Il vicepresidente della Camera, il grillino Luigi Di Maio (Foto La Presse)

Salta l'incontro Pd-M5s. Ma Di Maio non molla: "Dialoghiamo con Renzi"

Redazione

Tra i dem vince la fronda di chi giudicava quello dei grillini un bluff. Il Cinque stelle: "Siano esterrefatti. Persa un'occasione". E accusa il Pd di avere le idee "poco chiare".

Il Movimento 5 stelle replica alla mossa del Partito democratico di disdire l'incontro inizialmente previsto per oggi sulla riforma della legge elettorale. "Stamattina il Pd con una lettera del capogruppo Speranza ha chiesto di disdire l'appuntamento di oggi", ha spiegato in conferenza stampa il vicepresidente della Camera grillino Luigi Di Maio. "A noi dispiace che si sia persa un'occasione per gli italiani di arrivare a un punto concreto. Noi abbiamo le idee molto chiare e vediamo dall'altra confusione".

 

"Siamo esterrefatti per quello che è accaduto. Ho parlato con Guerini giovedì", ha aggiunto Di Maio, "per l'appuntamento di oggi alle 15, ma poi non mi ha fatto sapere nulla". Quindi "vuol dire che noi da adesso in poi parliamo solo con Renzi", annuncia l'esponente M5s, perché ciò che è successo indica "che non sono affidabili gli interlocutori che si sono interposti fra noi e lui".

 

La chiusura del Pd non sembra però scoraggiare i pentastellati. "Non c'è nessuna volontà di fare saltare questo tavolo", ha aggiunto Di Maio sottolineando che l'intenzione del Movimento è quella di perseverare sulla ricerca di un 'intesa con la maggioranza al governo. "La cosa più facile che potevamo fare oggi era sparare a zero", ha continuato Di Maio. "Noi sentiamo la responsabilità dall'inizio di portare a casa la legge elettorale in 100 giorni, ma non vogliamo perdite di tempo. Vogliamo un interlocutore che abbia le idee chiare su che cosa fare".

 

Dopo la conferenza stampa dei grillini, è intervenuto anche Lorenzo Guerini, colui che aveva tenuto le fila del dialogo con i pentastellati. Il vicesegretario del Pd ha spiegato di avere "l'impressione che Di Maio scambi la logistica con la politica" e che "nei giorni scorsi più volte abbiamo chiesto al M5s di esplicitare la sua posizione rispetto ai dieci punti proposti, pubblicamente, sulla legge elettorale e sulle riforme". Guerini ha riicordato che "le abbiamo attese a lungo, pur avendo apprezzato alcune affermazioni riportate ieri nell'intervista al Corriere dal vicepresidente della Camera Di Maio".  "Ciò che è importante", ha sottolineato ancora Guerini, "è che il confronto non si esaurisca e da questo punto di vista è chiaro che neanche il Pd intende far saltare il tavolo, consapevole del fatto che l'urgenza delle riforme chiama tutti a lavorare con impegno e tempestività, confrontandoci con tutti".

 

 

L'inizio di settimana era stato piuttosto agitato per Matteo Renzi. Da una parte le critiche interne al Pd per via dell'intenzione di una minoranza agguerrita di provare a emendare l'elettività dei senatori, facendo così saltare tutta la riforma del Senato. Dall'altra sul fronte delle riforme, l'accordo con Silvio Berlusconi, i dissidi interni di Forza Italia e il tentativo di inserimento dei cinque stelle, che offrivano dialogo e idee, ma con il celato scopo di creare malumori nelle due parti che hanno trovato un accordo riformatore.

 

"Chi pone questioni strumentali, oggi, è destinato a fallire", aveva detto ieri il premier Renzi, "non ci faremo intimidire da chi cerca dei cambiamenti solo per rimettere tutto in discussione". L'avvertimento è chiaro, come il contesto. L'inizio del semestre di presidenza europea potrebbe essere utilizzato da qualcuno per cercare di portare a termine colpi di mano utili a cambiare, o riformulare, le forze in gioco sul terreno delle riforma. Fronde interne ai due partiti più impegnati, Pd e Forza Italia, che vorrebbero in questo modo aumentare il loro peso politico. "Se si vuole un accordo, si discuta in modo costruttivo dentro la maggioranza per migliorare i testi delle riforme, viceversa ogni tentativo di cambiamento sarà respinto al mittente", avvisa Renzi.

 

E poi ci sono i grillini che dopo infinite consultazioni si erano decisi, dopo la batosta elettorale alle europee, a rendersi disponibili a un dialogo affidato più a Luigi Di Maio che al resto del Movimentoi. Era stato lui a tranquillizzare, lui a dire si può fare, lui a insistere su un incontro. Ma Renzi vuole certezze invece di parole; vuole un documento scritto nel quale sia formalizzato il piano politico riformatore del M5s, "altrimenti non ci mettiamo a sedere". Così il premeir è arrivato al rinvio dell'incontro di oggi. Nel Pd era cresciuta l'irritazione nei confronti dei pentastellati dopo gli apprezzamenti dello stesso Di Maio alla proposta Chiti, ovvero il dissidente dem che a palazzo Madama sta mettendo in difficoltà il suo gruppo e che ha già detto di non voler votare (insieme a una quindicina di altri senatori democratici) il testo uscito dall’accordo con Berlusconi. "I 5 stelle decidano se interloquire con la maggioranza o con Chiti", aveva avvertito Davide Faraone, convinto che i grillini fingessero di dialogare. "Fingono perché pensano di creare contraddizioni dentro il Pd e nei rapporti con le forze politiche con le quali stiamo facendo le riforme, Fi compresa".

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