Daniela Santanchè (Foto La Presse)

Nessuna pax giudiziaria senza la grazia per il Cav., dice la Pitonessa

Salvatore Merlo

Forza Italia è nel marasma ma difende le riforme, il Cavaliere ieri è rimasto di sasso alla richiesta di sette anni d’arresto fatta dai pm nel processo Ruby.

Roma. “La grazia per Berlusconi significherebbe ristabilire la verità. E un paese che non vuole la verità è un paese che non può avere un futuro”. Forza Italia è nel marasma ma difende le riforme, il Cavaliere ieri è rimasto di sasso alla richiesta di sette anni d’arresto fatta dai pm nel processo Ruby, soffre per l’autorizzazione all’arresto di Giancarlo Galan alla Camera, ma osserva con condiscendenza la nouvelle vague renziana, le parole del presidente ragazzino sul garantismo, le sue promesse sulla riforma della giustizia. E così anche Daniela Santanchè riconosce che “le parole di Renzi sono un segnale, rompono un tabù”. Il capo del governo, e segretario del Pd, ha detto che per qualsiasi imputato vale la presunzione d’innocenza, fino al terzo grado di giudizio.

 

E nel mondo del Cavaliere queste parole confermano la sensazione che qualcosa sia cambiato, o possa cambiare, a sinistra, “andavano avanti a pane e manette, Bersani e Di Pietro, Ingroia e D’Alema”, dice la Pitonessa. “Ma ci dobbiamo preparare alle montagne russe. Un conto è Renzi, un conto sono gli antichi riflessi pavloviani della sinistra. I segnali sono buoni ma contrastanti. La sentenza Mediatrade ha messo a nudo il cortocircuito della politica a mezzo giudiziario: Berlusconi è stato condannato per un reato molto simile a quello per il quale Fedele Confalonieri e Pier Silvio Berlusconi sono stati invece assolti. Ma Giancarlo Galan viene sospinto in prigione da una politica ancora succube, perché i pm prima lo vogliono in galera e poi lo vogliono ascoltare. E dunque si va su e giù, come sull’ottovolante. C’è la proposta Orlando per una riforma della giustizia, bene, speriamo che inizi presto l’iter in Parlamento. E c’è poi lo scontro interno alla procura di Milano, tra Bruti e Robledo, che finalmente svela la natura di una corporazione amministrata da correnti e bande capaci di farsi la guerra per ragioni di potere. E insomma ci sono segnali interessanti, dentro la politica e fuori dalla politica, nella società. Tuttavia noi non possiamo scambiare questi segnali per un cambio di rotta definitivo. Non possiamo abbassare la guardia. E soprattutto non dobbiamo abbandonare Berlusconi. Un conto è Renzi, che ci ha messo la faccia, un conto è la sinistra. L’eco del giustizialismo è ancora forte. E la pacificazione può arrivare solo se il centrodestra e Forza Italia insistono nella battaglia. Il nostro punto è Berlusconi. E la resa non va bene. C’è chi forse vorrebbe sventolare bandiera bianca dicendo: ‘Adesso che vi siete presi Berlusconi facciamo la pace’. E invece no. Non possiamo permetterci di pagare il prezzo di consegnare Berlusconi come ostaggio politico. La pacificazione, e lo dico con la massima serenità, ci sarà quando sarà riabilitato Silvio Berlusconi, quando gli sarà riconosciuto, da chi può, da chi ha il potere, il suo ruolo in questi ultimi vent’anni. Stabilire che la storia del Cavaliere è una storia criminale significa dire che la storia d’Italia è una storia criminale. Una follia”. Insomma non c’è vera pacificazione senza grazia. “Il percorso è complicato. Ma l’Italia deve uscire dalla guerra dei vent’anni. E c’è un solo modo: ristabilire la verità, per poter aprire un nuovo corso”.

 

Spiega Santanchè: “La sinistra prima di Renzi aveva come collante e come programma, al primo punto, l’antiberlusconismo. E perdeva. Renzi ha cancellato questo primo punto, e vince. E questa novità, interna alla politica, al mondo della sinistra, può tradursi in un cambiamento d’epoca. Ora, forse, si può chiudere un ciclo per aprirne un altro. In questi ultimi anni noi abbiamo combattuto con ogni mezzo l’assalto giudiziario. Di fronte a un eccesso d’accanimento abbiamo risposto con un eccesso di legittima difesa. Guardi che io ammetto l’eccesso, ma contemporaneamente quell’eccesso, fatto anche di leggi ad personam, io lo difendo e lo rivendico. ‘A brigante brigante e mezzo’, diceva sempre mio padre. Ecco ne possiamo uscire, una volta per tutte. Il caso Sarkozy, in Francia, dimostra che lo scudo alle cariche dello stato non corrisponde all’impunità. Un minuto dopo che Sarkozy ha concluso il suo mandato è stato arrestato, ora sarà processato e se ha sbagliato pagherà. Questa è civiltà. Allora io dico una cosa, anche ai miei amici del centrodestra: la pacificazione, per definizione, arriva solo per contrapposizione di rapporti di forza. Non per la resa di una parte. Dunque non dobbiamo smettere di fare politica, e di mantenere vive le nostre istanze: meno tasse, più giustizia giusta. Allora dico non molliamo. Insistiamo sulle riforme, che vanno fatte perché sono le nostre riforme. E vediamo anche cosa ne sarà dell’annunciata riforma della giustizia”. Poi la signora Santanchè abbassa la voce d’un tono, e lo ripete: “Il fatto decisivo è che chi ha il potere di farlo restituisca la libertà a Berlusconi. E non è importante se ciò avviene riconoscendo un accanimento contro il Cavaliere o riconoscendo che il ruolo di Berlusconi in questo paese, prima da imprenditore, e poi da politico, è stato decisivo. Basta che ci sia questo riconoscimento. Non importa come sarà fatto. L’importante è che si faccia. La vera pacificazione può avvenire solo attraverso la riabilitazione della figura di Berlusconi in Italia”.

  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi erasmiana a Nottingham. Un tirocinio in epoca universitaria al Corriere del Mezzogiorno (redazione di Bari), ho collaborato con Radiotre, Panorama e Raiuno. Lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.