Giovanni Floris nello studio di "Ballarò". Alle sue spalle c'è Maurizio Crozza, anche lui a La7 (foto LaPresse)

Floris all'occhiello

Il 3-4-3 di Cairo a La7

Piero Vietti

Così l'editore piemontese si dà allo shopping spericolato (ma soldi non ne butta) e soffia Floris alla Rai per fare una tv generalista all news. Parla Freccero.

L’acquisto di Giovanni Floris, passato a La7 dopo 20 anni in Rai, di cui 12 da conduttore, è soltanto l’ultimo tratto del disegno che Urbano Cairo ha per la tv di cui è proprietario, farla diventare un canale generalista all news, come spiega Carlo Freccero al Foglio: “Sembra un ossimoro, ma mi pare chiaro che l’indirizzo sia quello: un ‘panino’ formidabile in access prime time composto da Floris, a cui dovrebbero dare una striscia prima del tg, Mentana e Gruber. Poi ci sono gli altri conduttori, in questo ideale 3-4-3 dell’informazione: un buon centrocampo con Formigli, Paragone, Innocenzi e Bignardi e altri giovani fuoriclasse, che coprono diverse tipologie di talk-show, e un ottimo attacco con Santoro, Crozza e ancora Floris”.

 

Sul Corriere di ieri Aldo Grasso faceva un parallelo tra il Cairo editore e il Cairo presidente di una squadra di calcio, il Torino, che ha preso dopo un fallimento e pian piano ricostruito, fino a portarla a giocare in una coppa europea. Stessa strategia: la parte sinistra della classifica come l’audience a due cifre e, proseguendo l’analogia, i bravi conduttori come Cerci e Immobile (capocannonieri dell’ultima serie A) e i giovani volti nuovi come il settore giovanile granata tornato competitivo. Ma c’è un’altra somiglianza che non può non saltare agli occhi: il Cairo che strappa i conduttori migliori a una Rai in crisi ricorda il Berlusconi televisivo che, in anni molto diversi da quelli attuali, soffiava alla tv di stato i vari Bongiorno, Baudo e Carrà. Tra quelli che di tv se ne intendono c’è chi dice che Urbano Cairo non abbia una vera strategia, che si barcameni con talento, cercando di guidare senza perdite una piccola tv generalista schiacciata dalle big che hanno dalla loro anche la piattaforma digitale. Certamente Cairo agisce con intelligenza e furbizia, assicurandosi a un prezzo sì fuori mercato, ma non scandaloso, uno dei pezzi più pregiati del giornalismo televisivo italiano.

 

C’è chi sostiene che lo abbia fatto anche in vista della scadenza del contratto di Santoro, tra un anno, il quale a La7 costa parecchio, è in parabola discendente e considerato troppo combattivo per i tempi che corrono. Più pacato, Floris ha però il vantaggio di essere un “censurato”, o quasi, spiega ancora Freccero: “La7 è un refugium peccatorum per chi in Rai o Mediaset ha trovato difficoltà di espressione”. Floris, che ha litigato con Renzi in diretta, andrebbe ad aggiungersi a una nutrita squadra di fuoriusciti di lusso come Mentana, Paragone, Bignardi e lo stesso Santoro, che sulla tv di Cairo hanno trovato maggiore libertà d’espressione. Con prontezza imprenditoriale Cairo salta sui deficit degli altri, passando sopra a possibili rivalità interne (Mentana non sembrava raggiante all’idea di avere Floris in casa, dicono) e “limitandosi a fare il vigile urbano dei diversi gruppi di lavoro – spiega Freccero – Non ha nemmeno bisogno di un direttore dei programmi, gli basterà evitare sovrapposizioni tra i suoi giocatori e assicurarsi di fare ogni giorno una controprogrammazione intelligente”.

 

Geniale nel galleggiare o con un disegno a lungo raggio? Anche qui l’analogia calcistica funziona: il suo Torino ha vivacchiato tra serie B e serie A per qualche stagione, per poi cominciare a crescere con una struttura, un’idea e una visione che funzionano. La televisione è diversa, così come sono diversi gli anni in cui il Cav. faceva grandi le sue tv. Il modello usato per La7, conclude Freccero, è simile e opposto a quello usato per le sue riviste: “Gioca in contropiede: in edicola punta verso il basso, e funziona, in tv verso l’alto”. Funzionerà? Possibile, anche se “bisognerà vedere se nel nuovo clima di conformismo renziano l’informazione avrà ancora lo stesso valore”.

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  • Piero Vietti
  • Torinese, è al Foglio dal 2007. Prima di inventarsi e curare l’inserto settimanale sportivo ha scritto (e ancora scrive) un po’ di tutto e ha seguito lo sviluppo digitale del giornale. Parafrasando José Mourinho, pensa che chi sa solo di sport non sa niente di sport. Sposato, ha tre figli. Non ha scritto nemmeno un libro.