Appunti d'estate

Giuliano Ferrara

Voi che riperticate le Bonino e i D’Alema, lasciate lavorare Renzi e i suoi. Voi che celebrate le Sodome & Gomorre, leggete l’Eneide e sceneggiate Gaza, se ci riuscite. Voi di Alitalia rassegnatevi: non siete Time Warner.

Mogherini tutta la vita
Non conosco il ministro degli Esteri se non per fama e curriculum, siamo stati qui critici verso certi suoi atteggiamenti troppo spiccatamente in linea con il pensiero unico della diplomazia multilaterale corrente, ma leggo sempre Sohrab Ahmari del Wall Street Journal, sede di Londra, ed è evidente che la capitale britannica (tra poco forse solo inglese e gallese) non è precisamente il luogo più appropriato per dare lezioni sulle nomine europee e cercare di bloccare una proposta italiana. O abbiamo già dimenticato la denuncia del dottor Gribbels? Il leader grottesco fu coinvolto nel comportamento grottesco di un ambasciatore di Sua Maestà, che inscenò una pochade di stanza in stanza a Villa Wolkonsky, residenza dell’ambasciata britannica a Roma, per fare incontrare il non-capo dell’opposizione con il non-capo del governo, Enrico Letta, eterno old boy dei mandatari anglosassoni di media lungimiranza, un uomo sul quale il bel mondo dei circoli del whist e associati insiste a puntare le sue carte un tantino sbiadite. Ma c’è altro, a parte l’insistenza sospetta di Londra e dei suoi ambienti editoriali e diplomatici per the hollow man da impreziosire con nuove deleghe. Il renzismo non è la solita partita di poker di cui parla il direttore di Repubblica, è meno di quanto siamo abituati a osservare con criteri politici standard, e in certo senso è di più: è un metodo. Il messaggio è: basta con il precotto, con il prevedibile. L’Italia ha avuto generazioni politiche di prima qualità, che generarono i partiti e la Repubblica come l’avevamo conosciuta, poi tutto è finito nella resa ai partitini codini della magistratura combattente, e nello sparpagliamento. L’onore del paese è stato salvato da un Berlusconi, anche lui un metodo, ma frammisto a molta follia personale, che ha partorito immensi risultati come il maggioritario e un nuovo irrecusabile clima nazionale, oltre che la neolingua della politica postpartitica. E ora ci prova Renzi. E’ il caso di dire: lasciatelo lavorare, voi che state lì a riperticare le Bonino e i D’Alema, rispettabilissimi, e qualcuno di loro ce la farà auspicabilmente a mantenere peso nella vita pubblica, ma estranei al giusto metodo di spoglio e selezione che un leader serio deve portarsi appresso e nutrire. E’ l’ora dei quarantenni, se incompetenti il giusto, meglio ancora. La competenza all’opera l’abbiamo vista. Grazie.

 

I fichissimi criminali
Lettore e commentatore di Dante e Ovidio, Vittorio Sermonti ha riletto e riscritto per noi qualche anno fa anche l’Eneide di Virgilio, traducendola e presentandola sempre con risultati di eccezionale intelligenza, suggestione, ironia e bellezza. A sentire della polemica tra il direttore generale della Rai e non ricordo chi, sulla figaggine delle solite Sodome & Gomorre a puntate, e su quanto siano fichi i criminali o non lo siano, mi è venuto in mente che introducendo l’ultimo libro (parte prima) ovvero la “penultimità” preparatoria della battaglia finale tra il pio Enea e l’eroe leonino re Turno dei Rùtuli, Sermonti aveva scritto: “La realtà della parola di Virgilio potrebbe svegliarci dal torpore cui ci induce l’irrealtà dei mattatoi televisivi”. Ecco, per noi che abbiamo visto Genova e abbiamo leggiucchiato da cattivi liceali, il riferimento all’epica come tessuto dei serial savianei e dei loro prototipi democristiani (“La Piovra”, indimenticabile sciagura nazionale) è un insulto, magari garbato e motivato, certamente legittimo dal punto di vista della critica, ma un insulto. Siate buoni: fichi o no che siano i criminali epicizzanti, in televisione non ci sono dèi né semidei né eroi ma, com’è giusto, solo figurine. Figurine ordite con abilità, ma nient’altro, sia nella veste dei supercriminali sia nella veste dei commissari e dei papi e dei preti belli. Sceneggiate la guerra a Gaza, e poi riparliamo di epica.

 

Stallo su tutti i tavoli Alitalia-Etihad
Mi dicono che sono cose che non si devono dire. Però io ho capito questo. Che Alitalia non funzionava, come Fiat. Che invece di risanare e allearsi nei mercati mondiali aperti, ne abbiamo fatto una bandiera nazionale di politica industriale. Che i bravi borghesi e i banchieri, abilissimi in molti altri campi, si sono presi la gatta da pelare, e l’hanno pelata, senza troppi danni per loro, con parecchi danni per i contribuenti del pubblico erario e gli imprenditori sani e senza credito. Che hanno fatto una bad company, e sono ripartiti. E alla fine sono falliti, in un tourbillon di manager e azionisti oggi afasici o irresponsabili. Nessuno ha spiegato nulla di come siano andate davvero le cose. E alla fine, con la complicità sorniona e autolesionista dei sindacati, in mancanza di un Marchionne dell’aria, bisogna vendere. E caragrazia che qualcuno disposto a comprare si è trovato ad Abu Dhabi. Ma se Time Warner può rifiutare una carrettata di miliardi, Alitalia non può rigettare il mezzo miliardo che le consente oggi di non fallire, dopo una terapia a spese nostre di cinque anni. Non può rifiutare di consegnarsi a un manager australiano che fu rugbista, e sul quale puntano i ricconi arabi e gli emiri, che non governano il business con gli abatini. E non può fare la schizzinosa sull’altare o tavolo in stallo di una malagestione che si è resa propizio il sindacato dei lavoratori esuberanti, rispettabile soggetto ma non tribuno della plebe, mentre si rendeva poco propizio il senso del business e della sana amministrazione aziendale.

 

Grazie al cardinal Brandmüller
Avevamo cercato di dire tempo fa che, se vogliono che i preti si sposino e mettano su famiglia, in attesa di autorizzarli al divorzio sacramentale, devono inventarsi uno speciale carisma del matrimonio dei consacrati, perché la chiesa nella sua storia bimillenaria aveva specificato molto bene, comprese le eccezioni e le tortuosità di una lunga parabola e complicata, che il celibato, e se per questo anche la castità, sono cose che hanno un senso, magari cristico. Niente da fare, nulla è più inedito della carta stampata. E allora è arrivato, e grazie a lui per il bellissimo saggio, il cardinal Brandmüller: le ha dette tutte e tonde ieri qui in una colossale paginata, e padre Lombardi, nostro beniamino, non ha avuto bisogno di correggerlo.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.