Miguel d’Escoto Brockmann (foto LaPresse)

Adelante compañeros! Fresco di perdono, padre D'Escoto picchia su Wojtyla

Matteo Matzuzzi

In Vaticano dicono che la decisione del Papa di revocare la sospensione a divinis a padre Miguel d’Escoto Brockmann è un mero “atto di misericordia” e che neppure lontanamente deve sfiorare l’idea che di mezzo ci siano la dottrina o la politica.

In Vaticano dicono che la decisione del Papa di revocare la sospensione a divinis a padre Miguel d’Escoto Brockmann è un mero “atto di misericordia” e che neppure lontanamente deve sfiorare l’idea che di mezzo ci siano la dottrina o la politica: “E’ una questione disciplinare”, e non vi è dunque alcuna riabilitazione della Teologia della liberazione in chiave marxista combattuta e sconfessata da Giovanni Paolo II e dal suo prefetto per la Dottrina della fede, Joseph Ratzinger. Superati gli ottant’anni d’età, l’ex ministro degli Esteri del governo sandinista del Nicaragua guidato da Daniel Ortega aveva preso carta e penna e implorato Francesco di concedergli il permesso “di celebrare nuovamente l’eucaristia prima di morire”. Il Papa, letta la richiesta, ha “dato il suo assenso” – come riportava lunedì la Radio Vaticana – e ha lasciato al superiore generale dell’Istituto di cui D’Escoto fa parte, la congregazione di Maryknoll, il compito di “seguire il confratello nel processo di reintegrazione al ministero sacerdotale”.

 

Dopotutto, i tempi sono cambiati, le condizioni sociali e politiche pure, e non c’è nulla da temere, sottintendeva la nota. Tra l’altro, poi, il sacerdote ex ministro degli Esteri non aveva mai protestato per la sanzione che nel 1984 gli aveva comminato personalmente Giovanni Paolo II, che l’anno prima – sulla pista dell’aeroporto di Managua – aveva redarguito in mondovisione, con l’ammonitorio dito indice sospeso a mezz’aria, padre Ernesto Cardenal, altro sacerdote-ministro rivoluzionario rimasto in ginocchio a subire la dura reprimenda del Papa che gli imputava d’aver mischiato la fede con la politica.

 

Il giorno dopo la revoca della sospensione a divinis, però, oltre a celebrare nuovamente l’eucaristia, padre D’Escoto – che ha subito ricevuto via Twitter l’abbraccio dell’amico Leonardo Boff, uno dei padri della Teologia della liberazione – passa all’attacco e accusa Karol Wojtyla di aver compiuto contro di lui, all’epoca, “un abuso d’autorità”. “Quando mi comunicarono la notizia, piansi. Ma non per me, ma per quanto piccola si mostrava la chiesa che amo tanto e cui avevo dedicato tutta la vita”.

 

Lui però, non poteva tornare indietro: “Non potevo obbedire a Roma perché ciò avrebbe significato tradire il mio popolo, le sue legittime aspirazioni, i suoi diritti, la rivoluzione sandinista, i nostri eroi, i nostri martiri, tutti i compagni in lotta”. Ciò premesso, nessun rancore, nessuna protesta, niente voglia di rivalsa nei confronti dei suoi “persecutori”. Neppure con il Sant’Uffizio di allora e con Giovanni Paolo II che – ha sottolineato padre D’Escoto – decise personalmente la punizione nei suoi confronti. Padre James Martin, del periodico gesuita America, s’è mostrato subito entusiasta: la cancellazione della sospensione “non è solo un segno di generosità e un desiderio di riconciliazione, ma è anche l’ammissione che molti di coloro che sono stati coinvolti in quelle operazioni politiche stavano facendo del loro meglio per aiutare i poveri”.

 

Tutto il resto, comprese le numerose dichiarazioni che d’Escoto nel corso degli ultimi decenni ha proferito anche da autorevoli pulpiti, come l’Assemblea generale dell’Onu di cui è stato presidente, non hanno avuto nulla a che vedere con l’accoglimento della domanda di clemenza. Neppure la richiesta di “espellere Israele dalle Nazioni Unite per le sue costanti aggressioni contro la Palestina”, le accuse “ai sionisti” definiti “le meretrici dell’Impero” e l’appello a “tutte le nazioni progressiste” perché “rompano le relazioni commerciali e diplomatiche” con il governo di Tel Aviv. In passato, padre D’Escoto – che terminata l’esperienza all’Onu è ora consigliere di Ortega per le relazioni internazionali – si era perfino paragonato a Gesù Cristo, “il più grande anti imperialista della storia, crocifisso proprio perché era anti imperialista”. E l’imperialismo, aggiungeva un anno fa, “non sarà tranquillo finché non avrà ottenuto il dominio totale e assoluto sulla Terra, la sua atmosfera e lo spazio extraterrestre”.
 

  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.