Missili e tunnel. Pyongyang amica di Hamas preoccupa gli Usa

Giulia Pompili

Mercoledì scorso la Corea del nord ha eseguito nuovi test missilistici. Secondo lo Stato maggiore della Corea del sud, Pyongyang ha sparato quattro missili a corto raggio, verso est, nel mare del Giappone.

Mercoledì scorso la Corea del nord ha eseguito nuovi test missilistici. Secondo lo Stato maggiore della Corea del sud, Pyongyang ha sparato quattro missili a corto raggio, probabilmente da un lanciarazzi multiplo da 300 millimetri di calibro posizionato vicino alla montagna sacra Myohyang-san nel centro-nord del paese, e li ha lanciati verso est, nel mar del Giappone. Solo uno dei quattro missili ha raggiunto i 210 chilometri di gittata e poi è caduto in mare. Altri due sono esplosi in volo, mentre un terzo è caduto nell’entroterra dopo un volo di 130 chilometri. I test missilistici dell’esercito nordcoreano ormai fanno poca notizia.

 

Eppure dall’inizio dell’anno è di 102 il numero totale di razzi e missili testati dal regime di Kim Jong-un. Gli ultimi lanci, inoltre, sono stati eseguiti dall’entroterra, non più dalle coste, segno che la capacità di gittata è sempre più alta. Martedì scorso l’ammiraglio  Samuel Locklear, comandante del Us Pacific Command, ha detto al Pentagono di essere preoccupato per la frequenza dei test e sorpreso dell’indifferenza della comunità internazionale. Secondo Locklear, Pyongyang sta facendo “progressi costanti” con i suoi armamenti. Non solo. Secondo le immagini satellitari pubblicate dal blog 38 North (gruppo di studio della Johns Hopkins University) alla stazione di lancio satelliti di Sohae i nordcoreani avrebbero quasi completato i lavori di una rampa in grado di lanciare satelliti e missili a lungo raggio: in altre parole, il test di un missile balistico intercontinentale potrebbe essere più vicino del previsto.

 

A complicare le cose c’è quello che Graeme Dobell dell’Australian strategic policy institute, sulle colonne di National interest, ha chiamato “la morte del grande compromesso”, quello del 1972 tra Richard Nixon e Mao Zedong sul controllo dell’Asia. Oggi la Cina, unico alleato strategico della Corea del nord, non si fa più garante del controllo del regime di Kim Jong-un, divenuto ormai un’isola felice per governi e gruppi terroristici che vogliono fare affari, comprare armi e competenze militari (i nordcoreani sono maestri nella costruzione di tunnel a uso militare. Nella parte sudcoreana della Dmz, la zona demilitarizzata sul 38esimo parallelo, si possono addirittura visitare quelli bonificati). “Siamo di fronte a due problemi diversi”, dice al Foglio Andrea Berger, Research fellow del Royal united services institute (Rusi). “Il primo è la vendita di armi (partendo dai missili balistici fino alle armi e alle munizioni) dei nordcoreani ad altri paesi. L’altro è il proprio programma missilistico, che la Corea del nord intende utilizzare per la sua difesa nazionale. I due piani sono certamente collegati – Pyongyang non avrebbe missili balistici da vendere, se non avesse deciso che ne aveva bisogno prima di tutto per se stessa – ma chi porta avanti quel tipo di proliferazione ‘orizzontale’ in Corea del nord, cioè il traffico di armi, è diverso da chi conduce una proliferazione ‘verticale’”.

 

Secondo Berger, per quanto limitate, le informazioni disponibili ci dicono che “la cooperazione della Corea del nord con Hamas e Hezbollah ha riguardato storicamente l’addestramento militare, le infrastrutture di supporto – per esempio gli impianti sotterranei e i tunnel – e la fornitura di armi. Negli ultimi anni sono state sequestrate diverse spedizioni provenienti dalla Corea del nord apparentemente destinate a Hamas o Hezbollah. Sappiamo che la Corea del nord ha cercato di vendere a questi gruppi alcuni razzi, o parti di essi, da 240 millimetri e da 120 millimetri, granate con propulsione a razzo e sistemi di difesa antiaerea portatili”. Certamente il regime di Kim Jong-un non è l’unica fonte di armi per Hamas e Hezbollah, “ma come Siria, Iran, o Libia, Pyongyang aiuta questi gruppi a condurre le loro operazioni.

 

Proprio la scorsa settimana un tribunale degli Stati Uniti ha giudicato la Corea del nord responsabile per i danni causati dagli attacchi di Hezbollah durante la guerra del 2006 con Israele”, spiega Berger. E ieri il dipartimento del Tesoro americano ha messo due compagnie di navigazione nordcoreane sulla lista nera dei trafficanti illegali di armi: “Il fatto che paesi come la Thailandia, gli Emirati arabi e Israele siano intervenuti per impedire che le spedizioni illegali di armi nordcoreane raggiungano il loro utilizzatore finale dimostra che le sanzioni internazionali possono avere un effetto. Non tutto è risolto, ma ogni carico sequestrato aumenta la consapevolezza riguardo la proliferazione della Corea del nord e aiuta a minare il rapporto tra domanda e offerta”.

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.