Matteo Renzi e Mariano Rajoy (foto Ap)

Per resistere alla corrida

Redazione

Renzi non otterrà nulla dall’Europa senza seguire il lavoro spagnolo.

Se Matteo Renzi vuole davvero che l’economia italiana esca dalla stagnazione, come sta facendo quella spagnola che pure ha subito sul piano dell’occupazione colpi più pesanti, deve affrontare seriamente la questione del mercato del lavoro per renderlo più flessibile. Se si vuole che anche in una condizione di crescita debole le imprese assumano, bisogna garantire loro che se non avranno più bisogno del personale potranno licenziarlo. Sembra una tesi cinica, quella che per assumere bisogna poter licenziare, ma piaccia o no è un dato accertato. In particolare la Spagna ha puntato sull’occupazione temporanea, tipica di settori come il turismo o i servizi alla persona, che possono sviluppare rapidamente l’occupazione se non sono oberati da obblighi regole e costi.

 

La più contestata e la più utile delle misure adottate dal governo di Mariano Rajoy consiste nella possibilità di licenziare nel primo anno senza alcun indennizzo, già che in Spagna già vigeva un sistema basato sull’indennizzo per i licenziamenti, senza nessun obbligo di riassunzione come quello postulato dal nostro articolo 28 dello statuto dei lavoratori. Potendo assumere senza rischi, le piccole imprese spagnole hanno ricominciato a farlo e questo ha invertito per la prima volta la tendenza alla perdita di occupazione, con un saldo netto nell’ultimo trimestre di 320 mila posti di lavoro. In seguito a questa ripresa c’è stata anche una crescita del pil, che adesso viene calcolato al doppio delle previsioni dell’inizio dell’anno, con l’1,4 per cento, contro un qualche dubbio decimale previsto per l’Italia nell’anno in corso.

 

Naturalmente si troveranno i soloni che ci spiegano che quel tipo di occupazione è precario, non rafforza la struttura produttiva di base, il che è verissimo ma non significa nulla. Se si aspetta che sia la manifattura a produrre occupazione stabile e garantita, bisognerà attendere che essa abbia una crescita superiore al 3 per cento, il che non accadrà finché non ci sarà una crescita della domanda interna. La lezione spagnola è di fare tutto quello che si può dove c’è uno spazio reale di crescita dell’occupazione, e non si vede quale altra strada sia perseguibile, anche se contenta i sindacati, compresi magari quelli delle imprese.