dice il premier. FI drammatizza sui “troppi poteri forti” contro l’Italia.

Roma. Alle 18 e 30 ha lasciato Palazzo Chigi e ha preso la via del Quirinale dove ad attenderlo c’era Giorgio Napolitano, il presidente della Repubblica che, come lui, come Matteo Renzi, non ha ferie in programma, nessuna lunga assenza da Roma. “Siamo qui e lavoriamo”, dicono gli staff dei due palazzi. E insomma il presidente del Consiglio e il presidente della Repubblica, questi due uomini così distanti per carattere e biografia, sembrano aver raggiunto un equilibro e una sintonia che devono aver sorpreso entrambi, non soltanto gli osservatori esterni. Ed entrambi, ieri, infatti, dopo un lungo colloquio che ha costeggiato il grande tema della crisi, degli interventi urgenti, delle riforme, ma anche la questione intricata delle nomine europee (dossier Federica Mogherini) in vista del vertice di fine agosto, i due presidenti hanno voluto manifestare pubblicamente un ottimismo della volontà. “Va tutto bene”, dice dunque Renzi, “l’Italia non è un osservato speciale”, ha spiegato il premier riferendosi anche al suo incontro con Mario Draghi, lunedì, al vertice segretissimo svelato dal Corriere dell’Umbria. “Tutto bene, ma bisogna andare avanti”, anche dopo le poco incoraggianti stime di crescita pubblicate dall’Istat la settimana scorsa, e dopo gli ultimi calcoli resi noti ieri dalla Banca d’Italia: il debito pubblico ha raggiunto un nuovo record, è aumentato di 2,1 miliardi di euro. “Non si può dire che l’Italia non ha una strategia, una visione, un orizzonte. Sostenerlo significa avere scarsi rapporti con la realtà”, ha insistito Renzi, riferendosi ad alcune critiche sussurrate, a un mormorio insistente che arriva da Bruxelles e che il centrodestra ha raccolto, intenzionato, com’è il partito di Silvio Berlusconi, così almeno sembra, a stringere col Pd un patto ancora più ampio e vincolante: “Se le Camere non fossero chiuse, ci sarebbero tutte le ragioni per chiedere al presidente Renzi di venire a riferire in Aula”, dice Renato Brunetta. “Non per drammatizzare ma, anzi, per rassicurare gli italiani. Troppi segnali, troppi poteri forti contro il nostro paese. E rispetto a questo attacco concentrico evidentemente il simpatico attivismo, ma anche la solitudine di Renzi non bastano”.

 

Ed è anche di questo che, dicono, Renzi, ieri, alla fine, ha parlato con Napolitano. Il presidente del Consiglio ha l’obbligo del sorriso. E la spavalderia, la sicumera, un certo modo baldanzoso di condursi, gli stanno addosso come una seconda pelle. Ma anche a Palazzo Chigi adesso avvertono l’alito contundente di un establishment divoratore di governi. E riconoscono che il debito pubblico rischia di essere il vero grande limite alla sovranità nazionale. Dunque, più che mai, nei marosi, è necessario il contrafforte del Quirinale: l’ultimo sforzo del presidente vegliardo, lui che a Renzi dispensa consigli, “le riforme istituzionali sono una conquista”, dice Napolitano. Una guida anche nell’attrazione fatale con Silvio Berlusconi, quel patto del Nazareno che per Renzi rappresenta insieme una sicurezza e un rischio, un’opportunità e un pericolo, perché la relazione con il Caimano rimane esposta ai morsi rabbiosi di una sinistra politica e intellettuale composta da reduci affezionati alla guerra dei vent’anni, un mondo che ha vissuto e vive della guerra al Cavaliere, e che intravvede la propria fine, definitiva, certa, nell’abbraccio tra Renzi e il mostro di Arcore, nella pacificazione, nel superamento, nell’andare oltre.