Vi condanno per la vostra erotomania, lo stalking accanito ed esilarante che usaste contro il Cav.

Umberto Silva

I giudici che hanno assolto il Cavaliere, hanno anche liberato il sottoscritto dal crescente sospetto d’essere un pazzo. Tale a molti sembrai a partire da quel giorno di settembre di cinque anni fa quando mi accorsi che gran parte del popolo italiano era precipitato nel più grande delirio erotomanico d’ogni tempo.

I giudici che hanno assolto il Cavaliere, hanno anche liberato il sottoscritto dal crescente sospetto d’essere un pazzo. Tale a molti sembrai, e forse ancora sembro, a partire da quel giorno di settembre di cinque anni fa quando mi accorsi, e ne testimoniai per iscritto, che gran parte del popolo italiano era precipitato nel più grande delirio erotomanico d’ogni tempo, alla pari con quello che funestò gli States di Bill Clinton. Ricordo che in quei giorni tre illustri giuristi avevano vergato un accorato appello sul giornale la Repubblica: si chiedeva la libertà di stampa, minacciata al punto che l’autorevole quotidiano per tutto l’anno non fece che insultare Berlusconi dandogli del pedofilo per via di una ragazza Noemi. Si stampavano insulti a gogò mentre ci si lamentava di non poterli scrivere!

 

Prima di allora non mi ero mai chiesto chi fosse il Cavaliere, a volte mi faceva ridere il modo con cui trattava i politici di professione e mandava in malora logori riti e miti, ma il personaggio era troppo distante dai miei gusti. In realtà nemmeno ora m’interessa lui quanto i suoi persecutori, li trovo un oggetto ben più degno della mia satira; il Cavaliere è troppo esplicito, a me interessano gli uomini che per diventare santi fanno i diavoli, i moralisti e i saccenti, i doppiogiochisti dell’anima, i tormentati, essi mi offrono quei vizi umidi e appiccicaticci che creano la palude ove può sguazzare la mia scrittura. La sorte del Cavaliere solleticava il mio desiderio di giustizia ma assai più mi divertiva l’idea di costringere i suoi persecutori a guardarsi allo specchio. Cominciai a tempestare giuristi, magistrati, politici e giornalisti con dolenti note e sdegnati rimbrotti che non riuscivano a trattenere un riso scellerato; ci prendevo gusto, il mio stile si arricchiva di curiose assonanze. Gli amici mi esortavano alla prudenza, timorosi che perdessi quel poco di credito che ancora mi si concedeva, o che venissi querelato, o che finissi al gabbio per vilipendio della magistratura. Niente di tutto questo accadde, il che un po’ m’indispettì. Ambizioso di scenografico martirio sognavo di produrmi in tuonanti j’accuse dal banco degli imputati; attempato Julien Sorel avrei licenziato gli avvocati per slanciarmi in romantiche divagazioni che avrebbero sedotto donne assai più intriganti delle olgettine. Con ottimi risultati, puntando più al riso delle dame che al loro pianto, mi sono esibito dalla magnifica tribuna del Foglio, in questi cinque anni pubblicando centinaia d’interventi sul Cavaliere e la sua erotomanica persecuzione, lo stalking più accanito ed esilarante di ogni tempo. Mai nessuno ha contestato o protestato, nemmeno davanti alle mie più feroci derisioni. Avrei potuto rattristarmi pensando che coloro che generosamente avevo eletto a bersagli mi snobbassero, invece, per via del mio robusto narcisismo, li pensai tristi.

 

Quel che di loro più mi colpiva era il disprezzo che mostravano nei confronti dell’essenza del diritto, la Procedura, senza il cui rispetto ogni considerazione e sentenza risulta pura arroganza e sopraffazione. Se ne ha tutt’ora testimonianza, basta leggere il titolo dell’editoriale di Eugenio Scalfari della Repubblica di domenica: “La sentenza forse è giusta ma disonora il paese”.

 

Scalfari è persona intelligente, un gentiluomo, proprio per questo il titolo suona davvero eccessivo, forse non l’ha scritto lui. Di suo pugno sono sicuramente alcune affermazioni compromettenti, tipo “noi pensiamo che la sentenza della corte d’appello non sia affatto inficiata da dolo…” e perché mai dovrebbe esserlo? Perché evocare questo spettro? Continua Scalfari: “… ma inficiata da un libero convincimento…”. Il giustamente celebrato razionalismo di Scalfari qui mi sembra piuttosto traballante: se ho ben capito, il libero convincimento dei giudici che hanno assolto Berlusconi inficerebbe se stesso dal momento che contrasta con altri liberi convincimenti. Cosa dovevano fare quei tre disgraziati, harakiri per avere avuto un’idea loro su tutta la questione? Umilmente chiedo lumi. Infine l’accusa diretta ai tre malcapitati giudici d’avere “volutamente ignorato” l’articolo della Costituzione che raccomanda ai premier di comportarsi bene. Ma che c’entra con un giudizio d’Appello per concussione e stupro? Ricordiamoci sempre che per frenare le nostre voglie giustizialiste, geniali giuristi e governanti imposero la Procedura.

 

Come chiaramente hanno fatto capire ora i giudici, non si può condannare uno per far piacere a metà degli italiani, ai giornalisti della Repubblica in primis. Certe visioni è bello fantasticarle, quando vanno in atto non suscitano alcun piacere: il tanto atteso Berlusconi a Cesano Boscone tra i vecchietti non ha fatto ridere nessuno e Crozza ha toppato come in precedenza Nanni Moretti con il “Caimano” era riuscito a fare l’unico film spento della sua carriera.

 

“Delirio erotomanico” è la mia diagnosi, e concerne il Cavaliere come i suoi persecutori. Con la differenza che lui il suo delirietto se lo gestiva in casa propria in allegria e senza perseguitare alcuno, mentre i suoi nemici del loro delirio hanno fatto una nobilissima causa dietro il cui stendardo – le braghette delle ragazze – trascinare il popolo italiano. Alcuni giudici dal viso sereno in quattro e quattr’otto a tanto delirio hanno messo fine, o almeno l’hanno ammosciato. Speriamo in bene, a un certo punto anche i più accaniti si stancano e salutano con sollievo l’arrivo dello schiaffo. Il perdurare della crisi fa passare certe voglie e le ragazze di Renzi offrono tipologie femminili più sofisticate e colte di quelle berlusconiane: fantasticare sulle mutande della Boschi e della Madia non solo è lecito ma doveroso e politicamente correttissimo. Snobbini, i detrattori del Cavaliere si chiedevano come potesse un uomo infinitamente ricco e potente accontentarsi di spensierate signorine alcune delle quali assai civettuole come noi tutti, ma la domanda è un’altra: come hanno potuto costoro sapientoni eccitarsi all’idea del Cav. che se la fa con civettuole signorine? E’ il risvolto voyeuristico del moralismo, che si pasce dell’altrui eros e rovista tra rovistate mutande, mutande essendo la parola che più spesso veniva proferita nei tribunali e riferita nei giornali come “mutandine”, versione paternamente lasciva. Diamine signori della Legge e delle Lettere, disprezzando gli incantevoli quadri di Balthus e i provocanti romanzi di suo fratello Pierre Klossowski vi siete arrapati per la visione di quattro straccetti di boutique nelle mani di un vecchio signore? Sono davvero indignato, e per la vostra assoluta mancanza di erotomanica superbia, vi condanno a passare sette anni con voi stessi.

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