Angela MErkel e Barack Obama (foto LaPresse)

Il bisticcio in famiglia tra Obama e Merkel

Il bisticcio d’intelligence fra Germania e Stati Uniti ha assunto i toni gravi e imbarazzati di un litigio famigliare: scappano parole troppo grosse, si procede per iperboli, ci si trincera su posizioni dure per condannare atteggiamenti accettabili nella misura in cui rimangono chiusi fra le mura domestiche.

New York. Il bisticcio d’intelligence fra Germania e Stati Uniti ha assunto i toni gravi e imbarazzati di un litigio famigliare: scappano parole troppo grosse, si procede per iperboli, ci si trincera su posizioni dure per condannare atteggiamenti accettabili nella misura in cui rimangono chiusi fra le mura domestiche. Quando la querelle arriva in piazza il registro narrativo deve per forza cambiare. I fatti che hanno portato all’allontanamento del capo della sezione della Cia a Berlino sono gravi nel contesto di un’alleanza solida e regolata da protocolli diplomatici, ma nell’irritazione di Berlino, a cui Washington oppone un sostanziale silenzio, affiora un inevitabile gioco delle parti.

 

Angela Merkel aggredisce passivamente, senza affondare il colpo, lascia che il suo inner circle, il Bundestag e la stampa dicano che Obama “deve cambiare atteggiamento se non vuole diventare il becchino dei rapporti transatlantici”, che “siamo sull’orlo di una guerra diplomatica” oppure che “si può solo piangere di fronte a tanta stupidità”, come ha detto il ministro dell’Economia Wolfgang Schäuble. Il governo e l’opinione pubblica fanno la parte dell’alleato che si straccia le vesti per il temerario atteggiamento dell’intelligence americana, la cancelliera si limita a notare che “spiare gli amici e gli alleati è una perdita di tempo e di energia. Durante la Guerra fredda poteva avere un senso, perché c’era reciproca diffidenza. Oggi siamo nel XXI secolo”. Nel gergo della cancelliera accusare qualcuno di ragionare con categorie di un altro secolo è presa di posizione forte, di recente riservata soltanto a Vladimir Putin – il suo secolo però era il XIX – ma appare il minimo che un capo di stato può dire quando viene alla luce che la Nsa teneva sotto controllo il suo cellulare e che un paio di agenti tedeschi passavano agli americani carte prese dai faldoni delle indagini proprio sullo scandalo della Nsa.

 

[**Video_box_2**]A Merkel non sfugge tuttavia la realtà dell’apparato d’intelligence tedesco, il Bnd, organo finanziato poco e di malavoglia dalla fine della Guerra fredda, e sempre coadiuvato dall’apparato americano. Lo storico dell’intelligence Matthew Aid ha documentato che, dopo il collasso dell’Unione sovietica, la Germania ha continuato ad affidarsi all’intelligence americana per raccogliere e analizzare informazioni, riducendo progressivamente le dimensioni dei propri apparati. Che gli agenti americani si muovano con una certa disinvoltura sul suolo tedesco non è una novità. Il commentatore Stefan Kornelius scrive sulla Süddeutsche Zeitung che accusare l’America ora è “comodo” e “ingenuo”, dopo aver finto per anni di non sapere che gli agenti della Cia frugavano fra le scartoffie tedesche e che l’intelligence nazionale ha ricevuto finanziamenti inadeguati. In questa disputa un po’ autentica e un po’ di maniera, Barack Obama fa la parte di quello che non sapeva nulla e che può spiegare tutto, ruolo che ha studiato a fondo. La versione ufficiosa della Casa Bianca è quella di una Cia troppo disinvolta, che ha agito senza informare il presidente, peraltro con metodi non proprio da bestseller spionistico, visto che il 31enne arrestato per aver fatto il doppio gioco soffre – secondo il Guardian – di “una disabilità fisica e di afasia” ed è stato reclutato dopo aver mandato una email all’ambasciata americana a Berlino.

 

A Washington la soluzione più credibile è quella di un’offerta ai tedeschi di lavare i panni sporchi in privato e ripartire, come vecchi sposi bizzosi ma che ancora si amano. Le conseguenze politiche più serie arrivano semmai da Putin, che si frega le mani ammirando il poco edificante spettacolo degli alleati che litigano proprio mentre promettono di parlare con una voce sola sulla crisi ucraina. Putin è anche il protettore di Edward Snowden, la spia che gode di ottima stampa in Germania e che l’America vorrebbe processare come traditore. La Süddeutsche Zeitung scrive che “è arrivato il momento di offrirgli asilo”, suggerimento iperbolico che coglie però un senso di scetticismo verso l’America di cui Merkel non può non tenere conto nel condurre il gioco delle parti con Obama.