Silvio Berlusconi e Francesca Pascale (foto LaPresse)

Febbre da estate pazza

Sulle riforme il Cav. balla solo con Renzi, la corte rischia una crisi di nervi

Salvatore Merlo

L’incontro saltato, le malizie, il voto in Campania e Veneto. Sms di Renzi a Verdini: “Il capo è un gigante”.

Appena si sarà rimesso dall’influenza entrerà ancora una volta a Palazzo Chigi per dare sostanza fisica al patto del Nazareno, all’asse con Matteo Renzi, e per spendere qualche parolina a difesa dell’Italicum, della riforma elettorale che i partitini più piccoli vorrebbero modificare. Il Cavaliere è mobile, per definizione, si sa, “qual piuma al vento”, scherzano i suoi amici più antichi, e ieri la sua influenza è diventata oggetto d’interpretazioni politiche, malizie e retropensieri: “Non voleva vedere Renzi”. Ma i suoi rapporti con il presidente del Consiglio sembrano invece composti d’una materia pesante, chissà, insensibile al soffio degli umori cangianti, un misto d’interesse personale e politico, pare, e di corrisposta, ribalda simpatia. Nel giorno più fosco di Forza Italia, due settimane fa, mentre Berlusconi nel corso di una riunione tormentata perdeva la pazienza con il senatore Vincenzo D’Anna, uno dei ribelli, uno di quelli che la riforma di Renzi non la vuole votare, mentre insomma le agenzie, in diretta, raccontavano d’una mezza baruffa e della difesa rocciosa opposta da Berlusconi al gruppo dei dissidenti contrario alle riforme, il telefonino di Denis Verdini ha avuto due brevi sussulti. Drrr. Drrr. Sms in arrivo. Mittente: Renzi. Testo: “Il capo è un gigante”. Ed è una corrispondenza perfetta, perché da parte del Cavaliere prevede anche il graffio e l’attacco del Giornale di riferimento, talmente innamorato da costringersi, ancheggiando un po’, a tenere il muso al governo. La pantomima raggiunge nel Cavaliere una grazia acrobatica. Renzi lo sa, e talvolta un po’ diffida. Ma certo è che il giovane premier ha anche l’impressione di avere più amici nell’opposizione, dove persino Daniela Santanchè fatica molto a occultare il suo sguardo innamorato, che nella maggioranza dove siedono Pier Luigi Bersani, Vannino Chiti, Corradino Mineo, Alfredo D’Attorre, Felice Casson, o nel governo dove siede il gatto Alfano. Ha una sola preoccupazione, il presidente ragazzino. E c’è una sola domanda, sempre uguale, che Luca Lotti rivolge a Verdini: “Ma i vostri li tenete?”. Risposta sicura: “Certo”.

 


Eppure Forza Italia è attraversata da uno strano, intenso, per certi versi inspiegabile tramestio interno che circonda e avvolge il Cavaliere. C’è la fronda del Senato, la linea di resistenza dei Minzolini e delle Bonfrisco, c’è Raffaele Fitto, ma tira una calda aria velenosa anche all’interno della Corte, del castello di Arcore, con i vassalli del Cavaliere che si dividono in fazioni, gruppetti, capannelli: berlusconiani per Renzi e berlusconiani contro Renzi, berlusconiani favorevoli all’alleanza con Alfano e berlusconiani contrari, fautori delle primarie e oppositori delle primarie, amici di Francesca Pascale e nemici di Francesca Pascale. Tutto si tiene. In gran segreto la signora Pascale sta lavorando da qualche settimana a un progetto di legge sulle coppie di fatto che rispecchia la sua sensibilità per i diritti civili e per quelli delle coppie omosessuali in particolare. Si è fatta inviare tutti i disegni di legge presentati negli anni passati dal centrodestra, ha raccolto il consiglio di alcuni noti avvocati, e cerca di coinvolgere anche il Cavaliere, che in via di principio non sembra – così almeno pare – contrario. Qualche giorno fa Pascale aveva anche avanzato, per linee interne, la proposta di costituire una speciale “consulta” di Forza Italia, un organismo di partito, una specie di osservatorio permanente sui diritti civili presieduto da Alessandro Cecchi Paone. Ebbene le iniziative della signorina Pascale, che si estendono fino alla politica regionale campana (si vota in autunno), sono fatte oggetto di viva, ma silenziosa e per adesso sommersa e timorosa ostilità.

 

E insomma Berlusconi tiene saldo il patto del Nazareno, si offre come difensore dell’Italicum che Sel, Ncd e altri vorrebbero modificare in cambio del “sì” alla riforma del Senato, ma ha tutt’intorno, a casa sua, nel suo partito, una corte di vasalli agitati che mal si sopportano, non riescono più a dissimulare, si tormentano con contorsioni interpretative. Persino la febbre di Berlusconi, che è a letto con l’influenza da domenica e oggi ha fatto saltare per questo l’incontro con Renzi, nella piccola corte pazza ieri è diventata materia di sospetti, fantasie, ricostruzioni creative. “Ecco vedi, salta tutto. Non ha la febbre. E’ che il patto con Renzi non regge”, dicono gli uni. E gli altri: “Patto saldissimo. Berlusconi appoggia Renzi fino in fondo, anche nel caso in cui Renzi voglia andare alle elezioni ancipate a novembre per superare gli ostacoli alla riforma del Senato”. E il Cavaliere viene così tirato un po’ di qua e un po’ di là. Sovrano inconoscibile per una corte in crisi di nervi.

 


Ad Arcore, qualche giorno fa, Licia Ronzulli, di fronte a otto testimoni, commentava così l’effetto della sentenza con cui Berlusconi è stato assolto a Milano: “Sono proprio contenta. E’ finita la corsa all’eredità del presidente. Adesso ‘quelli lì’, la smetteranno”. E Ronzulli ce l’aveva esplicitamente con Giovanni Toti e con Mariastella Gelmini, che dal suo punto di vista sgomitano un po’ troppo intorno al Cavaliere in difficoltà. Un giudizio forse ispirato a ragioni personali, chissà: Ronzulli non è stata eletta alle europee e imputa la sua mancata elezione alle scelte fatte da Toti e Gelmini. Ma quello della signora Ronzulli è un giudizio che tuttavia rende bene la cifra di una serie di rapporti umani e politici esplosi intorno al Sovrano di Arcore. Piccole gelosie, incomprensioni, orizzonti contrapposti. Dice infatti Stefano Caldoro, il governatore della Campania, moderato, cauto, berlusconianamente pragmatico: “C’è un effetto Renzi anche in Forza Italia. Quello sta scompaginando tutto. Non solo nel suo partito, anche nel nostro. E noi abbiamo solo un modo per reggere. Mantenerci saldi intorno a Berlusconi. Qualsiasi cosa succeda. Il più grande errore che si possa fare adesso è credere di poter fare a meno del Cavaliere. Vedo un po’ troppa agitazione. Vorrei dire solo questo: calma”.

 

E infatti non c’è più soltanto il movimentismo di Raffaele Fitto, che combatte alla luce del sole. Il sordo conflitto di potere fra Toti e Verdini, tra nuova e vecchia guardia, tra uomini di Mediaset e personale politico romano, tra Francesca Pascale e i dirigenti storici del berlusconismo, sembra deflagrare in mille inafferabili rivoli. E all’ombra del trono di Arcore si consumano così tanti piccoli intrighi che vengono raccontati ai cronisti, ingigantiti, arricchiti di dettagli inverosimili. Pascale vuole far presentare una legge sulle coppie di fatto? “Ci manca solo questa e facciamo il botto”, mormorano. Ieri, per esempio, veniva persino suggerita l’idea fantasiosa che Giovanni Toti avrebbe rivelato appositamente l’esistenza fisica del così detto accordo del Nazareno, nella forma di un pezzetto di carta controfirmato dai due contraenti. E insomma, secondo questa malizia, Toti voleva boicottare il patto tra Renzi e Berlusconi. “Sembra di assistere alla narrazione di un romanzo giallo”, dice Toti. Indubbiamente. Dettaglio assurdo, sì, ma rivelatore, anche questo, di un clima non precisamente rilassato nei corridoi di Forza Italia. E questo ribollire ricorda, in versione certo nanometrica, il sangue e la decadenza, l’ambizione e alla consunzione dell’Italia cortigiana del Cinquecento, la cui misura era la cosiddetta “dissimulazione onesta”.

 

Ma in FI si dissimula a fatica. Persino l’accusa di tramare alle spalle del Cavaliere viene scagliata senza cautela e in modo sgangherato da un angolo all’altro del partito, tutto mentre si comincia a discutere animatamente delle candidature per le elezioni amministrative e dei rapporti da ricostruire con il resto del centrodestra pulviscolare, con Fratelli d’Italia, con Alfano, con la Lega. In autunno si vota in Campania, in Calabria, in Veneto, in Emilia… E già s’ode un inquietante rullio di tamburelli. Sabato scorso una delle due grosse fazioni che circonda il Cavaliere era raccolta ad Arcore, attorno al Sovrano, tutti insieme ad ascoltare il discorso di Alfano all’assemblea nazionale di Ncd: Maria Rosaria Rossi, Annamaria Bernini, Deborah Bergamini, Giovanni Toti. Ebbene, mentre loro dettavano alle agenzie uno spartito morbido nei confronti di Alfano e del suo partito “da recuperare in previsione di inevitabili alleanze”, come dice Gelmini, Stefania Prestigiacomo e altri invece bombardavano con determinazione il lavoro diplomatico culminato domenica con la lettera di Berlusconi pubblicata dal Giornale. “Simpatia e antipatia, ambizione e interesse personale, protagonismo e miseria, confusione”, sintentizza Maurizio Bianconi, vecchio tesoriere del Pdl.

  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi erasmiana a Nottingham. Un tirocinio in epoca universitaria al Corriere del Mezzogiorno (redazione di Bari), ho collaborato con Radiotre, Panorama e Raiuno. Lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.