James Hogan (foto LaPresse)

Un urrà per il “commissario” Hogan

Redazione

Dopo anni di gestione moscia ora Alitalia ha un piano credibile

Alitalia stamani dovrebbe annunciare l’accordo con Etihad. Dopo molteplici rinvii è prudente aspettare che l’intesa abbia i crismi dell’ufficialità, dovrebbe esserci la conferenza stampa. Dal piano industriale di Corrado Passera, regista dell’operazione Cai nel 2008, a quello di James Hogan, ad di Etihad, la distanza è siderale. E’ un bene.

 

Qui non si parla più della triste “Fenice”, quanto di un piano di rilancio credibile. Il manager, australiano d’origine, è considerato uno tosto, capace di guidare una compagnia e farle compiere la svolta necessaria per ristrutturarsi. Un piano ovviamente “made in Abu Dhabi”, con uomini di Etihad intenti da mesi a controllare rotta per rotta dove sia possibile fare business. Dopo oltre 5 anni di strategie troppo ambiziose e cangianti è arrivato il momento dello sviluppo: l’èra del piano Fenice è finita, le promesse di ricavi per passeggeri che aumentavano del 30 per cento erano scritte sulle nuvole. Nel piano Etihad, invece, la crescita è lenta e mirata ai segmenti più profittevoli e prevede tagli su quelle rotte che bruciano più soldi: un piano centrato sul lungo raggio, quello maggiormente remunerativo, che vedrà una crescita dei posti offerti in questo segmento del 27 per cento tra il 2015 e il 2018.

 

Alitalia con Hogan diventa forse per la prima volta un’azienda davvero privata, parlando di modalità di gestione (la proprietà è statale, dell’emirato di Abu Dhabi). Il piano vede poi Fiumicino come hub, con risvolti positivi per l’economia locale e nazionale. Se si perdesse questo hub, anche con una sostituzione del traffico da parte di vettori low cost, la perdita di posti di lavoro sarebbe ben superiore alle 30 mila unità. Ora è il momento di trasformare Alitalia e non è un caso che debba arrivare un manager estero (con esperienza trentennale) per imprimere un cambio di direzione vitale. Non è più il momento di Rocco Sabelli, primo amministratore delegato di Alitalia-Cai dopo la ripartenza, che si ritrovò con un “piano Fenice” sbagliato in principio, e nemmeno quello di Andrea Ragnetti, uomo di marketing “unfit” per sollevare una compagnia in caduta libera. Se si arriva alla firma, allora il vincitore della trattativa sarà Hogan, una specie di “commissario” per la compagnia, con l’appoggio dell’ad Gabriele Del Torchio: sono i principali artefici del salvataggio di Alitalia dal default.