L'“Affaire Moro” e la concezione del tempo in un profeta per equivoco

Guido Vitiello

Tempo presente e tempo passato sono forse entrambi presenti nel tempo futuro, e il tempo futuro è contenuto nel tempo passato. Tra la costellazione mentale di T.S. Eliot e quella di Leonardo Sciascia cade un abisso che è difficile perfino misurare con grandezze astronomiche eppure...

Tempo presente e tempo passato sono forse entrambi presenti nel tempo futuro, e il tempo futuro è contenuto nel tempo passato. Tra la costellazione mentale di T.S. Eliot e quella di Leonardo Sciascia cade un abisso che è difficile perfino misurare con grandezze astronomiche, eppure lo scioglilingua mistico-cronologico che apre il primo dei “Quattro quartetti” mi sovviene ogni volta che m’imbatto nel titolo – quasi un chiasmo – che Sciascia scelse per i suoi interventi più direttamente polemici e ingaggiati: “A futura memoria (se la memoria ha un futuro)”. Nel sentimento del tempo di Sciascia potrebbe nascondersi una chiave per intendere il suo obliquo modo di essere scrittore politico. “Non c’è opera di Sciascia che non sia politica”, dice lo scrittore e giornalista messicano Federico Campbell in questo libro apparso in Messico nel 1989, “La memoria di Sciascia”, che l’editore Ipermedium libri porta finalmente in Italia (con in appendice un’intervista della traduttrice Elena Trapanese all’autore, morto quest’anno); giudizio che Gianfranco Spadaccia nella sua prefazione sottoscrive e arricchisce, anche alla luce di una stagione politica condivisa con Sciascia nelle file del Partito radicale.

 

Sarà un dettaglio da perditempo, ma non credo sia un caso che in quel titolo, “A futura memoria (se la memoria ha un futuro)”, si facesse menzione di tutto fuorché del presente. E non perché Sciascia fosse scrittore “inattuale” o “impolitico” pur nel suo essere politico, aggettivi così consumati che ormai si è costretti a metterli tra virgolette per ammiccare a chi farà finta di intendere. Piuttosto perché il suo sentimento dell’attualità avvampava solo quando la punta di fiammifero del presente faceva attrito con quell’ordine simultaneo e intemporale (e qui abusiamo nuovamente di Eliot) che è la letteratura. Sciascia scrittore “impuro”? Qualunque cosa voglia dire, è un’altra di quelle tautologie che suonano bene solo nelle pagine degli italianisti, e che si dissolvono al primo sole. Ma che si possano far bruciare in un solo fuoco, e senza residui, Zola e Borges, il Voltaire dell’affaire Calas e il Poe dei racconti investigativi di Dupin, ecco qualcosa che ha del prodigioso, e che si dovrebbe indagare partendo proprio da questo senso sottilmente disallineato del tempo che coltivava Sciascia.

 

[**Video_box_2**]Nulla lo attesta meglio dell’“Affaire Moro”, a cui Campbell dedica uno dei suoi capitoli migliori. Qui il tempo è fuor di sesto, come per il principe Amleto. E’ forse l’intervento più diretto, più militante, più deliberatamente politico di Sciascia, che fin dal titolo si lega a una tradizione francese di pamphlet che scelgono come prima interlocutrice la pubblica opinione. Un libro concepito e scritto in poche settimane, con tempi che oggi si direbbero da “instant book”, forgiato nel calore e nella concitazione delle cronache, quando le Brigate rosse ancora sparavano e sequestravano; un libro per di più sfociato nella scelta, nell’urgenza perfino, dell’impegno parlamentare. Al tempo stesso è il libro più borgesiano di Sciascia, il più cifrato, anamorfico, disseminato di corrispondenze segrete e di echi e di specchi e di cunicoli, ispirato a un assolutismo (sia pur illuminato) della Letteratura che convoca a corte i personaggi e le cronache e in quel palazzo li riveste, li trasfigura, li consacra. Nella raggiunta armonia dell’“Affaire Moro” queste due anime non stridono mai; ma le scintille inevitabilmente scoccarono quando dal testo si passò al contesto, alla lettura che se ne fece in Italia all’epoca della sua apparizione – e fu una prevedibile sequela di fraintendimenti. Il pamphlet borgesiano: strana creatura da zoologia fantastica. Gettato nel presente ma concepito per essere meditato e ruminato nei tempi lunghi della letteratura, destinato a illuminarsi come le lucciole della rêverie iniziale via via che il tempo gli scioglie i legacci.

 

Questo perenne anticipo o ritardo rispetto al presente (la coincidenza con il proprio tempo rende feroci) aiuta forse a sciogliere anche l’equivoco dello Sciascia scrittore “profetico”. Suggerisco che si tratti di un’illusione ottica; perché accedendo alla “Hall of Mirrors” letteraria, tra rifrazioni, moltiplicazioni, deformazioni e mise en abyme, il presente può apparire facilmente come un riflesso del passato, o del futuro.

 

“A futura memoria (se la memoria ha un futuro)”: non sembra un titolo messo allo specchio? E’ lo specchio della letteratura.

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