Humphrey Bogart con Lauren Bacall in una scena de Il Grande sonno

Tra gli effetti delle sigarette ora l'America vuole contare anche la felicità

Smettere di fumare allunga la vita, fa bene ai bilanci della Sanità e fa pure ringiovanire la pelle, se quel che scrivono sui pacchetti vale anche al contrario. Questo lo sanno tutti. Ma il piacere che si perde ad abbandonare il vizio, non può essere misurato in termini medici ed economici.

Smettere di fumare allunga la vita, fa bene ai bilanci della Sanità e fa pure ringiovanire la pelle, se quel che scrivono sui pacchetti vale anche al contrario. Questo lo sanno tutti. Ma del piacere che si perde ad abbandonare il vizio, misura non rappresentabile in termini medici ed economici, questo lo sanno solo i fumatori e la Fda, l’agenzia americana del farmaco, che nelle sue linee guida sulla regolamentazione del tabacco e dei suoi surrogati elettronici ha incluso per la prima volta un calcolo fra costi e benefici che tiene conto delle dosi di felicità perduta da chi smette. Obiezione standard: ma è soltanto un piacere effimero, ingannevole, fasullo, basato sulla dipendenza fisica e psicologica dalla nicotina, è morte vestita con abiti glamour, un inganno del piacere che porta diritti dalle parti di Schopenhauer. Ha ragione lo stato a insegnare e imporre che cos’è il vero bene alle vostre menti annebbiate.

 

La Fda, che solitamente promuove un’antropologia di tipo clinico per cui l’uomo felice tende a coincidere con l’uomo in salute e il bene è ridotto a benessere, spiega invece che un calcolo serio della lotta contro il fumo non può prescindere dalla conta dei danni immateriali procurati agli ex fumatori. Sarà anche una dipendenza effimera e ingannevole, puro riflesso psicologico, ma l’uomo non è fatto anche di riflessi psicologici? Se si riduce l’uomo a marchingegno e il sommo bene alla manutenzione degli ingranaggi, molto di ciò che esiste nell’universo può essere assimilato a un inganno. E’ quasi scandaloso che a ricordare che la faccenda non è così semplice sia l’agenzia di un governo che combatte la battaglia salutista dalla culla allo stato vegetativo (prima della culla e dopo lo stato vegetativo non c’è niente, dicono, quindi si può manipolare tutto ciò che si vuole, ma in mezzo giù le mani dalle sigarette e dalle patatine fritte).

 

Seguendo la letteratura esistente sul tema, l’agenzia sostiene che i benefici della riduzione del fumo vanno decurtati del 70 per cento, la quota della felicità perduta dagli ex viziosi. Le linee guida non parlano esplicitamente di “felicità”, soltanto di “welfare”, ma tutti i fumatori sanno esattamente a cosa si riferisce. In un certo senso ha a che fare con l’antica faccenda dei molti giorni da pecora paragonati ai pochi da leone. Sul piatto della Fda rimane un incentivo a smettere pari al 30 per cento, una quota non particolarmente convincente che ha fatto imbestialire il fronte degli oltranzisti antifumo.

 

Dicono che questo calcolo fra costi e benefici è ingannevole e fasullo almeno quanto il vizio stesso della sigaretta, e poi vogliamo parlare del fatto che la maggior parte dei fumatori s’accosta alla sigaretta quand’è minorenne e poi continua per pura dipendenza? “Un ragazzo di sedici anni non è un decision-maker razionale”, dice sconsolato Kenneth Warner, uno degli economisti che ha redatto un duro documento di protesta. Poi c’è il problema economico, perché il documento non garantisce con la forza dei dati quello che Barack Obama vorrebbe sentirsi dire mentre passeggia a piedi scalzi per l’orto bio di Michelle, cioè che la riduzione del fumo è un grande affare. Infine, gli alfieri della lotta contro il fumo non hanno preso bene questa storia della felicità perché fornisce un granitico argomento ai produttori di tabacco: non vendiamo soltanto morte, ma anche felicità, lo dicono anche quei bacchettoni della Fda.

 

Si arriva in fretta allo scontro fra concezioni dell’uomo: il decision-maker razionale contro l’irrazionale che si gode una boccata di tabacco. Il primo è l’uomo perfettamente padrone di sé che con raziocinio disincarnato cerca nella salute la salvezza; il secondo è un tipo acciaccato, periclitante, magari anche un po’ cazzone, ma non ripone tutte le speranze nella salute, che in fondo è effimera e ingannevole pure lei, e cerca la felicità con la sigaretta abbarbicata al labbro.

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