Il diritto al figlio (gratis) e lo strano boom dell'eterologa del Corriere

Roberto Volpi

La fretta del ministero a dichiarare la materia “essenziale”, come un qualunque farmaco salvavita, da assicurare a quanti ne fanno richiesta, la dice lunga su dove sia andato a parare il criterio di “essenzialità” in medicina. Di precipizio in precipizio, non sarebbe il caso di fermarlo prima che finisca in barzelletta?

Naturalmente si può sempre sostenere che l’inserimento della fecondazione eterologa nella lista dei Lea, ovvero quelle prestazioni medico-sanitarie che nel loro insieme definiscono i Livelli essenziali di assistenza, era in certo senso obbligata dopo la sentenza della Corte costituzionale che dichiarava che “avere figli è espressione della fondamentale libertà di autodeterminarsi” e che pertanto il divieto dell’eterologa previsto nella legge 40 genera “discriminazioni in base alla capacità economica” dei cittadini. D’accordo, ma la fretta del ministero a dichiarare la materia “essenziale”, come un qualunque farmaco salvavita, da assicurare a quanti ne fanno richiesta, la dice lunga su dove sia andato a parare il criterio di “essenzialità” in medicina. Di precipizio in precipizio, non sarebbe il caso di fermarlo prima che finisca in barzelletta? (Se già non c’è finito, e io credo proprio di sì, visto e considerato che sono 5.700 le prestazioni considerate essenziali, vale a dire tutte quelle attuali più altre rimaste a sonnecchiare nella lista in attesa che qualcuno ci punti contro il dito meravigliato: toh, e queste che ci fanno ancora qui?). Insomma diritto al figlio e perfino qualcosa di più. Diritto al figlio gratis o sostanzialmente gratis, giacché questo significa l’inserimento dell’eterologa nei Lea: che non potrà che essere gratis o, al massimo, sottoposta a moderato ticket alla portata di tutte le tasche.

 

Viene da sorridere a ripensare agli austeri fondi di Giavazzi sul Corriere. L’autorevole economista vorrebbe che chi ha i soldi si pagasse di tasca propria le prestazioni sanitarie – semmai in un regime di tasse più basse. Ora pure i figli in “provetta eterologa” si avviano alla gratuità – mentre quanti ricorreranno all’eterologa, bando alle ipocrisie, costituiscono uno spaccato nient’affatto rappresentativo, perché più alto, della struttura socio-economica e professionale della popolazione. Ma è proprio il Corriere, del resto, l’alfiere del pensiero in grande in materia. Ieri, per esempio, sentenziava di “20 mila coppie italiane che vanno all’estero per poter fare la fecondazione eterologa”. Informazione di sterminata, e incomparabile, vaghezza. Lo stesso Osservatorio sul turismo procreativo non stima in più di 4 mila le coppie italiane che si rivolgono annualmente all’estero per trattamenti di Pma, delle quali duemila – duemila, non 20 mila – per sottoporsi all’eterologa.

 

Ci si avvia a un’annata demografica da piangere, in Italia. Chissà se arriveremo a mezzo milione di nascite chiamiamole pure “ordinarie”, roba da cancellazione del paese dalle mappe demografiche, ed ecco che sembra tutto uno sgomitare per arrivare in Italia all’exploit demografico medicalmente assistito per via eterologa. E’ chiaro che si cerca in ogni modo di suscitarlo, assistendolo come un cucciolo, sollecitandolo e stimolandolo, questo exploit, se non fosse che non è così exploit come già ce lo raccontano coloro che da una parte parlano del 15 per cento – minimo – di coppie infertili cui venire incontro, e dall’altro parlano di una fecondazione eterologa che costerebbe addirittura meno di quella omologa. Ora, si da il caso che le donne italiane nate nel 1960, e dunque uscite dal periodo fertile da pochi anni, siano rimaste senza figli – stimava l’Istat – nella misura del 14 per cento, ovvero in una proporzione addirittura inferiore al tanto sbandierato tasso d’infertilità.

 

E questo mentre non meno di un terzo di loro i figli non li ha voluti, pur potendoli avere. Anche gonfiare il fenomeno dell’infertilità (definita come un anno di rapporti liberi senza concepimenti – capirai la scientificità) fa parte del gioco. Fa parte del gioco dire dell’eterologa che costava un mucchio di soldi quando si doveva andare all’estero mentre costerà una quisquillia ora ch’è consentita pure in Italia. Né il gioco si ferma qui. Che occorre per far partire l’eterologa? Ma proprio niente, assicura Giuseppe Tesauro, presidente della Corte costituzionale. Che si cominci pure, ma quali vuoti legislativi e d’altro conio. Tesauro mostra di non avere idea di quel che comporta l’eterologa in mano a venti regioni. Non gli si può chiedere tutto. Meraviglia piuttosto la faciloneria di Enrico Rossi, che pure è stato un buon assessore alla Sanità, prima di essere presidente della Giunta regionale toscana. A entrambi consiglio di leggersi Assuntina Morresi, sempre sul Corriere di ieri: in dieci righe liquida il pressappochismo imperante in materia. Sempre che non si intenda trasformare la corsa verso l’eterologa in Italia nella discesa dell’Armata Brancaleone verso il feudo di Aurocastro, nelle medievali Puglie. Dove per un pelo non ci rimettono letteralmente le chiappe, i nostri prodi.

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