Mario Draghi (Foto Ap)

Francoforte strapazza tutti

Draghi frusta i governi e invoca una regia europea per le riforme

Alberto Brambilla

La lentezza riformatrice e i rischi geopolitici (l’Ucraina) gravano sull’euroripresa. Mercati in subbuglio.

Roma. Mario Draghi ha lasciato da parte la politica monetaria, nella conferenza stampa di ieri. Il presidente della Banca centrale europea ha criticato la flemma riformatrice dei governi e ha parlato dei rischi geopolitici derivanti dalla crisi ucraina, altra incognita per la ripresa “moderata e disomogenea” dell’Eurozona. Le Borse europee hanno subito virato in rosso.

 

Il consiglio della Bce non ha preso nessuna decisione dopo le misure straordinarie di giugno. I tassi restano ai minimi storici. A settembre partirà il piano di prestiti alle banche, purché i soldi affluiscano alle imprese. Tuttavia se il tessuto imprenditoriale non riesce a intercettare nuova finanza, nota Draghi, la politica monetaria può fare poco. Parole riferite anche all’Italia, finita in recessione tecnica sia a causa del “basso livello di investimenti privati” sia per “l’incertezza generata dalle riforme non fatte”, dice Draghi. Il banchiere centrale ha poi diviso i paesi dell’euro tra “chi ha realizzato programmi convincenti di riforma strutturale e sta andando meglio”, come la Spagna, e “chi non l’ha fatto o l’ha fatto in modo insufficiente”, vedi Italia e Francia che hanno fatto progressi mimini dal 2010 in poi, dice l’Ocse. “Questi sono i paesi con il più alto livello di tassazione in un’area in cui le tasse sono le più alte al mondo e dovranno abbassarle”. Da qui l’urgenza europea di dotarsi di una governance comune anche a costo di lasciare più potere alle tecnostrutture di Bruxelles: “Per i paesi dell’Eurozona – sottolinea Draghi – è arrivato il momento di cedere sovranità all’Europa per quanto riguarda le riforme strutturali come avviene per la disciplina di bilancio”.

 

Come molti commentatori sulla nostra carta stampata – tacciati ieri dal ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, di trarre conclusioni parziali e fuorvianti sull’operato del governo Renzi a partire dal calo del pil degli ultimi sei mesi – quelli stranieri inquadrano l’Italia come l’anello debole. Per il Guardian “Roma è il cigno nero d’Europa” e la Bce dovrà soccorrerla con il Quantitative easing, liquidità su larga scala (di cui in realtà beneficerebbe l’Europa intera). Tuttavia l’evento inatteso per il Vecchio continente, ovvero il “cigno nero”, è piuttosto la guerra in Ucraina. “I rischi geopolitici sono aumentati”, ha detto Draghi, e avranno un impatto crescente su economia, mercati ed energia. Incalcolabili gli effetti delle sanzioni economiche euro-atlantiche alla Russia, cui Mosca ieri ha di nuovo risposto imponendo l’embargo sui beni alimentari importati da Stati Uniti e Ue (per l’Italia significa 100 milioni di export agroalimentare in meno quest’anno).

 

La Germania in crisi di coscienza?

 

Ma è la Germania, primo partner commerciale della Russia, a soffrire di più l’escalation sanzionatoria. L’economia cresce, ma è incostante. A causa delle tensioni geopolitiche il ritmo potrebbe rallentare. Gli ordini industriali calano, la fiducia del business è atterrita nonostante il recupero della produzione industriale a giugno (più 0,3) dopo lo scivolone di maggio (meno 1,7). I campioni nazionali, da Siemens a Rheinmetall, temono l’annullamento delle commesse e viene messa alla prova la scelta diplomatica della Germania che viene invitata dai commentatori (duro l’Economist) a interrogarsi sulla sua natura di paese semi-egemone d’Europa con una condotta non più così esemplare: le riforme si sono fermate a Schröder e gli investimenti infrastutturali languono mentre i sussidi “verdi” esplodono (dice Bloomberg). Una questione tedesca che investe l’amata “mutti” Merkel, attenta a non rendersi impopolare.

  • Alberto Brambilla
  • Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.