Anna Finocchiaro e Maria Elena Boschi festeggiano dopo l'approvazione del ddl riforme (Foto Lapresse)

E tanti saluti

Mario Sechi

Mentre Alitalia decolla all’estero, il Senato va in pensione. Senza rimpianti.

Tanti saluti. Senza rimpianto. Se volete un simbolo del sottovuoto spinto italiano, date con fiducia il vostro bagaglio ad Alitalia. Arriverà a casa qualche giorno dopo di voi, previa sosta in un deposito, dove sono stivate le (dis)avventure di un paese a sovranità sindacale illimitata e spinta riformatrice limitata. E’ venerdì 8 agosto 2014, data della fine (?) di un equivoco durato vent’anni: Alitalia passa a una compagnia degli Emirati Arabi. Volare per gli italiani è cantare i versi di Mimmo Modugno, non far funzionare una compagnia aerea. Tanti saluti. Senza rimpianto. E sciopero.

 

Giorno della svolta, venerdì. Mentre Alitalia decolla all’estero, il Senato della Repubblica va in pensione. Non è casuale che l’estinzione della veneranda istituzione sia opera di un manipolo di giovani sciacquati in Arno che nutrono dickensiane grandi speranze. Per loro la riforma del Senato è Gerovital: Matteo Renzi esce dall’angolo del ring dopo la botta del pil, Maria Elena Boschi sorride in Cinemascope e mette la firma sulla rottamazione. Tanti saluti. Senza rimpianto.

 

L’epilogo è chiaro fin da sabato 2 agosto, quando quel vecchio lupo di mare di Gigi Zanda annuncia: “Finiamo l’8 agosto! Pausa domenica è ragionevole”. Un po’ di riposo prima dell’eterno riposo. Matteo Renzi è in Egitto, non becca una palla di politica estera, ma gioca bene quando applica lo schema del Nazareno: “E’ importante che Berlusconi sia al tavolo della riforma elettorale”. Tanti saluti all’èra del Caimano. Senza rimpianto. Domenica 3 agosto Beppe Grillo abbandona la caccia alle scie chimiche per passare alle visioni mistiche. Alle 13 e 43 dalla sua realtà virtuale esce questa rivelazione: “Il patto del Nazareno è come il papello dei segreti di Fatima”. Urge udienza con Papa Francesco. Da Palazzo Vecchio finisce sulla rotativa del Corriere della Sera un singulto di violino, è suonato dal sindaco di Firenze, Dario Nardella: “I senatori sembrano marziani, lontani anni luce dalla vita reale. Di fronte all’accidia di forze politiche che sanno dire solo no, tanto varrebbe fare la nuova legge elettorale e andare al voto”. Sdeng! S’ode il rumore dell’ingranaggio del cervello di Renzi. Matteo non parla, ma Gigi Zanda (ancora lui) alle 13 e 56 prende il battipanni d’olivastro sardo e mette Nardella in castigo: “Definire i senatori marziani è sbagliato. Poi c’è quell’accenno all’ipotesi di elezioni anticipate che francamente non capisco. Sarebbero un danno grave per l’Italia”. Tanti saluti al Nardella-Stranamore. Senza rimpianto.

 

La partita del Senato è chiusa, mentre nel “Guerra e Pace” renziano si sta aprendo il capitolo più avventuroso: la battaglia dell’economia. Si materializza sul volto angelico di Marianna Madia lunedì 4 agosto, quando dalla riforma della Pubblica amministrazione sparisce il provvedimento sulle pensioni degli insegnanti e quelle d’ufficio. Soppressione. Non ci sono soldi, la Ragioneria non ha “bollinato”. Pasticcio tra Parlamento e governo. L’artigliere Renzi comincia a correggere il tiro del mortaio con un’intervista a Repubblica: “E’ vero la ripresa è debole. Ma non siamo messi male e il prossimo non sarà un autunno caldo. La Troika non arriverà e se mai ci fosse bisogno di una manovra, non imporremo nuove tasse”. Se? S’odono i primi colpi di cannone tra Bruxelles, Roma, Berlino e Francoforte. Martedì 5 agosto il Centro studi di Confcommercio avanza il dubbio – concretissimo – che gli 80 euro non abbiano fatto un baffo alla crisi dei consumi, Renzi non la prende bene e risponde che “11 milioni di italiani non la pensano così”. Risposta infelice, a volte bisogna saper incassare. E’ in corso una battaglia navale. Il sommergibile del ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan sale a quota periscopica nel pomeriggio e alle 17 e rotti entra nel porto di Palazzo Chigi per incontrare Renzi. Siluri disponibili? Pochi.

 

Roma piange, Berlino non ride

 

Mercoledì 6 agosto alle 8 in punto Matteo e Silvio fanno colazione insieme. Al Cav. le preferenze non piacciono, ma le soglie si possono rivedere. Il patto del Nazareno tiene, unico scudo anti tank del premier. Alle 10 in cielo c’è un bagliore, è il fuoco della batteria di cannoni che lanciano i dati del pil nel secondo trimestre: meno zero virgola due, il peggiore degli ultimi 14 anni. La Borsa di Milano implode a meno tre per cento in pochi minuti. Gli Stuka della Germania in picchiata: gli ordinativi dell’industria tedesca scendono a meno 3,2 per cento. Roma piange, Berlino non ride. E la mattina di giovedì 7 agosto non ha l’oro in bocca, ma un pezzo di “Shining” va in onda lo stesso durante la riunione del board della Banca centrale europea. Mario Draghi è circondato, sente le pallottole fischiare vicino alle orecchie: le sanzioni americane ed europee alla Russia e le controsanzioni di Putin sull’alimentare sono un sasso appeso al collo del pil, Obama alla Casa Bianca continua a pasticciare di brutto, è in corso la terza guerra irachena, la crescita è incerta e l’italianissimo Draghi la mette giù così: “Se gli stati non fanno le riforme, sovranità all’Europa”. Letterina da Francoforte: caro Matteo, o fai le riforme o tanti saluti. Senza rimpianto.