Matteo Renzi e Pier Carlo Padoan (foto LaPresse)

Poliziotto buono, poliziotto cattivo

Marco Valerio Lo Prete

Mediazioni tecnopolitiche tra Merkel-Weidmann e Renzi-Padoan

Nell’establishment tedesco c’è chi il contenzioso diplomatico con l’Italia sembra cercarlo apertamente. E poi c’è chi sembra soffrirlo, puntando piuttosto al ruolo di mediatore tra Berlino e Roma. Da quando la crisi dell’euro ha toccato il suo apice, nel 2011, questa dinamica non è mai finita. Difficile dire, di volta in volta, quanto in Germania pesino i dissidi meramente tattici tra “falchi” (come la Bundesbank nelle ultime 48 ore) e “colombe” (ieri è toccato ad Angela Merkel ricucire) o quanto invece contino strategie profondamente divergenti. La novità però, con il ritorno a Roma del primo governo pienamente politico dal dicembre 2011, è che una dinamica simile sembra adesso all’opera anche in Italia, all’interno dell’esecutivo Renzi.

 

Ieri la cancelliera Merkel in maniera piuttosto diplomatica ha preso le distanze dall’ultima dichiarazione del governatore della Banca centrale tedesca sull’Italia: “Parla a nome di una Banca che agisce in modo indipendente e dunque non commento le sue dichiarazioni”. In realtà le dichiarazioni di due giorni fa del numero uno della Bundesbank – “fare più debiti non è il presupposto della crescita”, ha detto, per poi difendere le “raccomandazioni da Bruxelles” che sono “spesso bollate come interferenze proprio da coloro che poi chiedono di mettere in comune i debiti”, incluso il premier italiano – non apparivano propriamente come una novità. In passato, nelle sue uscite pubbliche, la Banca centrale tedesca era perfino arrivata a suggerire l’applicazione di un’imposta patrimoniale nei paesi più indebitati, andando ben oltre il rituale invito di Berlino a procedere con le riforme strutturali. Merkel ha spesso vestito i panni del “poliziotto buono”, proprio mentre Weidmann (suo ex stretto collaboratore) si muoveva da “poliziotto cattivo”: per difendere l’autonomia della Bundesbank o soltanto per rafforzare la mediazione offerta in un secondo momento dalla cancelliera? Forse non lo sapremo mai. Nel 2012, per esempio, i due “poliziotti” non riuscirono ad accordarsi su un dossier di non poco conto, lo scudo salva euro predisposto da Mario Draghi. Alla fine il governatore della Banca centrale europea poté varare l’Omt (Outright monetary transactions) grazie a un’intesa politica di fondo con Berlino; Weidmann invece fu l’unico della Bce a votare “no” alla misura che annichilì Lady Spread.

 

La novità delle ultime 48 ore, dunque, non è tanto la Bundesbank all’attacco, quanto la risposta puntuta di Renzi. Troppo puntuta, secondo ambienti della Bundesbank che al Foglio fanno notare per esempio come Weidmann non abbia mai lamentato che “Renzi ci dice cosa fare”, come riportato ieri dai principali quotidiani italiani. La frase da cui è stato erroneamente estrapolato quel virgolettato è la seguente: “Il presidente del Consiglio italiano, ad esempio, ha definito l'Europa ‘una vecchia zia noiosa che ci dice cosa dovremmo fare’”. “Ci dice cosa dovremmo fare”, insomma, non era una lamentela ma la traduzione del pensiero di Renzi. Due sere fa, però, a Palazzo Chigi non si è badato a questi “dettagli”: “L’Europa non è dei banchieri tedeschi, ma dei cittadini europei”, è stato il messaggio rilanciato nei retroscena dei giornali. E confermato ieri direttamente da Renzi in conferenza stampa. A Francoforte, nella sede della BuBa, qualcuno si stupisce. A Roma, invece, ci si compiace dell’assist fornito dai tecnocrati tedeschi che a Renzi dà l’occasione di rimarcare davanti all’opinione pubblica la distanza che lo separa da altri premier: il tedesco ad honorem Mario Monti e il ligio Enrico Letta. E’ lui il “poliziotto cattivo” che prende di petto l’inflessibilità tedesca.

 

[**Video_box_2**]A Roma, invece, i panni del “poliziotto buono” li veste in questa fase Pier Carlo Padoan, ministro dell’Economia. Ieri mattina è stato tra i primi a sobbalzare per la lettura dei giornali e per il contenzioso diplomatico lì raffigurato: “Ieri ho avuto un lungo colloquio con il mio amico Schäuble (ministro delle Finanze tedesco, ndr) – ha detto – Non c’è nessun problema con la Germania”. Lunedì scorso lo stesso Padoan era rimasto sorpreso e infastidito da un’intervista del sottosegretario Graziano Delrio al Corriere: il politico renziano non chiudeva a un’ipotesi di ristrutturazione del debito pubblico e poi rilanciava l’idea degli Eurobond, tema di fatto uscito dal dibattito politico europeo (soprattutto per volontà tedesca). La “flessibilità” da conquistare, secondo Padoan che ne ha scritto sul Wall Street Journal proprio assieme a Schäuble, rispetta i limiti del Patto di stabilità, riguarda il rientro del debito e non altri sogni federalisti. Il timore delle “colombe” italiane è che, a forza di dichiarazioni politiche anti rigoriste, si finisca per allarmare di nuovo l’opinione pubblica tedesca e si favorisca un riavvicinamento tra “poliziotto buono” e “poliziotto cattivo” in Germania. O forse anche quello dell’Italia è solo un gioco diplomatico delle parti.

 

(Ha collaborato Giovanni Boggero)