Matteo Renzi (Foto Lapresse)

Keep Calm and Love Summer

Redazione

Oggi si fa una tragedia per un calo dello 0,2 per cento del prodotto interno lordo, così come sei mesi fa si faceva festa per un aumento della stessa dimensione, così esigua da essere inferiore al normale tasso di errore statistico.

Oggi si fa una tragedia per un calo dello 0,2 per cento del prodotto interno lordo, così come sei mesi fa si faceva festa per un aumento della stessa dimensione, così esigua da essere inferiore al normale tasso di errore statistico. Il fatto è che l’economia italiana ristagna oggi come sei mesi fa, è un dato strutturale che per essere superato richiede cambiamenti strutturali che non si ottengono con misure semplici e in tempi rapidi. Inoltre c’è una vischiosità nel sistema italiano, conseguenza dei tanti vincoli burocratici, legislativi, corporativi e comportamentali, che rallenta sempre il cambiamento, sia in meglio che in peggio. Dal punto di vista oggettivo, quel che sembrava cambiare era il panorama internazionale, che soprattutto in America ma poi anche in Europa ha cominciato a segnare dati di crescita confortanti, che avevano tonificato anche le nostre esportazioni, che però hanno poi subìto una battuta d’arresto, forse anche per effetto di turbolenze geopolitiche, che peraltro pare sia stata superata nel mese di giugno (il che non significa che non possa ripresentarsi). Ragionare di questioni economiche di fondo sull’onda emotiva di dati legati a periodi brevi e di scarsa entità è comprensibile nel clima di esasperazione umorale che caratterizza l’opinione pubblica nazionale in tutti i campi, ciò non toglie che sia del tutto irragionevole. Era quasi ridicolo aspettarsi che una misura come quella dell’elargizione di ottanta euro potesse avere altri effetti che quello, comunque rilevante, di tipo elettorale. E’ altrettanto ridicolo prendere i dati trimestrali come un epitaffio per la prospettiva di riforme faticosamente e un po’ contraddittoriamente avviata dal governo. Se il tempo meteorologico fosse stato un po’ meno inclemente, le entrate turistiche del secondo trimestre sarebbero state meno avare e quindi non si sarebbe entrati in recessione: basta questo per determinare un giudizio sulle tendenze di fondo dell’economia?

 

Naturalmente non farsi prendere dall’esagitata enfasi per dati temporanei non significa non vedere la gravità della situazione, al contrario dovrebbe spingere a evitare di illudersi per soluzioni miracolistiche o demagogiche, sostituendo l’agitazione un po’ estemporanea di temi di riforma scoordinati con una progettazione politica più strutturata (che è il contrario della cosiddetta politica industriale invocata da chi chiede sempre sussidi settoriali). Misure dall’effetto più immediato, che agiscano sull’edilizia pubblica e privata e sul turismo, si possono mettere in campo immediatamente, mentre si preparano una riforma fiscale e del mercato del lavoro volte a ridare competitività alla manifattura e ai servizi a più alto contenuto tecnologico. Un lavoro da fare con urgenza ma senza farsi prendere dall’angoscia dell’annuncio miracolistico destinato a rivelarsi illusorio alla trimestrale successiva.

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