Perché gli sceriffi del Missouri sono equipaggiati come navy seal in missione

Non si sa se la polizia di Ferguson, nel Missouri, abbia mai sperato di vincere la battaglia delle immagini e delle pubbliche relazioni. Di certo nella quinta notte di scontri dopo la morte di Michael Brown l’ha persa.

Non si sa se la polizia di Ferguson, nel Missouri, abbia mai sperato di vincere la battaglia delle immagini e delle pubbliche relazioni. Di certo nella quinta notte di scontri dopo la morte di Michael Brown l’ha persa. Le immagini della sproporzione fra le forze dell’ordine e i manifestanti con le braccia alzate hanno rimpiazzato il soggetto originale della vicenda, diventando una storia a sé, parallela rispetto alle circostanze che hanno portato all’uccisione di un 18enne afroamericano da parte di un agente. I poliziotti hanno presidiato le strade della cittadina in assetto da guerra, con equipaggiamenti  e mezzi più simili a quelli usati in Afghanistan che ai manganelli, agli scudi, ai lancia-lacrimogeni dell’armamentario antisommossa classico. C’erano blindati con la mitragliatrice sulla ralla che la gente chiama “tank”, e non sbaglia di molto; squadre di Swat con fucili M-16, tenute mimetiche, maschere antigas, visori notturni, fucili di precisione, barriere mobili montate su cingoli.

 

I manifestanti rispondevano con pietre, bottiglie e molotov (le armi da fuoco in città non mancano di certo, ma nella maggior parte dei casi i manifestanti di presentano disarmati e con le mani in alto, come “Big Mike”, almeno stando all’unico testimone dell’omicidio che  ha parlato finora). Nubi di gas lacrimogeni si sono levate in tutto il sobborgo che da giorni è in rivolta, sui social sono comparse decine di immagini dei lividi provocati dai proiettili di gomma che la polizia spara per disperdere la folla. Le fotografie che pubblichiamo in questa pagina sono alcune delle testimonianze del nuovo registro narrativo che si è innestato sulla rivolta del Missouri. “E’ difficile immaginare come ufficiali in assetto da guerra in quelli che sembravano nidi per cecchini possano pensare di placare le tensioni di una comunità imbestialita dall’eccessivo uso della forza”, scrive il New Yorker.

 

Barack Obama ieri dall’isola di Martha’s Vineyard ha ricordato l’obbligo della polizia di “essere aperta e trasparente” nelle indagini e sulla propria condotta e allo stesso tempo ha detto che quello che sta succedendo “non può mai essere una scusa per usare la violenza”. Il dipartimento di Giustizia e l’Fbi nei prossimi giorni terranno la Casa Bianca aggiornata sulle indagini indipendenti che sono state disposte. L’elemento razziale – che secondo i manifestanti è il movente dell’omicidio, ma la polizia ha una versione diversa – ha fatto saltare i nervi della città, la militarizzazione dello scontro ha trasformato la tensione in rabbia organizzata. Dopo la quinta notte, alla recrudescenza dell’antico male della segregazione nell’America profonda si è aggiunto l’elemento della sproporzione delle forze: è un fatto di potenti contro diseredati, oppressori contro oppressi, mitragliatori contro pietre, popolo contro stato, dinamica che ricorda più piazza Tahrir che la Birmingham degli anni Sessanta. Non a caso Twitter, che restituisce le vicende con il suo ritmo forsennato e carico di emotività, pullula di confronti fra le immagini del Missouri e quelle delle rivolte arabe contro gli eserciti senza legge manovrati da regimi repressivi. I due giornalisti arrestati (e rilasciati poche ore dopo senza accuse) fra mercoledì e giovedì per non essersi allontanati dal McDonald’s in cui avevano trovato riparo sono un’ulteriore aggravante. Inevitabile notare che il Washington Post ha subìto l’arresto di due giornalisti quest’anno: uno a Teheran e uno in un sobborgo di St. Louis.

 

La potenza bellica esibita a Ferguson sta unendo un composito fronte che va dagli hacker anarcoidi ai politici libertari agli attivisti per i diritti civili e liberal di ogni specie. Russia Today cavalca a rotta di collo gli scontri per mostrare la vera natura della nazione che vuol dare lezioni di democrazia a Putin.  Il collettivo Anonymous ieri ha identificato il poliziotto che ha ucciso Big Mike, ma la polizia non conferma, limitandosi a dire che in questo momento si trova in ospedale per curare un trauma causato dalla colluttazione con la vittima (e che la colluttazione ci sia stata o meno è la grande discriminante della vicenda). Il senatore Rand Paul ha scritto ieri su Time che “le immagini e le scene che continuiamo a vedere a Ferguson assomigliano più a una guerra che a una tradizionale azione di polizia”, ed è parte di un trend consolidato. Nel libro “The Rise of the Warrior Cop” Radley Balko spiega che “la guerra alla droga e l’antiterrorismo dopo l’11 settembre hanno creato una nuova figura, il ‘poliziotto guerriero’”, rifornito ancor più copiosamente di armi da guerra dismesse dopo il ritiro delle truppe dall’Afghanistan e dall’Iraq. Gli arsenali a disposizione del governo federale vengono distribuiti a pioggia sulle forze di polizia locali, dando origine a figure a metà fra lo sceriffo della contea e il ranger in missione contro i talebani.

 

Il mese scorso un’inchiesta del New York Times ha svelato le armi automatiche e i mezzi blindati che arrivano in angoli d’America dove non si vede un omicidio da anni. In tutto il paese si sono moltiplicate le squadre di Swat: nella maggior parte dei casi non c’è alcun bisogno di teste di cuoio ma quando ci sono i mezzi a disposizione le forze dell’ordine sentono il bisogno di usarle. In certi casi si tratta di un’indicazione dall’alto, non di una scelta, ma nel caso di Ferguson è possibile che l’eccesso sia dovuto a una combinazione di fattori. Kara Dansky, analista dell’Aclu, dice che ci sono tre programmi federali che regolano la redistribuzione del materiale bellico inutilizzato alle forze di polizia. Uno è gestito dal Pentagono, uno dal dipartimento di Giustizia e l’ultimo dal dipartimento di Sicurezza nazionale. Per almeno uno dei tre programmi l’autorità federale impone al dipartimento di polizia che riceve armi da guerra di usarle entro un anno. Nel tempo i mezzi sono stati usati “sempre di più per pattugliamenti ordinari”, contribuendo alla militarizzazione della polizia che, in casi come  Ferguson, genera effetti anche peggiori dei problemi che tenta di risolvere. E la tendenza ha modificato la natura del poliziotto così come l’ha definita il professore di legge Glenn Reynolds: un agente “chiamato a proteggere i cittadini e a mantanere l’ordine riducendo al minimo l’uso della forza”.

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